Cass. civ. Sez. II, Sent., 17-07-2012, n. 12307 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.A. citò innanzi al Tribunale di Pistoia B.D., agendo in forza di un contratto preliminare con il quale il convenuto aveva promesso di vendergli un immobile per il prezzo di L. 210 milioni, impegnandosi a cancellare le ipoteche gravanti sullo stesso, senza poi adempiere a detta obbligazione, e, anzi consentendo l’iscrizione di un’ulteriore ipoteca; espose altresì l’attore di aver dato in custodia fiduciaria al commercialista del B., P.A., la complessiva somma di L. 130 milioni, autorizzando il predetto a consegnare L. 10 milioni al B. ed ad impiegare il restante importo per la cancellazione delle ipoteche iscritte.

Sulla base di tali presupposti chiese che si emettesse sentenza che tenesse luogo del contratto non stipulato o, in subordine, la risoluzione del preliminare con la condanna dello stesso B. alla restituzione di L. 50 milioni, versati in conto prezzo, al pagamento del doppio della caparra (pari a L. 80 milioni in simplum) ed al risarcimento dei danni.

Il convenuto si costituì eccependo la già intervenuta risoluzione del contratto secondo quanto previsto con specifica clausola per l’ipotesi di mancata cancellazione delle ipoteche, sostenendo che all’attore sarebbe spettata la sola restituzione di quanto versato in conto prezzo e per caparra. In via riconvenzionale, oltre a chiedere la declaratoria della già avvenuta risoluzione, instò per la riconsegna dell’immobile.

Affidata la causa alla sezione stralcio e fissata dal GOA udienza per tentativo di conciliazione, su sollecitazione dell’attore, detto giudice autorizzò l’intervento del P. che, costituendosi, eccepì l’inammissibilità della sua chiamata in causa; espletata l’istruttoria, l’adito Tribunale, con sentenza depositata il 29 luglio 2002, ritenuto sussistere un contratto di mandato tra il C. ed il B. quali mandanti ed il P. quale mandatario, finalizzato all’estinzione delle ipoteche: dichiarò risolto il preliminare per inadempimento del B.; dichiarò l’inadempimento del P. al contratto di mandato; condannò in via solidale il predetto ed il B. al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, di una somma pari al doppio della caparra e quindi pari a L. 160 milioni; condannò il solo B. a restituire L. 10 milioni; condannò altresì convenuto e terzo chiamato a restituire l’importo di L. 40 milioni; aumentò tutti detti importi degli interessi legali e della rivalutazione monetaria.

La Corte di Appello di Firenze, decidendo sull’appello del P. e su quello incidentale del B., pronunziò sentenza n. 1121/2005, dichiarando risolto il contratto preliminare in forza della clausola risolutiva espressa, condannando il B. ed il P. a restituire la somma di L. 120 milioni oltre interessi legali dalla domanda; confermò altresì la condanna del B. alla restituzione di L. 10 milioni e respinse ogni altra domanda, regolando le spese in favore del C..

La Corte fiorentina pervenne a tale decisione disattendendo innanzi tutto i due motivi dell’appello del P. con i quali si era riproposta la tesi dell’inammissibilità della sua chiamata in giudizio dopo la fissazione dell’udienza per la precisazione delle conclusioni, osservando in contrario che la facoltà di transigere la controversia innanzi al neo costituito GOA avrebbe consentito di modificare o rinunciare alle domande già proposte e che la facoltà per il giudice investito della decisione di rimettere la causa innanzi all’istruttore avrebbe comportato la possibilità di modificare le conclusioni assunte in precedenza. Sottolineò che la chiamata in causa del P. era stata resa necessaria al fine di assicurare l’effettività della condanna alla restituzione delle somme ricevute dal C.; ritenne poi il giudice dell’appello l’erroneità della tesi, esposta dal Tribunale, della nullità della clausola risolutiva espressa collegata alla mancata cancellazione delle ipoteche; confermò altresì la Corte fiorentina che il mandato di consentire, pagandone i debiti garantiti, la cancellazione delle ipoteche, fosse stato conferito anche dal C., oltre che dal B. e che lo stesso non abbisognasse di forma scritta in quanto il suo oggetto non era direttamente la cancellazione della garanzia reale bensì la soddisfazione dei creditori al fine di conseguire detto risultato; osservò peraltro la Corte territoriale che la sproporzione tra quanto ricevuto alla bisogna e la somma, molto maggiore, necessaria alla cancellazione, rendeva infondata la contestazione di inadempimento al mandato da parte dello stesso P., pur permanendo l’obbligo della condanna solidale alla restituzione al C., non avendo detto appellante, dimostrato di aver destinato neppure in parte, detto importo allo scopo per il quale gli era stato consegnato.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il P. sulla base di tre motivi, ha resistito il B. con controricorso; il C., non citato da quest’ultimo ma solo dal ricorrente, non ha svolto difese.
Motivi della decisione

1 – Con il primo motivo viene dedotta la violazione della L. 22 luglio 1997, n. 276, art. 13 e dell’art. 189 c.p.c. nonchè un vizio di motivazione, perchè la Corte di Appello non aveva accolto – così male applicando le norme di riferimento e dando insufficiente o non condivisibile motivazione sul punto- il motivo di impugnazione con il quale si era fatta valere la illegittimità della chiamata di esso ricorrente, ad opera del Giudice Onorario Aggregato, all’udienza destinata al tentativo di conciliazione e pur dopo che in una precedente udienza erano state precisate le conclusioni: ritiene parte ricorrente che, assegnata la causa alla c.d. Sezione Stralcio, ed essendosi conclusa l’istruttoria, il G.O.A. avrebbe dovuto esclusivamente interrogare le parti sulla possibilità di una definizione transattiva della lite.

Il motivo non è fondato.

1/a- Va innanzi tutto rilevato che l’intervento di che trattasi non cmjussit judicis bensì aveva formato oggetto di una richiesta, respinta nel merito, nella precedente fase del giudizio innanzi al giudice togato e di seguito riproposta al G.O.A., così che la stessa doveva ritenersi compresa nel thema decidendum; in secondo luogo l’interpretazione della norma esposta nel ricorso troverebbe la sua ratto nella necessità di non alterare, in prossimità della definizione della lite, la materia del contendere, sia con l’immutazione dell’illustrazione dei fatti, sia con la modifica del petitum mediato: nella fattispecie invece entrambi tali elementi sono rimasti fermi perchè sin dall’inizio il C. aveva evidenziato l’intervento attivo del P. nella soluzione delle pendenze ipotecarie oggetto di specifico impegno nel preliminare.

1/b – In quest’ottica – che consente di ripercorrere in modo critico la motivazione della (Corte del merito, rettificandola ma condividendone i risultati raggiunti – doveva dirsi conforme ai principi del giusto processo ex art. 111 Cost. – predicante l’esigenza di garantire la soluzione delle controversie nel modo più celere per il cittadino – l’interpretazione delle norme in scrutinio offerta dalla Corte distrettuale, laddove poneva l’accento sulla necessità che il C. non fosse costretto a citare in separato giudizio il P. al fine di farne valere la responsabilità per l’esplicazione di un mandato i cui contorni già aveva delineato in citazione.

2 – (Con il secondo motivo viene denunziata la violazione o falsa applicazione delle norme disciplinanti la necessaria forma scritta del mandato a cancellare le ipoteche – artt. 1350 c.c., n. 1 e n. 12;

artt. 1351, 2821, 2879 e 2882 cod. civ. – nonchè delle disposizioni -artt. 1325 c.c. e art. 1418 c.c., comma 11, comminanti la nullità delle pattuizioni derogatorie delle prime, sostenendosi che l’incarico scritto del C. al B. di cancellare le ipoteche non avrebbe potuto essere ritenuto esteso anche ad esso ricorrente perchè non formulato per iscritto nè in tal forma accettato.

2.a – Il mezzo è infondato in quanto l’oggetto del mandato congiunto al P., confermato anche in sede di escussione testimoniale, non riguardava la cancellazione delle ipoteche bensi l’intervento presso i creditori del proprio cliente B. al fine di convincerli a cancellare i pesi reali sull’immobile compromesso in vendita, estinguendo i debiti dello stesso: in questi termini non poteva rinvenirsi un collegamento tra forma dell’oggetto del mandato e forma del mandato stesso.

3 – Con il terzo motivo è denunciata la presenza di un vizio di motivazione – nella sua triplice manifestazione di omissione, erroneità e insufficienza – laddove, in contrasto con le emergenze istruttorie documentali – che vedevano il rilascio di assegni esclusivamente al B. – si sarebbe assunto che il C. avesse consegnato del denaro direttamente ad esso ricorrente.

3.a – Neppure tale motivo è fondato in quanto non vi è stata alcuna omessa valutazione di un documento decisivo per la causa – la dichiarazione di ricevuta degli assegni, in calce al preliminare, sottoscritta dal solo B. – avendone la Corte del merito esaminato il contenuto; dal momento poi che il giudice dell’appello ritenne esistente un rapporto di mandato congiunto per la sistemazione dei debiti garantiti da ipoteca, è del tutto coerente con tali premesse la valorizzazione, contenuta in sentenza, delle dichiarazioni del teste Pe., tecnico di fiducia del C., come pure il richiamo alle parziali ammissioni dello stesso ricorrente in merito alla ricezione di somme, per arrivare alla conclusione che, indipendentemente dall’intestazione originaria degli assegni, al P. erano stati forniti – nei limiti di L. 120 milioni – i mezzi per il pagamento dei debiti del B..

4 – Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come indicato in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 21 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2012

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