Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-06-2012) 11-09-2012, n. 34529

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il 24.09.2010 il Tribunale di Catania condannava M.D. e ME.Ro., rispettivamente, ad anni sette e mesi nove di reclusione ed Euro 1900,00 di multa ed ad anni sei e mesi otto di reclusione ed Euro 1450,00 di multa, per i reati di estorsione, tentata estorsione, lesioni personali aggravate e minacce in danno di L.P.G. ed in danno di A.M..

1.1 La difesa di M. proponeva appello, lamentando la inattendibilità delle dichiarazioni della parte lesa ma la Corte d’appello di Catania confermava l’affermazione di penale responsabilità riformando la sentenza solo in punto di pena, riconoscendo ad entrambi gli imputati le attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti contestate e riducendo ad anni sei,mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed Euro 1600,00 di multa la pena per M. e ad anni cinque,mesi quattro e giorni venti di reclusione la pena per ME..

1.2 Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso le difese di entrambi gli imputati, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo:

M.D.:

a e b) La violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione agli artt. 629 e 56, 629) in relazione alla mancata motivazione in ordine ai motivi di appello riguardanti le imputazioni di cui ai capi capi a) e b) che chiedevano di rivalutare la prova dichiarativa della parte offesa L.P., tenendo conto della inattendibilità del racconto di costui, caratterizzato da lacune e bruschi ripensamenti in relazione alle contestazioni fatte dalla pubblica accusa;

c) La violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione agli artt. 110 e 612 c.p. attesa la mancata motivazione in ordine ai motivi di appello relativi alla imputazione di cui al capo c) perchè una esatta valutazione delle dichiarazioni del L.P. e del teste G., in ordine alla vicenda svoltasi presto il cimitero di (OMISSIS), avrebbero dovuto indurre la Corte a rivedere la valutazione della suddetta prova dichiarativa.

d) La violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione agli artt. 393 e 629 c.p.. A parere del ricorrente l’episodio riguardante A. andava correttamente inquadrano nella fattispecie della ragion fattasi e non in quella di estorsione perchè M. ha agito nella convinzione di esercitare un diritto quando aveva corretto il monte delle ore lavorative che gli spettava.

e) f) g) La violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione agli artt. 582, 590 e 612 c.p., art. 61 c.p., n. 1 attesa la mancata motivazione in ordine ai motivi di appello relativi alle predette imputazioni perchè il giudice di prime cure aveva correttamente assolto M. dalla tentata estorsione inquadrando i fatti in una contesa civilistica; non è stato provato che l’imputato avesse brandito un’asse di legno in occasione delle pronunciate minacce; la frase proferita al telefono, durante la conversazione con S. "te la farò pagare" non integra la gravità richiesta dall’art. 612 c.p., comma 2 e non è possibile ravvisare nei fatti l’enorme sproporzione tra motivo e azione delittuosa richiesta dalla circostanza di cui all’art. 61 c.p., n. 1.

1.3 Il ricorso di ME.Ro. riproduce graficamente i primi tre motivi del ricorso M., il quarto motivo è stato integrato con considerazioni critiche sulla mancanza di appropriata motivazione che correlano il relativo vizio alla violazione degli artt. 24, 27 e 111 Cost..
Motivi della decisione

2. I motivi di ricorso non sono fondati.

2.1 I ricorrenti dichiarano di voler censurare l’insufficienza della motivazione che con riguardo ai diversi punti dell’accusa, giustifica l’affermazione di penale responsabilità dei due imputati ma, poichè i punti dedotti in ricorso sono stati tutti affrontati e congruamente valutati dalla Corte territoriale, che ha solo fatto riferimento alla prima sentenza per la ricostruzione storica dei fatti e degli atti processuali assunti, ci si rende conto che le censure più che per l’assenza della motivazione (censura che in fatto si dimostra totalmente priva fondamento) recriminano sul contenuto della valutazione data dalla Corte, di tenore affatto diverso da quello proposto dai ricorrenti. Censura,questa, che non può dare ingresso al giudizio di legittimità se la motivazione ha i caratteri di coerenza con il materiale probatorio ed intrinseca logicità richiesti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

2.2 La Corte territoriale dopo aver fatto rinvio alla prima sentenza nei termini e per ragioni condivisibili, posto che del tutto appropriatamente ha giudicato tale provvedimento assolutamente puntuale nell’esposizione circostanziata di quanto accaduto, ha motivato di suo, in aggiunta alla valutazione del primo giudice, che:

"non è revocabile in dubbio, quanto alle fattispecie estorsive sub A) e B) che nella condotta degli imputati, nei periodi oggetto di contestazione, fosse configurabile l’estremo costitutivo della minaccia tipica del reato de qua: questa infatti qualunque ne sia la forma deve essere idonea al conseguimento di un risultato, quello di costringere la vittima ad un ingiusto esborso, ed essa deve ritenersi idonea ogni qualvolta in relazione alle concrete circostanze di fatto, sia tale da incutere timore…" ed in modo decisamente più esplicito, più avanti nel provvedimento, ha affermato che:

"Destituite di fondamento si presentano altresì le censure rispettivamente proposte dagli appellanti avverso il giudizio di responsabilità per i reati di minaccia aggravati sub capi e) e g) ancora in danno del L.P.: la valenza intimidatorio della condotta tenuta in entrambi i casi dagli imputati, sul la scorta delle univoche risultanze probatorie enunciate nella sentenza gravata, non lascia spazio a dubbi di sorta innestandosi in un complessivo e persistente clima intimidatorio instaurato in danno della medesima p.o. espressamente diretto ad allontanarla definitivamente dal paese e soprattutto dal luogo di lavoro, onde consentirne la sostituzione con il fratello del ME.Gi.

(spirante a quel posto di lavoro – cfr. testi L.P., S. A.) tanto più che le minacce verbali, facendo seguito o essendo contestuali a gesti e comportamenti marcatamente aggressivi, si presentavano di inequivocabile serietà dimostrativa altresì della piena conoscenza e volontà in tal senso degli autori..".

2.3 La Corte, sempre con valutazione congrua e puntuale ha poi motivato, alle pagine 4 e 5 del provvedimento impugnato circa l’elemento soggettivo del reato di cui al capo D) in termini di estorsione aggravata continuata, perchè la natura di assenze ingiustificate e altrettanto ingiustificate anticipate cessazioni dal lavoro, da loro prestato presso la cooperativa Verdegel, di cui A. era caposquadra, non potevano in nessun modo non essere, a loro, conosciute.

2.4 Ed anche in ordine alla necessaria esclusione della meno grave fattispecie della ragion fattasi la Corte territoriale motiva, in misura assolutamente congrua richiamando non solo gli elementi di prova dai quali desumere gli elementi in fatto ma anche i profili in diritto, con il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte che escludono la sussistenza di tale fattispecie.

2.5 Del tutto puntuale è, infine anche la motivazione relativa alle minacce telefoniche subite da S., circa la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 1 e all’elemento soggettivo delle lesioni procurate al L.P., per le quali si rinvia alla pag. 5 del provvedimento impugnato non meritando i relativi motivi di ricorso un esame approfondito visto la generica inconsistenza degli stessi.

2.6 Per i sopra esposti motivi la motivazione della Corte territoriale si appalesa priva di vizi e, per tale ragione, i ricorsi devono essere rigettati.

Al rigetto consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2012

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