Cass. civ. Sez. III, Sent., 17-07-2012, n. 12232

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con citazione del 27 aprile 2001 i fratelli F.M., E. e G.P., in proprio e quali eredi di P. F., citavano dinanzi al Tribunale di Pisa sez.di Empoli la spa XX chiedendo accertarsi la esistenza di un credito, al 31 dicembre 2000, dell’importo di L. 3.171.367.133 da compensare con un credito della spa di L. 2.250.000.000, con la condanna della spa a rendere la differenza parti a L. 921.367.123.
La ricostruzione di questo conteggio, contenuta nella citazione, parte da un contratto di mutuo stipulato il 22 ottobre 1985 dai F., ai quali la srl XX aveva prestato garanzia come datore di ipoteca, con lo Istituto federale per il credito della Toscana, per lo importo di L. 2 miliardi; detta somma era poi stato interamente restituita dai mutuatari, ma il relativo importo anticipato era stato destinato alla estinzione di un mutuo contratto dalla azienda agricola La Cava di Mati Miro Cesare, azienda poi conferita nella srl XX, successivamente trasformatasi in spa La CAVA. Si costituiva la spa XX precisando che il mutuo contratto dalla azienda agricola era stato stipulato nel 1983 con la Cassa di Risparmio di Pistola e Brescia; che l’importo del debito era stato pagato dalla spa con mezzi propri, con due congrui versamenti e che il mutuo era stato garantito da cinque soggetti indicati in E., R., G. e F.P. – poi defunto – e dalla stessa spa XX. DEDUCEVA pertanto di avere un credito di regresso ai sensi dello art. 1954 c.c. per l’80% del pagato. Chiedeva pertanto il rigetto delle pretese avversarie.
2. Il Tribunale con sentenza n. 71 del 2004 così decideva:
a. ritiene non provato il credito dedotto dalle parti attrici;
b. ritiene non provato che la somma mutuata il 22 ottobre 1985 sia stata utilizzata per estinguere il credito indicato e acceso presso la Cassa di Risparmio di Pistoia e di Brescia;
c. accerta che il credito di regresso della spa ammonta all’80% di L. 4.5 miliardi;
d. accerta che garanti del mutuo del 13 settembre 1992 erano i cinque condebitori indicati dalla spa convenuta.
e. rigettava le pretese attrici sul rilievo che il controcredito era superiore al credito preteso.
3. Contro la decisione proponevano appello i tre F. in proprio e quali eredi di P., contestando la ricostruzione della vicenda e della contabilità e insistendo nella pronuncia di condanna, resisteva la controparte chiedendo il rigetto del gravame e deducendo la prescrizione, già eccepita.
4. La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 25 febbraio 2010, ha rigettato lo appello, condannando gli appellanti alla rifusione delle spese del grado.
Contro la decisione ricorrono i F. deducendo sei motivi di censura, resiste la controparte con controricorso.
MEMORIE sono state prodotte da entrambe le parti.

Motivi della decisione

5. Il ricorso, che ratione temporis si sottrae al regime dei quesiti, non merita accoglimento in ordine ai motivi dedotti. Per chiarezza espositiva se ne offre una sintesi espositiva, ed a seguire la confutazione in diritto.
5.1. SINTESI DEI MOTIVI. Nel PRIMO MOTIVO si deduce il vizio della motivazione, omessa e contraddittoria su un fatto controverso e decisivo che concerne la utilizzazione della somma di L. due miliardi, mutuata il 20 ottobre 1995 dallo Istituto federale di credito agrario ai fratelli F., ed utilizzata per estinguere il debito preesistente della società XX, verso la Cassa di Risparmio di Pistoia. LA PROVA di tale utilizzazione, secondo la Corte di appello, è fallita, e lo Appello dei F. è stato respinto. Il motivo, da pag 13 a pag 21 ripropone una sequela di documenti, che in parte interpola e in parte interpreta per dimostrare il ed retratto del mutuo e la estinzione del debito della XX, si assume poi conclusivamente che sul punto la motivazione del giudice del riesame è insufficiente o illogica.
Nel SECONDO MOTIVO si deduce invece l’error in iudicando per violazione e falsa applicazione dello art. 2710 c.c. per travisamento della prova documentale costituita dalle scritture contabili della stessa XX spa, che ha la veste di parte imprenditrice, mentre i fratelli F. sono soggetti privati. Pertanto le risultanze contabili della impresa, ancorchè regolamentari, non possono avere un valore probatorie superiore a quello delle prove documentali fornite dai R., prove che in questa parte del motivo, vengono soltanto richiamate.
Nel TERZO MOTIVO si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. nella parte in cui la Corte di appello pone a carico degli appellanti l’onere di dimostrare la natura fittizia delle annotazioni effettuate nella stessa contabilità.
DA PAG 24 A PAG 27 si analizza la contabilità della impresa anche in relazione ad una deposizione testimoniale il cui contenuto non viene neppure precisato.
Nel QUARTO MOTIVO si deduce error in iudicando per violazione o falsa applicazione dello art. 1954 c.c. in luogo dello art. 2871 c.c., comma 2, ultima parte, che riconosce il diritto di regresso del terzo datore di ipoteca, che ha pagato nei confronti degli altri terzi datori di ipoteca.
Nel corpo del motivo si spiega l’errore di impostazione compiuto dal "precedente difensore dei F." che li aveva ritenuti fideiussori e non già terzi datori di ipoteca, e che la parte convenuta abilmente aveva eccepito o dedotto che il regresso della XX era pari all’ottanta per cento del credito pagato. La Corte di appello, accogliendo quanto dedotto dalle parti, avrebbe compiuto un errore di diritto, denunciabile come motivo di ricorso, riqualificando rapporti intercorsi tra le parti.
NEL QUINTO MOTIVO, subordinato al mancato accoglimento del quarto, si deduce ancora il vizio della motivazione su punto decisivo, nel senso che "le parti datrici di ipoteca sono soltanto due, come sostengono i fratelli F., ovvero cinque, come sostiene la XX?" La Corte, nello sciogliere il dilemma, erra in motivando, mal valutando il contratto di mutuo del 13 febbraio 1922, che tuttavia viene soltanto citato e interpolato.
NEL SESTO MOTIVO si deduce la nullità della notifica della sentenza impugnata ai fini della decorrenza del termine di impugnazione ex art. 326 c.p.c. in relazione allo art. 330 c.p.c. sul rilievo che la notificazione di una sola copia al procuratore costituito per tre parti è inesistente e deve essere considerata nulla e si citano arresti giurisprudenziali peraltro superati dalle SU civili con la sentenza 15 dicembre 2008 n. 29290.
7. CONFUTAZIONE IN DIRITTO. Precede, secondo l’ordine logico, la questione preliminare sulla nullità della notifica, sopra indicata nel sesto motivo.
Infondatezza del motivo in quanto la notifica del ricorso è stata effettuata nel termine breve ed il giudizio si è svolto ritualmente tra le parti ricorrenti che hanno accettato il contraddittorio difendendosi strenuamente nel merito. Utile il riferimento al dictum della recente sentenza delle sezioni unite, costituzionalmente orientato, e diretto a valorizzare la funzione del procuratore costituito ed il suo dovere di informare le parti che rappresenta circa le vicende processuali in atto.
Quanto all’esame dei motivi, che denunciano errores in iudicando e vizi della motivazione, l’ordine logico degli stessi conduce all’esame prioritario del quarto e del quinto motivo, che pongono una questione pregiudiziale ed una subordinata, con effetti rilevanti in ordine ad una riconsiderazione e riqualificazione dei rapporti intercorsi tra le parti. Sul punto la Corte di appello a ff 7 e ss., rileva che nel contratto di mutuo individua una sola parte garante, come risulta dalla analisi delle clausole contrattuali, e deduce che l’unica parte garante conteneva cinque soggetti, i 4 F. e quale quinto garante la spa XX. La corte aggiunge a ff. 8 che non è contestata "la affermazione del tribunale secondo cui dalla circostanza di articolarsi della parte garante nei cinque soggetti detti consegue un diritto di regresso della società XX verso ogni altro soggetto nella misura del quinto di quanto pagato dalla parte mutuante,onde un complessivo diritto di regresso verso i F. pari all’89% dei L. 4,5 miliardi".
Orbene il quarto motivo, introduce come error in iudicando, una nuova linea difensiva, ma non contesta la chiara ratio decidendi della Corte di appello su punto non controverso, ed è dunque inammissibile non essendo consentito in questa sede modificare una causa petendi condivisa tra le parti. Resta assorbito il quinto motivo, che risulta infondato essendo sul punto la motivazione congrua e corretta.
TANTO chiarito, possono considerarsi sempre secondo l’ordine logico, il primo motivo che deduce come error in motivando una diversa lettura delle prove in ordine al punto decisivo della destinazione della somma mutuata allo scopo comune, così favorendo la quinta garante, società XX, e quindi gli altri, secondo e terzo che deducono errores in iudicando sulla valutazione delle prove.
IL PRIMO motivo, pur nella sua amplia complessità, contesta la rappresentazione del fatto decisivo e controverso, nel punto in cui emerge che la XX, garante del credito, avendo dimostrato con la propria contabilità di avere onorato la garanzia, agisce in regresso.
Il motivo, formulato come vizio della motivazione, non contiene la sommaria descrizione dei fatti di causa, ma la indicazione, anche parziale, di vari documenti, senza contestare specificamente la diversa rappresentazione dei fatti data dalla Corte di appello nella ampia ed analitica motivazione da pag 5 alla pag 8 della sentenza. Si chiede in sostanza un terzo riesame del merito.
Motivo inammissibile per violazione dello art. 366 c.p.c., n. 3 secondo il dictum delle SU 11 aprile 2012 n. 5698 in ordine alla preclusione di un assemblaggio riproduttivo di atti e documenti non seguito da adeguata esposizione critica della motivazione che si pone a paragone.
POSSONO ora considerarsi il secondo ed il terzo motivo che deducono due errores in procedendo. Nel secondo motivo si deduce la falsa applicazione dello art. 2710 c.c. per il travisamento delle prove contabili dell’impresa e nel terzo si deduce la violazione dei principi sul riparto dell’onere della prova.
ENTRAMBE le censure sono manifestamente infondate: ed in vero dalla ampia ed esaustiva motivazione data dalla Corte di appello che l’ampio contesto probatorio incluse le perizie contabili ha posto in evidenza come la estinzione del mutuo concesso dalla Cassa era stato estinto con provvista proveniente dalla impresa. Il convincimento del giudice del merito, il suo inter logico, la valutazione complessiva delle prove avviene iuxta alligata e probata, nel contraddittorio tra le parti, onde non sussiste alcuna violazione delle norme sostanziali richiamate, posto che la valutazione concerne proprio il contributo probatorio che ciascuna parte ha proposto, secondo la disponibilità delle prove. VEDI per un utile riferimento Cass. 6 settembre 2002 n. 12980 e Cass. 13 febbraio 2002 n. 2726, con particolare riferimento alla libera valutazione, da parte del giudice, del contesto probatorio in relazione al principio della disponibilità delle parti e delle proposte difese.
AL RIGETTO del ricorso segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

RIGETTA il ricorso e condanna F.E., G. F., F.R. in proprio e quali eredi di P. F. a rifondere alla spa XX le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7200,00 di cui 200,00 per spese oltre accessori e spese generali come per legge.
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2012

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