Cass. civ. Sez. II, Sent., 17-07-2012, n. 12289 Proprietà coltivatrice e acquisti agevolati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 13/9/1999 P.P., T.A. e T. I., quali eredi di T.S., chiedevano che fosse dichiarato il loro di diritto di proprietà su una porzione di terreno (da frazionarsi rispetto ad una più ampia estensione) e sulla quota di 1/10 di un pozzo trivellato e di un impianto di sollevamento, beni formalmente intestati a A.G., Sa.

G., S.G., C.F. e P. R., per acquisto da S.R., deceduto il (OMISSIS), ma acquistati con scrittura privata del 21/8/1975 da T. S. deceduto il (OMISSIS), che li aveva posseduti direttamente e successivamente concessi in affitto.

I convenuti eccepivano che il titolo di acquisto fatto valere, rappresentato dalla scrittura del 21/8/1975, era nullo perchè il defunto S.R. aveva acquistato i beni con i benefici della L. n. 590 del 1965, e della L. n. 817 del 1971, che comportavano un vincolo trentennale di indivisibilità.

Con memoria ex art. 183 c.p.c., gli attori deducevano inoltre l’avvenuto acquisto per usucapione.

All’esito di istruttoria il Tribunale di Ragusa con sentenza del 12/11/2002 dichiarava la nullità della scrittura privata di acquisto e dichiarava che i beni erano stati acquistati per usucapione, disponendone i frazionamento.

A.G., Sa.Gi., S.G., C.F. e P.R. proponevano appello, al quale resistevano gli attori.

La Corte di Appello di Catania con sentenza del 12/1/2008 rigettava l’appello rilevando che la domanda di usucapione era ammissibile e inoltre fondata essendo ampiamente provato il possesso ultraventennale e, per quanto qui ancora interessa in relazione all’unico motivo di ricorso, che la previsione normativa del vincolo trentennale di indivisibilità non impedisce l’usucapione perchè la sanzione di nullità L. n. 817 del 1971, ex art. 11, colpisce gli atti compiuti in violazione del vincolo, ma non rende inefficace il possesso utile all’usucapione in quanto l’inefficacia del possesso è prevista, ai sensi dell’art. 1145 c.c., solo per le cose fuori commercio, ossia per i beni demaniali e quelli appartenenti al patrimonio indisponibile; essendo il possesso uno stato di fatto giuridicamente rilevante e non un negozio giuridico, non ricorre neppure l’ipotesi di negozio in frode alla legge.

A.G., Sa.Gi., S.G., C.F. e P.R. propongono ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo e depositano memoria;

resistono con controricorso P.P., T.A. e T. I..
Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti deducono la violazione della L. n. 817 del 1971, art. 7 e degli artt. 1343 e 1344 c.c..

I ricorrenti sostengono che il vincolo di indivisibilità (ex lege n. 817 del 1971) era trascritto alla conservatoria RRII di Siracusa e che per la sanzione di nullità degli atti compiuti in violazione del vincolo era impossibile emettere la sentenza di divisione che assegnava agli eredi T. i beni oggetto di controversia;

aggiungono che lo scorporo della porzione di terreno si traduce in una divisione e che, quindi, la sentenza ha avuto un effetto elusivo della norma sull’indivisibilità (peraltro erroneamente indicata dai ricorrenti, in quanto la nullità e l’indivisibilità prevista dall’art. 11 e non dall’art. 7).

A conclusione del motivo formulano il quesito diretto a stabilire se è da ritenere, ai sensi degli artt. 1343 e 1344 c.c., elusiva del divieto di divisione dei fondi acquistati con le agevolazioni previste dalla L. n. 817 del 1971, la sentenza che formalizza l’assegnazione della quota di fatto posseduta ai soggetti comproprietari per l’acquisto per l’usucapione.

2. Il motivo è manifestamente infondato.

La L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 11 (disposizioni per il rifinanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice) prevede espressamente e testualmente la nullità degli atti il cui risultato sia quello di violare il vincolo di indivisibilità trentennale dei fondi agricoli acquistati con le agevolazioni creditizie concesse dallo Stato per la formazione o l’ampliamento della proprietà coltivatrice.

Il legislatore, perseguendo lo scopo di unitarietà ed integrità del fondo ritenuto utile all’interesse generale, finanzia la formazione della proprietà’ coltivatrice, inibendo però al beneficiario di vendere o, per quel che interessa in questa sede, di frazionare il terreno prima del decorso di un certo tempo.

L’imposizione del vincolo costituisce la contropartita della corresponsione di risorse pubbliche che avrebbero potuto essere impiegate altrove.

La normativa prevede, poi, l’esternazione del vincolo di indivisibilità la cui violazione è sanzionata con la nullità degli atti compiuti in sua violazione; la nullità determina la "sterilizzazione" dell’atto negoziale vietato.

Il Legislatore ha dunque tenuto conto dell’interesse collettivo perseguito dall’Amministrazione e dell’interesse individuale dei terzi acquirenti, a favore dei quali ha dettato una serie di garanzie che per natura, finalità e collocazione nel corpo della norma dimostrano che,nel bilanciamento dei contrapposti interessi, si è inteso privilegiare quello dei terzi acquirenti, nel senso che in tanto può essere loro opposto il vincolo, in quanto siano stati messi preventivamente in grado di conoscere la reale situazione del terreno e le conseguenze del suo frazionamento prima della scadenza del termine legale (così, in motivazione, Cass. S.U. 16/12/2010 n. 25399).

Risulta, quindi, evidente che il vincolo di indivisibilità esaurisce la sua efficacia nell’ambito degli atti di disposizione (mediante frazionamento), non può estendere la sua efficacia alle sentenze e non si estende all’usucapione che, in quanto acquisto a titolo originario, prescinde da un atto dispositivo e non è un "atto" (da intendersi come atto di disposizione) suscettibile di essere sanzionato di nullità, ma è un fatto giuridico.

Non è normativamente prevista la prevalenza dell’interesse collettivo al mantenimento dell’integrità del fondo rispetto all’interesse pubblico che giustifica l’usucapione, ravvisabile nell’interesse alla certezza dei diritti, realizzata mediante il decorso di un tempo prefissato, oltre che alla valorizzazione dei beni trascurati dal proprietario.

Infatti nessuna norma preclude l’acquisto per usucapione, nè il bene può essere annoverato tra i beni fuori commercio, in quanto la norma richiamata nel motivo non esclude l’alienazione, ma il frazionamento.

In conclusione appare pienamente condivisibile ed immune dalle censure di cui al motivo la sentenza impugnata che ha ritenuto che il vincolo di indivisibilità non estendesse la sua efficacia agli acquisti per usucapione.

Del tutto "fuori tema" è l’asserita violazione degli artt. 1343 e 1344 c.c., trattandosi di norma stabilite per la nullità dei contratti e, quindi, inapplicabili alla materia del possesso.

Il quesito non è coerente con la presente controversia in quanto non è stata formalizzata, attraverso la sentenza impugnata, l’assegnazione ai comproprietari di una quota di fatto di beni indivisibili posseduti, ma è stata accertata l’usucapione di un terreno (pur facente parte un’area più vasta assoggettata a divieto di frazionamento) e della comproprietà di un bene accessorio.

Il richiamo, in memoria, ad un precedente a S.U. di questa Corte (Cass. S.U. n. 25399/2010) è inconferente in quanto questa Corte aveva affrontato il diverso tema della nullità dell’atto di trasferimento e non dell’efficacia del vincolo di indivisibilità sull’usucapione.

In memoria si sottolinea che, posto un vincolo legale di indivisibilità, tale vincolo non può essere eluso mediante una sentenza con quale si realizzi una divisione (di fatto) del fondo mediante usucapione di una sua parte.

Tuttavia neppure sotto questo particolare profilo può trovare accoglimento la censura perchè, come detto, l’invalidità non può estendersi oltre ai casi espressamente previsti dalla legge; solo per completezza di argomentazione ulteriormente si osserva che nell’eventuale conflitto tra l’interesse a conservare l’integrità del fondo per trenta anni e l’interesse pubblico sotteso all’istituto dell’usucapione quest’ultimo interesse, come detto, nel sistema normativo non è sottordinato al primo e, attualmente, non è neppure esistente un conflitto in quanto ai sensi del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 11, sono ridotti a quindici gli anni durante i quali il fondo non può essere frazionato; pertanto nel caso in cui l’usucapione ventennale cominci a decorrere dal momento in cui viene ad esistenza il divieto di frazionamento o da un momento successivo (come nella specie) nessun conflitto appare configurabile;

se il termine è iniziato a decorrere anteriormente, resta valido il principio della ininfluenza del divieto sull’istituto dell’usucapione e sulla sentenza che la dichiara.

3. Il ricorso deve essere rigettato con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna A.G., Sa.

G., S.G., C.F. e P. R. a pagare a P.P., T.A. e T. I. le spese di questo giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *