Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-05-2012) 11-09-2012, n. 34559 Giudizio abbreviato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’appello di Milano, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero e in riforma della sentenza pronunciata il 15 aprile 2010, ha condannato V.C. alla pena di un anno di reclusione per il reato di cui all’art. art. 572 cod. pen. in danno della moglie convivente F.L., che aveva sottoposto a continui maltrattamenti di natura fisica e psicologica anche alla presenza dei due figli minori, spintonandola e percotendola con schiaffi e pugni e compiendo atti di autoerotismo molesto e umiliante per la moglie.

2. Ricorre il difensore dell’imputato, deducendo:

a) inosservanza dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione all’art. 192 c.p.p.;

b) inosservanza dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) delle norme processuali di cui agli artt. 442 e 597 c.p.p. per mancata applicazione della riduzione di un terzo per il rito abbreviato.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente si duole di un fraintendimento in cui sarebbe incorso il giudice d’appello, ritenendo che la contestazione di violenza sessuale di cui al capo A) dell’imputazione (da cui l’imputato è stato assolto in primo grado, senza impugnazione del P.M.) sarebbe stata commessa ai danni della figlia minore, mentre invece parte offesa era la moglie. Tale erronea convinzione – secondo il ricorrente – avrebbe fortemente influenzato i giudici nel ritenere l’attendibilità della F. e avrebbe impedito loro di rendersi "conto della intrinseca fallacità delle accuse della ex moglie". Aggiunge il ricorrente che "l’assoluzione dell’imputato dal ben più grave reato di violenza sessuale non può non dispiegare alcun effetto nel successivo vaglio della prova testimoniale, data l’univoca provenienza delle accuse".

1.1. Il motivo è manifestamente infondato, non emergendo dalla sentenza impugnata alcun elemento sintomatico per dare un minimo di verosimiglianza alle censure del ricorrente, che vanno qualificate come mere illazioni.

I giudici d’appello hanno scrupolosamente preso in esame tutti gli elementi probatori acquisiti (dichiarazioni della parte offesa, ritenuta motivatamente attendibile, dichiarazioni dei figli minori e della vicina di casa P.S.), pervenendo alla conclusione, con ragionamento giuridicamente corretto ed indenne da vizi logici, di sussistenza del reato di maltrattamenti per le continue condotte tenute dall’imputato, vessatorie, sprezzanti e umilianti nei confronti della moglie, costretta a subire reiterati atti masturbatori dell’uomo anche in presenza della figlia minore.

La motivazione sulla ritenuta responsabilità del V. si sottrae perciò al sindacato di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) dedotto dal ricorrente, anche in considerazione del fatto che la sentenza della Corte territoriale ha dimostrato l’assoluta erroneità della sentenza del Tribunale, che aveva illegittimamente assolto l’imputato per mancanza di riscontri ex art. 192 c.p.p. alle dichiarazioni della parte offesa, riscontri non necessari tanto più che in assenza di costituzione di parte civile.

Contrariamente all’assunto difensivo, nessuna implicazione, in ordine al reato di maltrattamenti, può derivare dall’assoluzione in primo grado dell’imputato dal reato di violenza privata, non avendo la Corte d’appello avuto possibilità giuridica di interloquire su tale capo per la mancata impugnazione del Pubblico Ministero.

1.2. Fondato invece è il secondo motivo, per mancata applicazione della diminuente di pena che consegue alla scelta del rito abbreviato. La riduzione del terzo della pena correlata al giudizio abbreviato va operata anche in caso di condanna in sede di appello a seguito di impugnazione del pubblico ministero avverso la sentenza di proscioglimento pronunciata con il rito speciale (Cass. n. 13812/2008, Rv. 239685).

Alla riduzione di un terzo della pena può procedersi in questa sede, a sensi dell’art. 619 c.p.p., con rideterminazione della reclusione nella misura di otto mesi.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, che ridetermina nella misura di otto mesi di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2012

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