Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 06-09-2012) 16-11-2012, n. 44856

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 20 aprile 2012, la Corte d’Appello di Salerno ha confermato la sentenza del Tribunale di Sala Consilina emessa in data 17 luglio 2008, che aveva condannato D.F.A.L., alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa, per il reato di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 40, lett. b) per avere sottratto al pagamento dell’accisa, nella qualità di titolare di un’attività di impianto di distributore carburanti, 21.979 litri di gasolio, come riscontrati dall’Agenzia delle dogane e di cui alle copie dei documenti giustificativi Das (documento di accompagnamento semplificato) (OMISSIS) del 5 gennaio 2004, Das 89074 del 25 gennaio 2004, Das (OMISSIS) del 31 gennaio 2004, accertato in (OMISSIS).

2. L’imputata ha presentato ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza per i seguenti motivi:

1) Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in quanto la Corte di appello avrebbe disatteso la ipotesi difensiva evidenziata con i motivi di gravame circa il possibile errore di trascrizione tra la quantità indicata nelle bolle e la quantità trascritta sul registro di carico;

2) Violazione dell’art. 163 in relazione all’art. 157 c.p.p., comma 1, nonchè l’art. 170 c.p.p., comma 1, con conseguente nullità della notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado ex art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 179 c.p.p., comma 1, poichè il giudice di primo grado aveva considerato validamente instaurato il rapporto processuale, all’esito della notifica tramite il servizio postale alla residenza della ricorrente, ma con consegna del plico al sig. C.A., che non è familiare, ma dipendente dell’azienda amministrata dalla D.F., azienda che ha sede in luogo diverso; inoltre non sarebbe stata osservata la disciplina della notifica a mezzo posta in quanto il destinatario non sarebbe stato avvisato della consegna del plico ad altro soggetto (L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6);

3) Illegittimità dell’ordinanza emessa dalla Corte di appello il 4 novembre 2011, che aveva concesso termine a difesa ex art. 108 c.p.p., su richiesta del nuovo difensore di fiducia dell’imputata, rinviando la trattazione al 20 aprile 2012, disponendo illegittimamente la sospensione del decorso del termine di prescrizione, al di fuori dei casi tassativamente previsti.

3. La ricorrente con nota depositata il 3 agosto 2012, proponeva quale motivo aggiunto l’illegittimità dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Sala Consilina in data 16 gennaio 2007, per violazione dell’art. 159 c.p. in relazione dell’art. 507 c.p.p., in quanto a fronte di un rinvio disposto per ascoltare un teste, ritenuto assolutamente indispensabile, il giudice aveva disposto la sospensione dei termini di prescrizione.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso che ha lamentato una motivazione illogica e contraddittoria è manifestamente infondato. La sentenza impugnata ha infatti, fornito specifica risposta ad identica censura, già avanzata in grado di appello, ritenendola generica per la mancata indicazione dei dipendenti che avrebbero effettuato l’errore di trascrizione sul registro di carico, delle quantità di gasolio indicate nei documenti; il giudice di merito ha ribadito con motivazione congrua ed ampia l’evidenza delle risultanze istruttorie, costituite dalla verifica effettuata presso il distributore Esso, dalla quale era emerso che la quantità di gasolio contenuta nei serbatoi era superiore a quella risultante dalle bolle di accompagnamento e dai registri di carico e scarico, per cui la parte eccedente era stata sottratta al pagamento dell’accisa.

2. Per quanto attiene al secondo motivo di ricorso, lo stesso risulta manifestamente infondato, poichè non sussiste alcun vizio di nullità assoluta della notifica della citazione per il giudizio di primo grado (con conseguente nullità della sentenza di primo grado).

Come emerge dal fascicolo processuale, che questa Corte è legittimata a consultare, essendo stato eccepito un vizio processuale, la notifica del decreto di citazione (analogamente alla notifica del decreto penale di condanna, nonchè alla successiva notifica dell’avviso di deposito della sentenza), risulta essere avvenuta in (OMISSIS), residenza dell’imputata. Non si ravvisa perciò alcuna nullità assoluta e insanabile, che ricorre solo se la notificazione della citazione sia stata omessa del tutto o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, sia risultata inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato, mentre la medesima nullità non ricorre "nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 c.p.p." (cfr. Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, Palumbo, Rv. 229539). Nel caso di specie la consegna a persona non familiare, ma nel luogo di residenza della ricorrente, non risulta affatto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto è pertanto integra una nullità solo relativa che resta sanata se non eccepita immediatamente dopo l’accertamento della costituzione delle parti (cfr. Sez. 3, n. 20349 del 16/3/2010, Catania, Rv. 247109). Nel caso di specie non risulta per l’appunto che sia stata avanzata alcuna eccezione nel corso del giudizio di appello, per cui la citata irregolarità deve considerarsi sanata.

3. Del pari manifestamente infondati sono sia il terzo motivo di ricorso che il motivo nuovo proposto con nota successiva che censurano due ordinanze dibattimentali pronunciate nel corso del giudizio di primo grado: le ordinanze dibattimentali menzionate non possono essere considerate viziate solo perchè hanno disposto la sospensione del decorso dei termini di prescrizione, atteso che le determinazioni assunte con le stesse (concessione del termine ex art. 108 c.p.p. ed ammissione della prova ex art. 507 c.p.p.) sono corrette, nè consegue alcuna nullità per la presenza nei citati provvedimenti di una parte dispositiva afferente la dichiarata sospensione del decorso dei termini, statuizione che deve essere comunque considerata priva di conseguenze.

Peraltro, pur senza considerare i periodi di sospensione impropriamente menzionati dalle ordinanze indicate, il reato ascritto alla D.F. non risulta affatto prescritto, nè prima della sentenza di secondo grado, nè a tutt’oggi. Infatti va applicato il precedente regime prescrizionale per il delitto di cui trattasi (sette anni e mezzo), che risulta accertato il (OMISSIS), oltre ai periodi di sospensione – computati per intero anche in virtù del tale precedente regime, quanto al legittimo impedimento del difensore (cfr. Sez. U, n. 43428 del 30/9/2010, dep. 7/12/2010, Corsini, Rv. 24838). Per cui al termine lungo vanno aggiunti i seguenti due periodi di sospensione del decorso del termine di prescrizione, relativi al giudizio di primo grado: dal 27 marzo 2007 all’11 maggio 2007, per l’adesione del difensore all’astensione proclamata dalla categoria forense, per la durata di mesi uno e giorni quattordici e dal 17 aprile 2008 al 17 luglio 2008, per la durata di mesi tre, per un periodo totale di mesi quattro e giorni quattordici di sospensione; pertanto il reato si sarebbe prescritto solo in data 8 settembre del 2012.

Comunque, attesa l’inammissibilità del ricorso, il rapporto processuale non può dirsi formato validamente e ciò preclude in radice ogni possibilità sia di far valere, sia di rilevare di ufficio, l’estinzione del reato per prescrizione eventualmente verificatasi dopo la sentenza di appello, sostenuta dal ricorrente in virtù di un calcolo diverso (giurisprudenza consolidata, cfr, per tutte, SS.UU. n. 23428 del 22/3/2005, Bracale, Rv. 231164).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, in forza del disposto di cui all’art. 616 c.p.p., consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 6 settembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

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