Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-05-2012) 11-09-2012, n. 34554

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza pronunciata il 20 febbraio 2007, con cui il locale Tribunale aveva condannato D.S.S. alla pena di due anni e sei mesi di reclusione per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 572 e 582 cod. pen., per avere sottoposto a maltrattamenti i genitori conviventi e per avere cagionato alla madre colpendola con calci e pugni, la frattura dello scafoide carpale della mano destra, con malattia guarita in 25 giorni.

2. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il suo difensore che deduce vizio di motivazione, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione agli artt. 572 e 582 c.p..
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile, considerata la manifesta infondatezza del primo motivo e l’assoluta genericità del secondo.

2. Il ricorrente si duole della mancanza di motivazione sull’elemento soggettivo del reato di maltrattamenti. Dalla motivazione della sentenza impugnata, che richiama la conforme decisione del primo giudice emerge la giustificazione completa ed esauriente del convincimento maturato dai giudici di mento in base agli elementi probatori acquisiti, circa l’esistenza de elemento soggettivo del reato, costituito dal dolo generico, che consiste nella coscienza e volontà di sottoporre il soggetto passivo a sofferenze fisiche e morali continuate.

Il fatto che i singoli episodi costituenti, nel loro complesso, la condotta criminosa siano commessi durante lo stato di ubriachezza è fatto irrilevante giacche l’ubriachezza non esclude il dolo.

3. Del tutto generico è il secondo motivo, con cui si reitera la doglianza già espressa in sede d’appello, senza minimamente farsi carico de a replica, adeguata e logica, con cui il motivo dedotto è stato rigettato dalla Corte territoriale.

4. L’inammissibilità del ricorso dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (Cass. Sez. U n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266, De Luca).

5. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, che si ritiene adeguato determinare nella somma di 1.000 Euro, in relazione alla natura delle questioni dedotte.
P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di 1.000 (mille) Euro in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2012

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