Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 06-09-2012) 12-09-2012, n. 35011

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’appello di Ancona ha confermato la decisione di primo grado con la quale B.F. fu dichiarato responsabile del delitto di ricettazione per avere acquistato o comunque ricevuto un assegno, tratto su conto corrente della Cassa di risparmio di Ascoli Piceno per un importo di Euro 950, sottratto da ignoti a A.E. il (OMISSIS).

In particolare, B.F. consegnò l’assegno a P. G. in pagamento di un orologio; posto all’incasso da P., l’assegno è risultato protestato perchè privo di provvista.

Per La Corte di merito, vi è certezza del possesso dell’assegno da parte di B. e non vi è, però, alcun elemento che egli possa essere stato l’autore del furto; la circostanza che B. fosse amico di A.E. e, per tal motivo, frequentasse la sua abitazione, non sarebbe elemento che possa provare che sia stato lo stesso B. autore del furto dell’assegno.

I molteplici precedenti per reati contro il patrimonio, non possono, ad avviso del giudice d’appello, da un lato, ricondurre il fatto all’ipotesi di particolare tenuità ex art. 648 cpv c.p. e, dall’altro, comportare l’applicazione delle attenuanti generiche; per tale motivo, va confermata la pena di due anni di reclusione Euro 800,00 di multa.

2. La difesa propone ricorso e deduce:

-Inosservanza o erronea applicazione dell’art. 648 c.p., contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione anche in relazione all’omessa ed erronea valutazione e travisamento della prova ed erronea applicazione dell’art. 192 e art. 533 c.p.p., comma 1.

Gli elementi acquisiti agli atti – quali il rapporto di amicizia con A.E., la frequentazione della sua abitazione da parte di B. e il breve tempo trascorso tra la sottrazione e l’accertamento del possesso dell’assegno -anche in mancanza di confessione dell’imputato, avrebbero dovuto comportare ragionevolmente la diversa qualificazione del fatto come furto.

Avrebbe dovuto essere applicata la regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio, poichè la testimonianza di A.E. non forniva elementi tali da configurare il fatto come ricettazione e, per tal motivo, avrebbe dovuto ritenersi che fosse stato B. a sottrarre l’assegno.

La diversa qualificazione di furto comporta la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

Questa Corte si è più volte espressa nel senso che il semplice possesso della refurtiva può ritenersi idoneo a provare che il detentore sia autore della sottrazione qualora concorrano altri elementi fra cui quello temporale, atti ad escludere la provenienza del possesso da altra fonte (Sez. 5^, 20 gennaio 2010, dep. 21 maggio 2010, n. 19453; Sez. 17 ottobre 2005 dep. dep. 30 novembre 2005, n. 43389).

In applicazione di tale principio, tenuto conto che B. era amico della persona offesa e frequentasse la sua abitazione nonchè che l’assegno fu negoziato per l’acquisto di un orologio pochi giorni dopo la sottrazione e, circostanza decisiva, fu protestato per essere privo di provvista, è da ritenere che B. sia stato l’autore del furto, commesso in epoca anteriore e prossima alla sua negoziazione avvenuta il 12 agosto 2002.

Non risultando elementi che possano configurare circostanze aggravanti, deve ritenersi che sia decorso il tempo di prescrizione del reato di furto (punito con pena massima di sei anni), in applicazione della disciplina introdotta con la novella del 2005, tenuto conto che la condanna in primo grado è del 13 luglio 2010, in epoca successiva all’entrata in vigore della nuova disciplina della prescrizione.

Il tempo "necessario a prescrivere" il reato è quello previsto dall’art. 157 c.p.p., nel testo modificato dalla novella 2005 e ciò comporta che "il reato è estinto per prescrizione" qualora sia "decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale" e, "se si tratta di delitti", comunque un tempo non inferiore a sei anni, ancorchè puniti con pena inferiore (Sez. un., 29 ottobre 2009, dep. 10 dicembre 2009, n. 47008).

Il delitto di furto, punito con la pena massima di sei anni, è stato consumato in epoca anteriore e prossima al 12 agosto 2002 e tale è il dies a quo di decorrenza dei sei anni; in tal modo, il tempo di prescrizione sarebbe dovuto scadere nell’agosto 2008.

Sennonchè, vi è stata l’interruzione del corso della prescrizione e ciò ha comportato, a norma dell’art. 160, comma 1, e art. 161 c.p., l’aumento di un quarto. Per effetto di tale aumento, il tempo complessivo di prescrizione è pari a sette anni e sei mesi e la nuova scadenza va così fissata il febbraio 2010.

Dall’esame degli atti processuali trasmessi, risultano sospensioni non computabili nel tempo di prescrizione per la durata di sessanta giorni.

Nonostante l’interruzione del corso della prescrizione, per il cui effetto il periodo ordinario è aumentato a sette anni e sei mesi e la sospensione per ulteriori sessanta giorni, il delitto di furto si è, comunque, estinto per prescrizione il 30 aprile 2010 e, cioè, in epoca anteriore alla sentenza d’appello, pronunciata il 7 ottobre 2011.

2.In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perchè, qualificato il fatto come furto non aggravato, il reato è estinto per prescrizione.
P.Q.M.

Qualificato il fatto come furto (art. 624 c.p.), annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Cosìdeciso in Roma, il 6 settembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2012

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