Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 06-09-2012) 12-09-2012, n. 35009

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione di primo grado con la quale B.A. fu dichiarato responsabile del delitto di detersone al fine di cessione di 83 grammi di marijuana e 81 grammi di Hahish e condannato alla pena di due anni di reclusione, esclusa l’applicazione delle attenuati generiche e ritenuta la recidiva contestata.

Ad avviso del giudice d’appello, i numerosi precedenti penali non consentivano l’applicazione delle attenuanti generiche, nonostante la confessione dell’imputato, peraltro resa in sede di convalida dell’arresto in flagranza. Anche se non specifica, la recidiva non può essere esclusa perchè l’ulteriore reato commesso denota una particolare alla propensione al crimine.

2. La difesa propone ricorso e deduce:

-vizio di motivazione, poichè non è stata resa un’interpretazione corretta degli elementi processuali.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è generico nonchè diretto a proporre questioni riguardanti valutazioni di merito espresse dal giudice d’appello, giustificate da un’ argomentata motivazione.

Le censure, pertanto, non sono altro che dirette a contestare valutazioni di merito correttamente espresse dal giudice d’appello e coerenti con le risultanze processuali esposte nella sentenza.

Pertanto, la vicenda, riassunta nei suoi punti significativi, è stata oggetto di una esauriente motivazione nel rispetto dei canoni di ordine logico che debbono orientare il giudice di merito nelle scelte da compiere nel proprio lavoro di ricostruzione storica dei fatti da provare ex art. 187 c.p.p. diretta a dare contenuti alla formula generale racchiusa nei commi 1 e 2 del citato art. 192 c.p.p. di dare "… conto … dei risultati acquisiti e dei criteri adottati".

2. Il ricorso è, dunque, inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente va condannato, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni richieste dalla sentenza della Corte costituzionale 13 giugno 2000, n. 186.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 6 settembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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