Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 16-07-2012, n. 12103 Amministratori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il tribunale di Napoli, con decreto 23.3.1998 del giudice delegato al fallimento della società O. M., applicando la L. Fall., art. 146, comma 3, nel testo allora vigente, autorizzava il curatore a proporre azione di responsabilità nei confronti di Z.E. e di altri amministratori della società e disponeva il sequestro conservativo di loro beni sino alla concorrenza del valore di 4 miliardi di lire.
Il decreto era confermato con ordinanza 3.7.1998 che fissava il termine per l’inizio del giudizio di merito.
Eseguito il sequestro verso Z., mediante trascrizione, il curatore del fallimento, con citazione del 21.7.1998, lo conveniva poi in giudizio davanti allo stesso tribunale, ma il giudizio di responsabilità così intrapreso era dichiarato estinto con ordinanza 12.11.2004 del giudice istruttore ed il susseguente reclamo era rigettato dal tribunale con sentenza 10.5.2005 n. 5205.
2. Esponendo queste circostanze, con ricorso depositato il 27.6.2005, rivolto al giudice delegato, Z.E. ha chiesto che, in applicazione dell’art. 669 novies c.p.c., fosse dichiarata l’inefficacia del sequestro.
Ma sul ricorso è stato adottato un provvedimento nel quale si affermava di "non potersi dare seguito nei termini normativamente statuiti all’istanza" per essere stato conferito mandato ad un avvocato di proporre appello avverso la sentenza del tribunale.
3. Il successivo reclamo proposto ai tribunale in base alla L. Fall., art. 26, è stato dichiarato inammissibile, con decreto del 26.10.2005.
4. Di questo decreto Z.E. ha chiesto la cassazione con ricorso la cui notifica è stata chiesta il 19.12.2005.
Il Fallimento ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la discussione davanti alla prima sezione civile della Corte nella udienza del 5.10.2011.
Le parti hanno depositato memorie.
La sezione, con ordinanza del 24.11.2011, ha ritenuto superabile una questione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente ed ha investito le sezioni unite della decisione della questione che viene più avanti esposta, sulla quale ha rilevato l’esistenza di un contrasto tra precedenti decisioni di questa Corte.
Le parti hanno depositato una seconda memoria.
Il pubblico ministero ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

Motivi della decisione

1. La questione di inammissibilità del ricorso non è fondata.
La questione va decisa in base alla concorrente applicazione della legge fallimentare nel testo anteriore alla riforma del 2005 e delle disposizioni sui procedimenti cautelari introdotte dalla L. 26 novembre 1990, n. 353.
Il sequestro è stato disposto dal giudice delegato nell’autorizzare la proposizione dell’azione di responsabilità.
La L. Fall., art. 146, comma 3, attribuiva al giudice delegato tale potere e, essendo stato il sequestro disposto per assicurare l’esito del giudizio sulla domanda di responsabilità proposta davanti al tribunale dello stesso luogo, la legittimazione d’un giudice di quel tribunale a disporre la misura cautelare discendeva egualmente dalla L. Fall., art. 146, e dall’art. 669 ter c.p.c., comma 1.
Al giudice delegato a quei fallimento l’attuale ricorrente, a suo tempo, ha chiesto di dichiarare l’inefficacia del provvedimento con cui aveva disposto il sequestro conservativo: anche qui senza che potessero determinarsi differenti effetti, quanto alla legittimazione a provvedere sul ricorso, a seconda che l’individuazione del giudice dovesse discendere dalla L. Fall., art. 26, o dalla pertinente norma del codice di procedura, l’art. 669 novies c.p.c., comma 2.
L’effetto di inefficacia del sequestro come conseguenza della estinzione del processo di merito, già affermata dall’abrogato art. 683 c.p.c., comma 1, era stata intanto trasposta nell’art. 669 novies c.p.c., comma 1.
Di questa disposizione l’attuale ricorrente ha postulato l’applicazione per avere il tribunale già dichiarato con sentenza che il giudizio sulla domanda di condanna al risarcimento del danno s’era estinto.
Orbene, nel primo comma dell’art. 669-novies, si dispone che, se il procedimento di merito non è iniziato nel termine perentorio di cui all’art. 669-octies ovvero successivamente al suo inizio si estingue, il provvedimento cautelare perde efficacia.
Lo stesso articolo 669-novies, al secondo comma, stabilisce che, in ambedue i casi l’inefficacia, su ricorso della parte interessata, è dichiarata dal giudice che ha emesso il provvedimento, previa audizione delle parti, e se non vi sono contestazioni, con ordinanza avente efficacia esecutiva, con la quale sono anche date le disposizioni necessarie per ripristinare la situazione precedente.
Mentre, in presenza di contestazioni, sul ricorso si pronunzia l’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento, il quale decide con sentenza provvisoriamente esecutiva, salva la possibilità di emanare in corso di causa i provvedimenti cui all’art. 669 decies.
Il quale art. 669 decies, quando ancora pendeva il reclamo proposto contro l’ordinanza con cui era stata dichiarata l’estinzione del giudizio di merito, si limitava a prevedere che, sopravvenuti mutamenti delle circostanze, il provvedimento cautelare potesse essere modificato o revocato.
Dunque, la disposizione dettata dall’art. 669 novies, comma 2, prevede che per la decisione sul ricorso per inefficacia il giudizio si debba svolgere nelle forme della cognizione e concludersi con sentenza, quando non lo possa essere de plano in modo favorevole al ricorrente per l’assenza di contestazioni.
Ed invece il giudice delegato, secondo quanto riferisce la sentenza impugnata, senza instaurare il contraddittorio tra le parti a seguito dell’ascolto del curatore, aveva stabilito che il ricorso non potesse avere seguito per essere stato conferito mandato di proporre appello.
Sicchè il ricorso era stato oggetto di una decisione negativa, ma non per ragioni attinenti alle forme del procedimento, ciò che avrebbe consentito la sua riproposizione sulla base della stessa situazione di fatto e diritto dedotta con la domanda, ma in base alla ragione, invece ostativa alla possibilità di riproporla con identico contenuto, che la questione di estinzione non si presentava decisa in modo definitivo.
La modalità seguita dal giudice delegato è valsa a determinare per l’attuale ricorrente la necessità di inquadrare la pronunzia assunta dal giudice delegato in uno schema procedimentale diverso da quello delineato dall’art. 669 novies, ed a ricondurre il provvedimento all’esercizio dei poteri del giudice delegato previsti dalla L. Fall., art. 26, suscettibili di critica attraverso il rimedio del reclamo al tribunale.
Di qui l’ammissibilità del ricorso per cassazione, esperibile in base all’art. 111 Cost., perchè nella disciplina della legge fallimentare anteriore alla riforma del 2005, contro i provvedimenti del tribunale fallimentare adottati in base alla L. Fall., art. 26, nel precedente testo, il ricorso per cassazione è ammesso una volta che ricorrano le due condizioni, che non sia previsto diverso rimedio e che la decisione verta su diritti (Cass. 22.7.2011 n. 16136;
15.4.2011 n. 8768).
Com’è da ritenere nel caso, perchè la pronuncia di inammissibilità del reclamo, nella circostanza, avrebbe tratto con sè, in assenza di impugnazione possibile, che l’inefficacia della misura cautelare non potesse considerarsi effetto prodotto già dalla sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’estinzione, ma solo dal suo passaggio in giudicato.
Con possibile definitiva elisione o dislocazione nel tempo del diritto alla liberazione del bene sequestrato.
2. Nel due paragrafi in cui si articola, il ricorso tratta due questioni.
La prima è quella attinente al rito che avrebbe dovuto essere seguito per la decisione circa la postulata inefficacia del sequestro.
Ma è questione superata dall’esame che dei concreto procedimento è stato fatto al punto precedente.
La seconda – che è sorretta dalla denunzia di violazione dell’art. 669 novies c.p.c. – investe la decisione di merito presa a proposito della domanda volta alla declaratoria di inefficacia del provvedimento di sequestro, che si sostiene dovesse essere pronunziata in base appunto alla disposizione dettata dall’art. 669 novies, comma 1.
La disposizione che vi è contenuta sarebbe infatti da interpretare nel senso che a determinare l’inefficacia della misura cautelare come effetto della estinzione dei giudizio di merito, sarebbe sufficiente, in presenza di contestazioni, che l’estinzione sia dichiarata con sentenza, senza necessità che questa sia divenuta inoppugnabile.
E ciò in modo non diverso da quanto stabiliscono i successivi commi 3 e 4, dell’art. 669 novies circa la pronunzia di rigetto della domanda.
3. A proposito di questa seconda questione, la sezione, nell’ordinanza di rimessione, ha osservato che in assenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la possibile decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, – nel senso di dichiarare la sopravvenuta inefficacia dei sequestro conservativo ante causam a seguito dell’estinzione, accertata con sentenza di primo grado, del giudizio di responsabilità cui era correlato – è suscettibile di determinare un contrasto interpretativo con un precedente di questa Corte (Cass., sez. 1, 7 novembre 2008 n. 26384), secondo cui la dichiarazione di estinzione è produttiva dell’inefficacia sopravvenuta del provvedimento cautelare (art. 669 novies c.p.c., comma 1), solo se munita del carattere dell’irrevocabilità: che può mancare solo per le sentenze di merito che accertano l’inesistenza del diritto assistito dalla misura cautelare (art. 669 novies c.p.c., comma 3).
4. La questione riassunta al punto 2, sottoposta al giudizio delle sezioni unite, si risolve affermando che la misura cautelare del sequestro perde efficacia per effetto della dichiarazione di estinzione del correlato giudizio di merito, senza che a tale effetto sia necessario che la pronunzia sia divenuta inoppugnabile, sì che la stessa va assunta a presupposto dei provvedimenti ripristinatori previsti dall’art. 669 c.p.c., comma 2.
Le ragioni della decisione sono esposte di seguito.
5. Nella giurisprudenza della Corte si rinvengono le decisioni successivamente riportate, tra quelle pronunciate in casi che presentano interesse rispetto a quello in esame ed in cui è venuta in discussione l’applicazione dell’art. 669 novies c.p.c., commi 1 e 2.
Il problema affrontato dalla sentenza 21 agosto 2007 n. 17778 della sezione lavoro è stato il seguente: era in discussione la permanente efficacia di un provvedimento di sequestro conservativo e se tale efficacia non fosse venuta meno in seguito a sentenza che aveva dichiarato la nullità della domanda di condanna per difetto dei requisiti richiesti dall’art. 414 c.p.c., nn. 3 e 5, in tema di requisiti di contenuto – forma del ricorso introduttivo nel rito del lavoro.
La sentenza del pretore che aveva dichiarato l’inefficacia del sequestro era stata riformata dal tribunale e la sentenza di appello è stata confermata dalla Corte.
Che ha negato la possibilità di assimilare il caso a quelli previsti dal primo come, del resto, dal secondo comma, perchè, mentre la dichiarazione di estinzione del giudizio di merito impedirebbe di tornare a coltivare la domanda di merito con cui è stato fatto valere in allora il diritto cautelato, lo stesso non accadrebbe a proposito della nullità della domanda.
La pronunzia tocca dunque il tema in discussione in modo affatto marginale: non tocca il rapporto tra pronuncia di estinzione del giudizio sulla domanda di merito ed efficacia della correlata misura cautelare conservativa, ma l’assimilabilità alla prima di una pronunzia che, mentre sancisce la inidoneità della domanda originaria a sfociare in una decisione di merito sul diritto fatto valere, tuttavia non impedisce la prosecuzione del giudizio sulla domanda, se rinnovata, salve però le decadenze maturate e i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione.
5.1. Una successiva decisione – la sentenza 23 giugno 2008 n. 10728 della sezione prima – ha avuto modo di soffermarsi su un tema anch’esso collaterale. In un caso in cui si era trattato di stabilire se la procura conferita per il procedimento cautelare avesse riguardato anche il successivo giudizio di merito ed il giudice di tale processo lo aveva negato, dichiarando quindi nulla la relativa domanda, s’era discusso se la conseguente pronuncia di inefficacia della misura cautelare potesse essere pronunciata già dal giudice del merito.
E la Corte ha affermato che della disposizione dettata dall’art. 669 novies, considerata applicabile anche al caso della nullità della domanda di merito, potesse essere fatta diretta applicazione, per ragioni di economia processuale, anche dallo stesso giudice del processo di merito.
In tal modo manifestando per un duplice verso un orientamento estensivo circa l’ambito ed i modi di applicazione della disposizione.
5.2. In una successiva decisione – la sentenza 7 novembre 2008 n. 26834 della prima sezione – la Corte ha esaminato un caso in cui, dichiarata con sentenza l’estinzione del giudizio di merito, in pendenza dell’appello proposto contro tale sentenza, era stato chiesto fosse dichiarata l’inefficacia del provvedimento di sequestro giudiziario ottenuto a cautela del diritto fatto valere con la domanda di merito.
La sentenza del tribunale che aveva dichiarato tale inefficacia era stata impugnata, per sostenere che l’inefficacia della misura cautelare non potesse essere pronunziata in pendenza dell’appello contro la sentenza di estinzione del giudizio di merito e appunto per questo motivo l’impugnazione era stata accolta.
La sentenza d’appello era stata impugnata con ricorso principale per denunziare la violazione dell’art. 669 novies e, con ricorso incidentale condizionato, per denunziare che la corte d’appello non avesse dato risposta alla obiezione per cui la dichiarazione d’inefficacia avrebbe trovato ostacolo nel fatto che, nel momento in cui s’era trattato di pronunziare sul relativo ricorso, la sentenza che aveva dichiarato l’estinzione del giudizio di merito era stata a sua volta riformata.
La Corte ha rigettato il ricorso principale e dichiarato assorbito l’incidentale.
Dopo aver riferito che il ricorso contro la sentenza che aveva riformato la dichiarazione di estinzione era stato rigettato, la Corte ha esposto a sostegno della decisione le ragioni che seguono.
Nel quadro della disciplina dell’inefficacia del provvedimento cautelare dettata dall’art. 669 novies, la disposizione del terzo comma, che la ricollega al rigetto della domanda di merito, stabilendo che non è richiesto il passaggio in giudicato della relativa sentenza, non si presta ad essere estesa ai diversi casi previsti nel comma 1.
E questo, sia per la presenza dell’apposita pertinente disposizione dettata espressamente a loro riguardo nel secondo comma; sia per il diverso modo in cui questa seconda è formulata, perchè vi si qualifica la sentenza che dichiara l’estinzione come provvisoriamente esecutiva, senza però rimarcare il dato del non dover essere passata in giudicato; sia, infine, perchè, circa l’esistenza o inesistenza del diritto da cautelare, è giustificato che sia riconosciuto alla cognizione piena un valore prognostico superiore a quella conseguibile nella istruzione sommaria del procedimento cautelare, mentre un tale rovesciamento di senso non è attribuibile al fatto processuale, pur accertato, che comporta la estinzione del processo.
E’ stato esposto un ulteriore argomento.
Si è osservato che, quando il giudizio di merito sia stato iniziato, può accadere che la dichiarazione di estinzione sia chiesta in tale giudizio e la relativa conforme decisione venga posta a base del susseguente ricorso per inefficacia.
In un caso di questo tipo, se si ammette che la pronunzia di estinzione già intervenuta non possa che essere posta a base di quella di inefficacia, "non si comprenderebbe la salvezza di quanto disposto dall’art. 669 decies, contenuta nell’art. 669 novies, comma 2, per il caso in cui tra le parti sorga contestazione in ordine alla sussistenza di una delle condizioni legittimanti la dichiarazione di inefficacia".
Riferendosi all’art. 669 decies ed al relativo comma 2, (nel testo modificativo dell’originario art. 669 decies, introdotto con decorrenza 1 marzo 2006 ed applicabile ai procedimenti instaurati successivamente a tale data di entrata in vigore: D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39 quater, conv. con modif. dalla L. 23 febbraio 2006, n. 511 e D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, comma 3., lett. e bis, conv. in L. 14 maggio 2005, n. 80), la Corte ha osservato che se la dichiarazione d’estinzione del giudizio, anche se non passata in giudicato, avesse per sè la capacità di determinare l’estinzione dell’efficacia della misura cautelare, non si comprenderebbe la rilevanza accordata a modificazioni sopravvenute od anteriori delle circostanza in funzione di modifica del provvedimento cautelare.
Ha osservato ancora la Corte che neppure si può ritenere "che la pronuncia di estinzione, ove adottata con sentenza non ancora definitiva, sia comunque provvisoriamente esecutiva e che quindi possa valere ai fini della dichiarazione di inefficacia del provvedimento cautelare per estinzione del giudizio di merito. In proposito sarebbe sufficiente rilevare che la provvisoria esecutività, che l’art. 282 cod. proc. civ. riconosce alla sentenza di primo grado attiene esclusivamente alle sentenze di merito (Corte cost. sentenza n. 232 del 2004) e non anche a quelle che definiscano il giudizio con una pronuncia in rito, la quale, ove tempestivamente impugnata, non può determinare la perdita di efficacia del provvedimento cautelare strumentale alla tutela del diritto fatto valere nel giudizio di merito nel quale sia intervenuta la detta pronuncia di estinzione.
5.3. Una successiva sentenza della Corte – la 25 giugno 2010 n. 15349 pronunciata dalla sezione seconda – ha esaminato un caso al quale aveva dato origine un provvedimento, adottato dal pretore il 14.4.1994 in base all’art. 700 c.p.c., con cui una parte era stata autorizzata ad accedere nei locali di proprietà dell’altra, per sostituire una conduttura di scarico in un muro maestro di un edificio, delle cui singole unità immobiliari le due parti erano comproprietarie.
Sopravvenuta la dichiarazione di estinzione del giudizio di merito, per mancata riassunzione dello stesso nel termine dovuto dopo una sentenza di incompetenza, il tribunale, nel frattempo subentrato al pretore aveva dichiarato inefficace il provvedimento cautelare, ma rifiutato i pur richiesti provvedimenti di restituzione in pristino.
Il ricorso per cassazione proposto contro la sentenza di secondo grado, che aveva confermato la precedente, è stato rigettato.
La Corte – che ha ragionato sulla base del testo originario degli artt. 669 novies e decies – ha osservato che esse comportavano automaticamente l’inefficacia dei provvedimenti cautelari emessi prima della causa.
Ha però aggiunto che ciò non impediva che in un nuovo giudizio di merito potesse tornare in discussione ed essere accertato il diritto affermato – come era infatti avvenuto da parte del tribunale, con la conseguenza, che sarebbe stato incongruo ordinare di disfare quanto era risultato fatto in modo legittimo dal punto di vista del diritto sostanziale.
6. Conviene ora premettere che la vicenda processuale che ha dato luogo alla dichiarazione di estinzione del giudizio di merito si è consumata nel 2005, con la sentenza di rigetto del reclamo proposto contro la precedente ordinanza e che sempre nel 2005 è stato proposto il ricorso per la dichiarazione di inefficacia.
Sicchè la disciplina del caso va desunta dalle originarie disposizioni contenute negli artt. 669 novies e decies nel testo originario di questo secondo articolo e non da quelle che lo hanno sostituito – richiamate al punto 5.2. – destinate a valere per i procedimenti instaurati successivamente all’1.3.2006.
6.1. La disposizione dettata dall’art. 669 novies, comma 1, deriva da quella in precedenza dettata in tema di sequestro dall’abrogato art. 683 c.p.c., nel cui comma 1, era stabilito che il sequestro perdesse efficacia se non erano osservate le norme per l’introduzione della domanda di convalida o per la sua trattazione dagli artt. 680 e 681, oltre che nel caso di rigetto di tale domanda, ma anche nel caso in cui il giudizio di merito si estinguesse per qualunque causa.
Caduto l’istituto processuale del giudizio di convalida, la precedente disciplina, sotto l’aspetto delle situazioni assunte a suo oggetto, è risultata trasfusa nel primo comma dell’art. 669 novies.
Dove l’art. 683 diceva: – "Il sequestro perde la sua efficacia se il sequestrante non osserva le disposizioni degli artt. 680 e 681, se l’istanza di convalida è rigettata con sentenza passata in giudicato, o se il giudizio si estingue per qualunque causa", l’art. 669-novies primo comma dice: "Se il procedimento di merito non è iniziato nel termine perentorio di cui all’art. 669 octies ovvero se successivamente al suo inizio si estingue, il provvedimento cautelare perde la sua efficacia".
Mentre l’art. 683 disponeva che il sequestro divenisse inefficace una volta che la sentenza di rigetto della istanza di convalida o della domanda di merito fosse passata in giudicato nulla disponeva quanto al tempo in cui lo stesso effetto avrebbe potuto essere dichiarato nei casi in cui non fossero state osservate le disposizioni dettate dagli artt. 680 e 681 od il giudizio di merito si fosse estinto.
E però, era da intendersi che, come per i casi di rigetto della istanza di convalida e della domanda di merito, l’accertamento degli altri casi da cui sarebbe derivata l’inefficacia dovesse risultare da provvedimento non più impugnabile.
L’art. 683, al comma 3, disciplinava infine il modo della dichiarazione della inefficacia, disponendo che il giudice vi provvedesse con decreto su ricorso del sequestrante.
6.2. Con i commi successivi al primo dell’art. 669 novies, questa disciplina, resa generale per i procedimenti cautelari, ha conosciuto una profonda modificazione.
6.3. Il secondo comma – in particolare – ha regolato modi e tempi della dichiarazione di inefficacia del provvedimento cautelare quanto ai casi previsti dal comma 1.
La disposizione dettata in tale comma delinea un procedimento tipo.
Stabilisce che il giudice che ha emesso il provvedimento – su ricorso della parte interessata e convocate le parti con decreto in calce al ricorso – dichiara, se non c’è contestazione, che il provvedimento è divenuto inefficace e da le disposizioni necessarie per ripristinare la situazione precedente.
In caso di contestazione, l’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento cautelare decide con sentenza provvisoriamente esecutiva.
Aggiunge che è salva la possibilità di emanare in corso di causa i provvedimenti di cui all’art. 669 decies.
Come si evince dalla lettera della disposizione sin qui richiamata, il procedimento in essa delineato sconta che la fattispecie estintiva dedotta dalla parte interessata con il suo ricorso non abbia costituito oggetto di previo accertamento nel giudizio di merito, com’è inevitabile che sia quando il giudizio di merito non è stato affatto iniziato o quando scaduti i termini per farlo il giudizio di merito, pur in allora tempestivamente iniziato, ma interrotto o sospeso, non sia stato riassunto o fatto proseguire.
E però la disposizione secondo la sua lettera lascerebbe fuori dal suo ambito di applicazione i casi in cui il giudizio di merito, ancorchè in ipotesi tardivamente iniziato o poi tardivamente riassunto o proseguito penda e la questione dell’estinzione del processo, per fatti inerenti al suo inizio o al suo successivo decorso davanti al giudice del merito, ha costituito oggetto di eccezione.
Giacchè, in questi casi, l’estinzione non potrebbe che essere dichiarata dal giudice del processo sul merito.
6.3.1. Ragionando, ora, sull’oggetto della disposizione per come formulata, ne emerge che il giudice del cautelare, richiesto di dichiarare l’inefficacia del suo precedente provvedimento, in assenza di contestazioni sul fatto estintivo, ha il potere di pronunciare con ordinanza l’inefficacia della misura cautelare, mentre in caso di contestazioni l’ufficio cui il giudice appartiene si pronuncerà sulla questione con sentenza, dichiarando, ove abbia ritenuto fondato il ricorso, che la misura cautelare è divenuta inefficace.
Sentenza questa che lo stesso primo comma dell’art. 669 novies dichiara provvisoriamente esecutiva ed è perciò tale da poter essere accompagnata dalle misure volte a restaurare la situazione giuridica e di fatto anteriore alla attuazione della misura cautelare.
6.3.2. Proseguendo nello sceverare la portata della disposizione dettata dall’art. 669 novies, comma 2, in rapporto alla situazione processuale tipica che la stessa disposizione presuppone, resta da esaminare la clausola finale, con cui, attraverso il richiamo all’art. 669-decies nel suo testo coevo, si conferivano al giudice del ricorso per inefficacia i poteri di revoca o modifica del provvedimento cautelare comunque resi possibili da sopravvenuti mutamenti delle circostanze.
Esame, questo, che si risolve nel cogliere la logica di una anticipazione di provvedimenti intanto certamente possibili, indipendentemente dal giudizio di inefficacia, nella pendenza dello stesso determinata dalle contestazioni sulla stessa causa estintiva e sulle ricadute esecutive di un’eventuale dichiarazione di inefficacia ancora da pronunciare.
6.4. Ci si deve ora soffermare a considerare quale regolamentazione spetti ai casi in cui la questione di estinzione, invece d’essere necessario oggetto del procedimento aperto dal ricorso per inefficacia, ha come luogo della sua decisione il giudizio di merito.
Pare alla Corte che la risposta sia ovvia.
Il legislatore si è pronunziato a proposito delle ricadute dell’estinzione del giudizio di merito sulla vitalità della misura cautelare strumentale alla tutela fatta valere in quel giudizio.
Ha delineato il procedimento ordinato a quel risultato.
Lo ha fatto assumendo a situazione tipica, a prototipo, una delle possibili situazioni processuali nel cui ambito la questione di estinzione del giudizio di merito è destinata a potersi presentare.
Non spettava al legislatore scandagliare l’estesa varietà di tali situazioni col rischio di tralasciarne qualcuna; spetta all’interprete, posto di fronte ad una situazione processuale diversa da quella prescelta dal legislatore per forgiare il precetto, applicarlo alle situazioni in cui la questione si può concretamente presentare.
Così, la Corte – nel caso deciso con la sentenza 23 giugno 2008 n. 17028 – non ha dubitato che, se la questione di estinzione è fatta oggetto di eccezione in un giudizio di merito pendente, il giudice di merito che la decide ha il potere, se è nelle condizioni per farlo, di dichiarare l’inefficacia della misura cautelare, con le conseguenti statuizioni restitutorie.
Non si può dunque condividere la soluzione per cui la dichiarazione di inefficacia non sarebbe assistita da provvisoria esecutorietà se pronunciata non dal giudice del cautelare, ma dal giudice del merito.
Nel quadro delle disposizioni originarie dell’art. 669 novies, commi 1 e 2, e art. 669 decies, parrebbe poi ovvio che, mentre uno spazio per l’applicazione della seconda disposizione vi sia in concreto nel caso in cui si controverte sulla estinzione, questo spazio si apra nello stesso modo quando la questione di estinzione emerga nel giudizio di inefficacia od in quello di merito.
Quanto poi alla portata della disposizione, la si può considerare duplice.
Il mutamento sopravvenuto delle circostanze autorizza per sè la modifica o revoca della misura cautelare, che, in pendenza del giudizio di merito, può intanto esaurire un interesse pratico; ma, come è stato osservato in dottrina, la stessa probabilità di una futura dichiarazione di inefficacia può fornire giustificazione a provvedimenti che, a seconda dei casi, sono intanto utili di fatto ad anticiparne gli effetti.
7. Si è anticipato che la disciplina che nella presente occasione è rilevante ai fini della decisione è quella anteriore alle modifiche apportate all’art. 669 decies dalle norme richiamate al punto 5.2..
Una considerazione può essere però affacciata a proposito della disposizione ora presente nell’art. 669 decies, comma 2.
La considerazione sta in ciò: per rendere compatibile la lettera dell’art. 669 decies, comma 2, che inizia col dire: Quando il giudizio di merito non sia iniziato o sia stato dichiarato estinto e la lettera dell’art. 669-novies, primo comma che dice: Se il procedimento di merito non è iniziato ovvero se successivamente al suo inizio si estingue anzichè pensare ad una parziale abrogazione della parte della disposizione meno recente che a chiare lettere qualifica come caratterizzata da provvisoria esecutorietà la dichiarazione di inefficacia conseguente alla estinzione, è da pensare al fatto che, con l’emersione delle misure cautelari anticipatorie, l’incidenza su queste è venuta meno.
Con il che la disposizione dettata nel comma 2, manterrebbe la originaria portata di consentire la modifica o revoca del provvedimento cautelare sino a quando ne permangono operanti gli effetti.
8. Va piuttosto osservato che se, una volta dichiarata, l’inefficacia della misura cautelare propaga la sua incidenza, a ritroso, sino al momento della sua attuazione, tale effetto è tuttavia prodotto da sentenza che, se non passata in giudicato, è assistita solo da provvisoria esecutorietà.
Ciò comporta che la provvisoria esecutorietà può cedere alla sospensione che ne sia pronunziata dal giudice dell’impugnazione (art. 283 c.p.c.) e cederà alla riforma della sentenza che se ne abbia nei gradi di impugnazione, innescando la possibilità di ripristino degli effetti materiali e, ove possibile, giuridici, della cautela in origine accordata.
Tuttavia, il resistente non ha dedotto che in sede di impugnazione sia intervenuta la sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza del tribunale, mentre nella memoria presentata per l’udienza del 5.10.2011 davanti alla prima sezione della Corte il ricorrente ha dichiarato che l’appello proposto contro la sentenza del tribunale è stato dichiarato inammissibile con la sentenza 9 febbraio 2006 n. 1944 della corte d’appello di Napoli, mentre nella memoria depositata per l’udienza davanti a queste sezioni unite è stato dichiarato, per la prima volta, dal resistente fallimento che la dichiarazione di estinzione sarebbe stata solo parziale.
9. La conclusione e che il ricorso deve essere accolto.
Dovendosi considerare provato che il giudizio di merito è stato dichiarato estinto e che tale sentenza non ha subito sin qui riforma, la Corte può adottare una pronunzia in merito, dichiarando la inefficacia del provvedimento cautelare.
I provvedimenti necessari all’attuazione di tale dichiarazione, alla stregua del provvedimento cautelare, dell’attuazione ricevutane e della sentenza che ha dichiarato l’estinzione del giudizio di merito, saranno adottati dal tribunale di Napoli.
10. E’ costante orientamento della Corte che la sentenza pronunziata dalle sezioni unite in sede di decisione di questioni di particolare importanza o di risoluzione di contrasti non rechi condanna alle spese, ma la loro integrale compensazione.
Tale compensazione va estesa alle spese dei gradi di merito.

P.Q.M.

La Corte, pronunziando a sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e pronunziando nel merito dichiara l’inefficacia del provvedimento di sequestro conservativo richiamato al punto 1 della presente sentenza; dichiara compensate le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 8 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2012

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