Cassazione, Sez. II, 20 aprile 2010, n. 15115 Non commette appropriazione indebita il datore che non versa al sindacato le quote associative dei dipendenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Fatto

Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la corte di Appello di Caltanisetta, avverso la sentenza della locale Corte territoriale del 18.12.2008, che confermò la sentenza di assoluzione pronunciata nei confronti di R. M. dal Tribunale di Enna l’11.10.2005, per il reato di appropriazione indebita aggravata e continuata.

Il ricorrente lamenta il vizio di violazione di legge della sentenza impugnata, sul punto relativo al requisito dell’altruità della cosa come elemento indefettibile per l’integrazione del reato di appropriazione indebita, rilevando che la giurisprudenza citata dal Tribunale è propriamente riferita ai contributi assicurativi e previdenziali, e non può invece applicarsi alle quote associative spettanti al sindacato di categoria al quale erano iscritti i dipendenti dell’imputata, che era stata delegata ai versamenti dai lavoratori interessati.

Non potrebbe ritenersi, in altre parole, che si tratti di componenti speciali della retribuzione soggette al regime delle trattenute da parte del datore di lavoro, dal momento che il versamento di contributi sindacali corrisponde ad una libera scelta del lavoratore, sul quale grava interamente il relativo onere economico.

Il ricorso è infondato.

Ed invero, la peculiarità del caso di specie, come di altri analoghi casi esaminati dalla giurisprudenza di questa Corte, è data dalla circostanza che il denaro oggetto della contestata appropriazione è rappresentato da una quota ideale del “patrimonio” del possessore, indistinta da tutti gli altri beni e rapporti che contribuiscono a costituirlo.

Si è infatti in presenza del particolare atteggiarsi dell’obbligo del datore di lavoro di corrispondere al lavoratore la retribuzione al netto di “ritenute” a vario titolo effettuate, con la conseguenza che le somme “trattenute” o “ritenute” rimangono sempre nella esclusiva disponibilità del “possessore”, perché non solo non sono mai materialmente versate al lavoratore, ma soprattutto non potrebbero esserlo, avendo il dipendente soltanto il diritto di percepire la retribuzione al netto delle trattenute effettuate alla fonte dal datore di lavoro.

Le “trattenute”, quindi, si risolvono a ben vedere in una operazione meramente contabile diretta a determinare l’importo effettivo della somma che il datore di lavoro è obbligato a versare al lavoratore, alle scadenze previste, a titolo di retribuzione.

In casi del genere, non può quindi ritenersi la sussistenza del requisito della “altruità” del denaro o della cosa mobile, quale che sia il titolo della trattenuta alla fonte (su questi principi, cfr. Cass. Sez. U, n. 1327 del 2005, dove l’esplicito riferimento anche alle trattenute operate dal datore di lavoro in forza di accordi economici o di contratti collettivi).

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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