T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 14-01-2011, n. 300

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone il ricorrente, incorporato nella Aeronautica militare:

di avere commutato la ferma di leva obbligatoria in quella prolungata triennale (determinazione del 21/4/1994);

successivamente, al compimento del terzo mese di ferma di leva, di avere conseguito il grado di Aviere Scelto;

di essere stato ammesso, solo in data 5 luglio 1996, alla valutazione di avanzamento al 1^ grado di Aviere e di Sergente a decorrere, rispettivamente, dal 2 ottobre 1994 e dal 3 maggio 1995 essendo venuto a cadere l’impedimento per l’avanzamento segnalato dall’amministrazione (esistenza di carichi pendenti);

di essere stato valutato, in data 8 luglio 1006, e così promosso al grado di 1^ Aviere con effetti dal 2 ottobre 1994;

di non essere stato dichiarato idoneo, contestualmente, al grado di sergente che sarebbe maturato il 3 maggio 1995.

Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente ha impugnato:

il foglio n. 82311 del 19 settembre 1996 e la determinazione ministeriale n. 0755 in pari data, con cui il ministero della difesa lo ha collocato in congedo dal 20 settembre 1996 a seguito di proscioglimento d’autorità dalla ferma triennale a decorrere dall’8 luglio 1996;

il presupposto giudizio di non idoneità all’avanzamento al grado superiore pronunciato dalla commissione d’avanzamento in pari data;

chiedendo, in subordine, di percepire il premio di congedamento.

Ha al riguardo dedotto, con i motivi di ricorso, violazione dell’art. 9 della L. n. 212/1983, eccesso di potere, violazione dell’art. 40, c. 1°, lett. e) del D.Lvo n. 196/1995, mancata applicazione dell’art. 36, c. 4°, L. n. 958/1986 nonché violazione dell’art. 40, 1° e 3° comma della L. n. 958/1986 lamentando quanto segue:

a)le pendenze penali imputate al ricorrente, tutte di lieve entità e risoltesi con l’archiviazione o non luogo a procedere, erano preesistenti all’arruolamento e già note all’amministrazione, per cui non potevano assolutamente condizionare ex post i giudizi di idoneità all’avanzamento;

b)le motivazioni della commissione di avanzamento circa l’inidoneità al grado di sergente si fondano su fatti disciplinari ed ammonimenti che non sussistevano alla data di riferimento della valutazione di promozione a Sergente del 3 maggio 1995, ma che sono tutti successivi a questa data e perciò ultronei;

c)illegittimamente l’amministrazione non ha ammesso il ricorrente al compimento della ferma contratta violando il suo diritto permanere in servizio fino al 2 marzo 1997;

In via subordinata, in caso di mancato accoglimento dei primi due motivi di ricorso (proscioglimento d’autorità; mancato compimento della ferma contratta), il ricorrente chiede la corresponsione del premio di congedamento.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è ritualmente costituita in giudizio in difesa dell’intimata Amministrazione.

Con ordinanza collegiale n. 303 del 27 gennaio 1997 è stata accolta l’istanza incidentale di sospensione fino al 3 marzo 1997, limitatamente alla richiesta in via subordinata avanzata in camera di consiglio dal difensore del ricorrente.

Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2010 il Collegio ha ritenuto la causa a decisione.
Motivi della decisione

Con il gravame in esame il ricorrente reclama l’annullamento del provvedimento con cui il medesimo è stato prosciolto d’autorità dalla ferma triennale per inidoneità al grado superiore, lamentandone, in sostanza, il difetto di motivazione, la violazione di legge, la carenza dei presupposti nonché il travisamento dei fatti.

L’amministrazione ha adottato l’impugnata determinazione n. 0755/1996 sulla base del verbale della competente commissione di avanzamento "dal quale si evince che la S.V. (id est, il ricorrente) è stata giudicata non idonea all’avanzamento al grado di sergente a causa del continuo e progressivo decadimento del giudizio complessivo evidenziato dalle numerose sanzioni disciplinari inflitteLe unitamente alla mancanza di reazione agli ammonimenti dei superiori che fa ritenere non sussistenti le garanzie di maturazione quale sottufficiale dell’A.M.".

In punto di fatto, consta, dalla versata documentazione, che il ricorrente è stato destinatario, tra il 24 maggio 1995 ed il 17 agosto dello stesso anno, di cinque provvedimenti disciplinari.

L’interessato sostiene che tutti questi provvedimenti sono ultronei in quanto posteriori al periodo di valutazione per l’avanzamento al grado di sergente (3 maggio 1995); sicché, illegittimamente l’amministrazione ne ha tenuto conto ai fini del giudizio valutativo ed altrettanto illegittimamente, in via derivata, l’amministrazione ha adottato la successiva determinazione n. 0755/1996 basandosi su quell’unico, errato presupposto.

All’udienza del 3 dicembre 2010, il difensore del ricorrente dichiara a verbale che il suo assistito non ha più interesse alla coltivazione della prima domanda di ricorso (annullamento del giudizio di non idoneità) volendo concentrare il gravame sulle avanzate istanze patrimoniali.

In disparte quanto sopra dichiarato, il ricorso s’appalesa, nel suo complesso, comunque infondato

Come seguono le considerazioni del Collegio.

La legge 10 maggio 1983, n. 212, recante norme, tra le altre, sull’avanzamento dei sottufficiali dell’Esercito, prevede all’art. 9 le cause di proscioglimento degli arruolati, tra cui, per le ipotesi di proscioglimento d’autorità, è contemplata espressamente – alla lettera c) – l’inidoneità al grado di caporale, di caporale maggiore e di sergente e gradi corrispondenti.

Appare evidente come alla ricorrenza della rilevata causa all’Amministrazione non residua alcun margine valutativo in ordine agli effetti discendenti dalla conseguita inidoneità all’avanzamento al grado superiore, avendo la legge predeterminato alla ricorrenza di detto presupposto, quale indefettibile conseguenza, il proscioglimento d’autorità.

Sotto questo profilo, dunque, l’amministrazione agisce in vincolata applicazione di norma di legge e di cui alla circolare del 15 settembre 1993.

Si tratta, allora, di indagare sulla legittimità dell’atto presupposto, peraltro contenuto in uno in quello avversato, e relativo alla causa di proscioglimento, non avendo conseguito il ricorrente l’idoneità all’avanzamento al grado superiore.

Con riguardo alla prima censura di ricorso, il Collegio osserva – evincendosi de plano dalla documentazione in atti – che le pendenze penali imputate al ricorrente non sono entrate a far parte del giudizio valutativo e della successiva determinazione di proscioglimento d’autorità dalla ferma. Tanto chiaramente si evince, per tabulas, dalla versata documentazione. Da cui, l’infondatezza della relativa doglianza.

In ordine alla seconda censura, soccorre, sotto il delineato profilo, l’art. 11, D. Lvo. 12 maggio 1995, n. 196, applicabile ratione temporis alla fattispecie in controversia, che in tema di avanzamento dei volontari in ferma breve, prevede il conseguimento al grado superiore previo giudizio di idoneità.

In primo luogo, va osservato come il giudizio di avanzamento al grado superiore non abbia carattere automatico, dovendo essere necessariamente preceduto dalla valutazione dell’idoneità allo stesso avanzamento.

Ciò significa, che la permanenza del militare a compiere il servizio di ferma triennale presuppone la meritevolezza al conseguimento del grado superiore da valutarsi con giudizio discrezionale alla stregua del comportamento dal medesimo osservato.

Ciò premesso, va considerato che se determinati fatti, tra i quali pacificamente vanno annoverati anche i procedimenti disciplinari e/o penali, possono legittimare la sospensione del procedimento di valutazione del sottufficiale ai fini della sua progressione in carriera, a maggior ragione si deve tener conto di essi e delle sanzioni irrogate a conclusione di detti procedimenti. La disposizione si giustifica tenendo conto della necessità di garantire la progressione in carriera dei soli militari meritevoli dell’avanzamento e della scissione temporale che esiste tra il procedimento di valutazione ed i provvedimenti che in concreto dispongono il conseguimento del grado superiore (cfr C.d.S., sez. IV, 19/11/2009, n. 7271).

Appare utile puntualizzare che il provvedimento impugnato ha considerato decisiva la condotta in servizio del militare. Ed invero, i motivi che hanno portato al divisato giudizio sono strettamente connessi allo status di militare ed il comportamento palesato dal ricorrente, aggravato dalla "mancanza di reazione agli ammonimenti dei superiori", ha fatto non implausibilmente ritenere – mediante un apprezzamento di valore immune da vizi logici e/o di ragionevolezza – "non sussistenti le garanzie di maturazione quale sottufficiale dell’A.M."

Legittimamente, pertanto, la commissione ha considerato pertinenti anche gli elementi di fatto, significativi per la valutazione del sottufficiale, ma sopravvenuti rispetto al momento finale del periodo preso in considerazione ai fini dell’avanzamento.

Va richiamata, in proposito, la disposizione di cui all’art. 11, c. 2^ del D.Lvo n. 196 del 1995, norma che espressamente prevede che "Le commissioni esprimono il giudizio di idoneità sulla base della documentazione personale, valutando i risultati dei corsi espletati o in svolgimento e le capacità attitudinali dimostrate".

Siffatte capacità attitudinali non possono non essere apprezzate che con riferimento a tutte le circostanze, i fatti e gli elementi desunti dal comportamento tenuto dal militare quali obbiettivamente esistenti al momento della valutazione trattandosi di rendere un giudizio (di idoneità) non solo storico, bensì, anche prognostico sull’attitudine del militare a ricoprire il grado superiore cui corrisponde l’assunzione di maggiori responsabilità istituzionali e verso l’esterno. E’ evidente che a tali fini la commissione non può prescindere dai fatti sopravvenuti che incidono negativamente sulla meritevolezza del militare ovvero sulle garanzie di maturazione del medesimo.

In punto di fatto, l’insufficiente rendimento è suffragato dall’esame dello stato di servizio, da cui emerge, tra l’altro, l’irrogazione al militare di ben cinque sanzioni disciplinari, riferite, peraltro, a breve arco temporale (24 maggio – 17 agosto 1995) per mancanze relative al servizio; le quali, seppur riferite ad un periodo successivo a quello di pertinenza della valutazione, confermano – sotto il profilo teleologico, alla stregua di quanto sopra argomentato – la non illogicità e/o impalusibilità della motivazione riportata nella determinazione del 19 settembre 1996.

Il provvedimento originariamente avversato s’appalesa, pertanto – in disparte la dirimente declinazione di interesse palesata dal ricorrente -, immune dalle dedotte censure risultando la motivazione ed i presupposti di fatto e di diritto idoneamente supportati dalle risultanze dallo stato di servizio del ricorrente, dal quale emerge con ogni evidenza la coerenza del giudizio di non idoneità con gli stessi precedenti di carriera.

Occorre, a questo punto, scrutinare la legittimità del diniego opposto dall’amministrazione alla riammissione in servizio del ricorrente, da costui richiesta ai sensi dell’art. 36 della legge n. 958/1986 ai fini del compimento della ferma contratta. L’amministrazione ha denegato la riammissione in quanto "la normativa (…) è stata abrogata dall’art. 40 del D.Lvo 12 maggio 1995, n. 196".

L’interessato sostiene che illegittimamente l’intimata amministrazione ha applicato al caso di specie la sopravvenuta disposizione senza considerare la circostanza che la pronuncia di inidoneità era riferita alla data del 3 maggio 1995, quando ancora era in vigore l’art. 36 della legge n. 958/1986.

La censura è infondata.

L’art. 36, c. 4 della legge 24/12/1986, n. 958 stabiliva che "Il personale di cui al presente articolo, qualora non risulti idoneo al conseguimento dei gradi o delle qualifiche di cui al comma 1, può chiedere di restare in servizio per un altro anno oltre al compimento della ferma contratta". Questa disposizione è stata espressamente abrogata dall’art. 40, c. 1, lett. e) del D.Lvo 12 maggio 1995 n. 196. A sua volta, le disposizioni del citato decreto 196/1995 si applicano, giusta art. 42, a decorrere dal 1 settembre 1995.

Nel caso di specie, la domanda dl ricorrente è stata avanzata all’amministrazione il 15 novembre 1996, allorquando l’art. 36, c. 4, della L. n. 958/1986 non era più in vigore. Il diritto azionato dal Caldarola non può, pertanto, trovare copertura nella evocata fonte paradigmatica di riferimento. A nulla rileva la circostanza che il giudizio di inidoneità risalisse al 3 maggio 1995 non potendo, il ricorrente, far rivivere, ora per allora, un diritto ormai espunto dall’ordinamento giuridico e, perciò, non più esercitabile in quanto fuoriuscito, per fatto di legge, dalla propria sfera di disponibilità.

In disparte quanto sopra, va considerato, in via tranciate, che il ricorrente aveva inoltrato, in data 26 settembre 1995, domanda di commutazione della ferma prolungata in ferma breve chiedendo l’applicazione, nei propri confronti, delle norme del D.Lvo n. 196/1995 (circostanza evidenziata dall’amministrazione e rimasta inconfutata).

Il ricorrente, ha chiesto, in subordine, la corresponsione del premio di congedamento.

L’art. 40 della legge 24/12/1986, n. 958 dispone che "Ai graduati e militari in ferma di leva prolungata all’atto del congedamento è corrisposto un premio pari a due volte l’ultima paga mensile percepita per ogni anno o frazione superiore a sei mesi di servizio prestato". Ha titolo, dunque, a percepire il cd. premio di congedamento il militare che al termine della ferma contratta viene collocato in congedo. Il ricorrente ha contratto la ferma prolungata triennale.

Sennonché, egli è stato collocato in congedo, a seguito del proscioglimento d’autorità, ben prima che venisse a maturazione il triennio di ferma contratta. Da cui, l’inesistenza del presupposto di fatto per fare applicazione alla fattispecie dell’invocata disposizione normativa senza che rilevi, nella circostanza, l’ulteriore permanenza in servizio del ricorrente siccome avvenuta su ordine dell’autorità giudiziaria in esecuzione (non spontanea) dell’ordinanza collegiale a suo tempo emanata.

In conclusione, il ricorso in esame è in parte improcedibile, con riferimento alla domanda di annullamento del giudizio di non idoneità, e per il resto infondato mentre le spese di giudizio, in considerazione dell’originario, incerto quadro normativo originario di riferimento, possono trovare eccezionalmente compensazione tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile e per il resto lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Silvio Ignazio Silvestri, Presidente

Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *