Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 06-09-2012) 16-11-2012, n. 44859

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– che con l’impugnata sentenza, per quanto ancora d’interesse, in parziale riforma di quella di primo grado, D.V.A. fu ritenuto responsabile di tre episodi di calunnia, costituiti da false denunce di furto di autovetture, con implicita incolpazione degli attuali detentori di tali automezzi dei delitti di furto o ricettazione;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, denunciando:

1) inosservanza del combinato disposto degli artt. 420 ter e 598 c.p.p. e art. 599 c.p.p., comma 2 per mancato rinvio dell’udienza della corte d’appello tenutasi il 16 febbraio 2012, all’esito della quale venne pronunciata la decisione oggetto di gravame, nonostante che risultasse documentato il legittimo impedimento di esso imputato, costituito dal fatto di trovarsi egli ricoverato in ospedale a seguito di "rimozione spontanea del catetere" di cui era portatore;

rimozione che, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, non poteva dirsi volontariamente prodotta dall’imputato medesimo;

2) vizio di motivazione in ordine alla ritenuta infondatezza della proposta eccezione di incompetenza territoriale del giudice di primo grado, cui si addebitava di essersi indebitamente limitato a dichiarare la propria incompetenza per il solo reato di falso di cui al capo U anzichè spogliarsi dell’intero procedimento, assumendosi al riguardo che, contrariamente a quanto sostento dalla corte territoriale, vi sarebbe stata una evidente connessione tra il detto reato e gli altri per i quali il giudice di primo grado aveva trattenuto il giudizio;

3) inosservanza o erronea applicazione degli artt. 367 e 368 c.p., sull’assunto che, essendo state sporte le false denunce di furto a carico di ignoti, il reato configurabile sarebbe stato soltanto quello di simulazione di reato e non quello di calunnia.
Motivi della decisione

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto:

a) con riguardo al primo motivo, risulta dall’esame degli atti (legittimo e doveroso anche in questa sede, quando venga denunciato, come nella specie, un vizio "in procedendo"), che il ricorrente, riscontrato affetto, in data (OMISSIS), da "impossibilità di urinare per rimozione spontanea del catetere prima posizionato", era stato dimesso, in ora imprecisata del successivo giorno (OMISSIS), dall’ospedale in cui era stato ricoverato, con annotazione che egli era soltanto "programmato" per un successivo intervento di "uretromia interna e rimozione di frammento di catetere cistostomico rimasto in sede vescicale nel precedente ricovero";

ragion per cui, a prescindere dalla circostanza che la rimozione del catetere fosse stata volontaria o meno, appare evidente come dal testuale tenore della prodotta documentazione sanitaria non potesse in alcun modo trarsi la prova che l’imputato, per tutto il corso della mattinata del giorno (OMISSIS) si fosse trovato nella oggetti va impossibilità di presenziare all’udienza;

b) con riguardo al secondo motivo, lo stesso in altro non consiste se non nella riproposizione della medesima ragione di doglianza già esaminata dalla corte di merito, la quale, con apprezzamento di fatto, di per sè del tutto logico e coerente (e pertanto insuscettibile di sindacato in questa sede), ha escluso che la condotta descritta al capo U, consistita nell’aver fraudolentemente ottenuto la falsa attestazione dell’assenza di protesti in capo a tale P.M.I., legale rappresentante della società di cui il ricorrente era direttore generale, fosse riconducibile al medesimo disegno criminoso nel quale si collocavano gli altri reati ascritti allo stesso ricorrente; e ciò a prescindere dalla ulteriore considerazione che, comunque, derivando la declaratoria di incompetenza in ordine al reato di cui al capo U da provvedimento di separazione del relativo processo da quelli relativi agli altri reati, vale il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui un tale provvedimento non può formare oggetto di impugnazione alcuna; il che comporta la non deducibilità, come motivo di gravame, anche di quelle che si assumano essere le conseguenze negative del provvedimento stesso;

c) con riguardo al terzo motivo, lo stesso, siccome basato soltanto sul rilievo che le false denunce di furto erano state sporte nei confronti di ignoti, si pone in radicale contrasto con il noto e consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il delitto di calunnia sussiste anche quando non sia stata formulata alcuna accusa nei confronti di un determinato soggetto, ma questi (come, nella specie, ragionevolmente ritenuto dai giudici di merito senza che, sul punto, risulti sollevata obiezione alcuna), sia agevolmente individuabile (in tal senso, fra le altre: Cass. 6, 29 gennaio – 30 marzo 1999 n. 4068, Gioviale, RV 214149; Cass. 6, 24 settembre – 8 ottobre 2002 n. 33556, Bonafede, RV 222748; Cass. 6, 7 gennaio – 20 febbraio 2009 n. 7490, Padula, RV 242693; Cass. 6, 9 gennaio – 3 febbraio 2009 n. 4537, Sileoni ed altro, RV 242819);

– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in Euro mille.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 6 settembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *