Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-06-2012) 11-09-2012, n. 34527 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. I difensori di S.R. e di C.F.M. ricorrono avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, datata 22.10.2010, che, dichiarato estinto per intervenuta prescrizione il reato di associazione a delinquere, riconosciuta la diminuente dell’art. 442 c.p.p., ha confermato nel resto la sentenza di condanna per S. e C. per il reato di riciclaggio di denaro, rideterminando la pena rispettivamente in anni quattro e mesi otto di reclusione ed Euro 8000,00 di multa e anni quattro di reclusione ed Euro 6000,00 di multa ciascuno.
1. I ricorrenti, chiedendo l’annullamento della sentenza, deducono a motivo:
C.:
a) la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 648 bis c.p.. Il provvedimento impugnato nulla motiva in ordine alle doglianze espresse dall’appellante in ordine alla mancata individuazione della specifica attività illecita dalla quale è derivato il denaro oggetto di consegna all’agente sotto copertura.
Sul punto la motivazione è carente perchè riesce a giustificate la conoscenza della provenienza illecita del denaro ma non anche da quale specifica attività.
b) La sentenza non motiva neanche in ordine alla possibilità di una diversa qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 379 c.p. ovvero dell’art. 648 c.p. quale semplice ricettazione.
S.:
a1) La violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all’art. 648 bis c.p.. I difensori aveva proposto specifico motivo di impugnazione circa la provenienza delle somme che si assumono riciclate dalle società, poi fallite a causa di ripetute distrazioni, del gruppo Papillon. La Corte territoriale ha respinto il motivo con motivazione che contrasta con l’assoluzione di tutti gli imputati dalle imputazioni di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74.
La motivazione sul punto della provenienza del denaro è tautologica perchè dopo aver escluso che le somme potessero provenire dalle distrazioni di denaro che pure è stato accertato esserci state danno delle società del gruppo Papillon e dopo aver affermato che il canale di trasferimento del denaro in Sudamerica per mezzo dell’agente, sottocopertura della XX, Co. era stato appositamente creato dall’Agenzia di investigazioni statale americana per controllare la destinazione del denaro destinato ai narcotrafficanti colombiani per transazioni commerciali relativa alla vendita di cocaina, ha affermato, nonostante la assoluzione del S. dal reato di associazione a delinquere volta al narcotraffico e relativi reati satelliti di commercio di droga, che provenienza del denaro consegnato dal S. agli agenti sottocopertura per l’inoltro ai narcotrafficanti colombiani proveniva proprio dal commercio di droga. Il sillogisma è illogico ed è frutto di un errore di valutazione anche in punto di diritto perchè indirettamente afferma il concorso del S. nel reato presupposto del riciclaggio, in contrasto con il disposto dell’art. 648 che esclude specificamente tale concorso.

Motivi della decisione

2. Il ricorso di C.F. è manifestamente infondato e va dichiarato, perciò, inammissibile.
2.1 Premesso, in punto di diritto, che questa Corte, da tempo e con giurisprudenza non controversa,annosa e consolidata, ha già deciso che ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio non si richiede l’esatta individuazione e l’accertamento giudiziale del delitto presupposto, essendo sufficiente che lo stesso risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti ed interpretati secondo logica, almeno astrattamente configurabile, va precisato che nel caso in esame, il reato presupposto, diversamente da quanto si afferma in ricorso, è stato, senza dubbio alcuno, accertato.
2.2 Infatti che il denaro trasferito in contante, da C. e S. all’agente sottocopertura della XX, nella ragguardevole misura di L. 671.800.000 e L. 50.000 per la sola consegna del 30.05.1994, fosse riconducibile a narcotraffico e, più specificamente, al commercio di cocaina, commercio originato dai fornitori colombiani che avevano imposto, per le transazioni economiche maturate nel mondo, di utilizzate il canale predisposto dalla XX, ovviamente ignorando tale ultima circostanza di fatto, è detto chiaramente a pag. 29 della sentenza impugnata.
2.3 Le argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato, inoltre, che compongono una trama motivazionale logica completa e coerente con le prove raccolte, escludono implicitamente, e quindi senza bisogno alcuno di una specifica motivazione sul punto, che si possa ipotizzare una qualificazione giuridica diversa dal riciclaggio, per i fatti in contestazione.
Dalle puntuali testimonianze degli organi di Polizia, intervenuti nella complessa operazione di cooperazione internazionale al fine di contrasto al riciclaggio dei proventi del narcotraffico, la Corte ha, infatti, tratto la motivata convinzione, del tutto fondata in via di logica, che l’utilizzo del numero di cellulare, in uso all’agente sottocopertura della XX e da tale agenzia predisposto affinchè fosse utilizzato per controllate operazioni di riciclaggio di denaro provento di narcotraffico, costituisse la prova della perfetta consapevolezza, in chi si rivolgeva a quel la speciale utenza, che il denaro proveniva da commercio di narcotici e che avrebbe raggiunto la sua naturale destinazione, "senza bisogno di spiegazioni nè di chiedere informazioni sulla movimentazione del denaro", per un tacito e convenzionale accordo.
3. Anche il ricorso di S.R. è inammissibile.
3.1 Non vi è, infatti nessuna illogicità nell’affermare che il reato di cui si è reso responsabile S. è soltanto quello di riciclaggio del denaro proveniente dal narcotraffico per aver ricevuto e trasferito il denaro, frutto delle transazioni commerciali poste in essere dai narcotrafficanti colombiani (e non dal S. e dai suoi complici), delle quali operazioni, come si legge a pag.15 della sentenza impugnata, era attento cerbero e garante D. W., venuto appositamente da Medellin per controllare la movimentazione del contante, per conto dei narcotrafficanti colombiani.
3.2 Tale è infatti la ricostruzione dei fatti che emerge dalle puntuali deposizioni non solo dell’agente sottocopertura della XX, venuto in Italia proprio per questa specifica operazione di tracciamento del percorso del denaro illecito, congegnata in accordo e collaborazione con la Polizia di diverse Nazioni, ma anche dalle deposizioni dei testi R. e Ch. della nostra Polizia di Stato, a loro volta coinvolti nella predetta accurata operazione sottocopertura.
3.3 Ciò che la sentenza impugnata non dice esplicitamente, ma che sottende in modo da rendere i fatti intuitivamente univoci e consequenziali in correlazione a tutto il costrutto logico della motivazione, è che l’attività commerciale del supermercato del gruppo Papillon era un mero ma necessario paravento della vera attività commerciale illecita di narcotraffico che le si nascondeva dietro sicchè l’attività del supermercato costituiva il necessario armamentario volto a nascondere l’imponente flusso di denaro illecito, costituendo con i propri negozi visibilmente occupati in attività di commercio lecita, il sicuro approdo del denaro contante o dei documenti bancali costituenti il ricavato della vendita della cocaina al minuto.
3.4 E proprio in ragione della funzione di mero paravento, l’attività commerciale del supermercato Papillon non poteva essere regolarmente documentata nei libri e nelle scritture contabili dell’impresa perchè, come lascia intuire la sentenza della Corte a pag. 27/28, era impossibile mascherare adeguatamente il flusso di denaro mastodontico miliardario, proveniente dalla vendita della cocaina, in una attività commerciale di mero paravento, della quale in motivazione si da il seguente quadro plastico, richiamando i continui "spostamenti di capitali da una azienda all’altra, vendite di merce sottocosto e spartizioni di utili ad horas, con sicuro avviamento del patrimonio sociale alla bancarotta..".
3.5 Attività queste ultime necessarie solo a creare un turbinio continuo di movimentazione di merce che apparentemente rendesse l’iXX di una attività commerciale assai florida e proficua.
Fatto sta che ciò che prova la simulazione di tale floridezza è che, con la bancarotta, sono sparite le scritture contabili e la possibilità di attestare ricostruendolo, l’effettivo giro di affari ma, come si legge alla fine di pag.27 della sentenza, per una stringente ragione di logica, quantomeno aritmetica, l’ammanco milionario di quattrocento milioni della bancarotta nulla poteva avere a che fare con la consegna miliardaria di denaro contante, trasferita in brevissimo lasso di tempo dalle mani di S. e dei suoi complici, nelle mani degli agenti sottocopertura, per il precipuo scopo di farla pervenire ai narcotrafficanti.
3.6 L’articolata tecnica di riciclaggio, della quale la bancarotta del gruppo Papillon era un tassello preordinato, è stata compiutamente ricostruita dai giudici di merito e le articolate ma inesatte elugubrazioni logiche della difesa sono assolutamente infondate in punto di vizi della motivazione.
4. Per le suddette ragioni entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili: alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende, di una somma determinata, equamente, in Euro 1000,00, tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità". (Corte Cost. N. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2012

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