T.A.R. Puglia Bari Sez. III, Sent., 14-01-2011, n. 72

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I. Espone l’odierna società ricorrente quale proprietaria di diverse aree localizzate nell’ambito della zona del Programma di Fabbricazione tipizzata zona di espansione di tipo C1 del Comune di Triggiano, di aver ceduto gran parte delle suddette aree in favore del Comune, sia mediante atti di cessione volontaria che per effetto di decreti espropriativi.

Per effetto di tali trasferimenti, la proprietà della ricorrente si riduceva ad una porzione di mq. 606, la cui corrispondente cubatura veniva utilizzata dal Comune ad edilizia residenziale pubblica, localizzandola nei corrispondenti lotti del Piano di lottizzazione Casalino Nord, approvato con deliberazione C.C. del 21 febbraio 1996 n.10.

Con atto notificato il 20 febbraio 2006 la ricorrente intimava al Comune il pagamento per l’indennizzo della cessione forzosa della volumetria di cui sopra, quantificandola in euro 37.027,92, non ottenendone la liquidazione, bensì mere risposte interlocutorie.

Con ricorso notificato il 27 febbraio 2008, ritualmente depositato, l’odierna ricorrente come sopra rappresentata e difesa, domanda l’accertamento del diritto all’indennizzo per la cessione forzosa della volumetria rinveniente dai suoli già di sua proprietà destinata ed utilizzata per gli interventi di edilizia residenziale pubblica nell’ambito del piano di lottizzazione "Casalino nord", nella misura di euro 37.027,92, e conseguente condanna del Comune di Triggiano.

Deduce la ricorrente a sostegno della propria pretesa, la violazione dell’art 42 Cost. in materia di tutela del diritto di proprietà, essendosi il Comune intimato indebitamente appropriato della cubatura destinata ad edilizia residenziale pubblica in quota parte della proprietà della ricorrente, senza alcun indennizzo, in assenza di idonea convenzione di lottizzazione e mediante rilascio di concessioni edilizie sui lotti intestati alle cooperative edilizie incaricate. In buona sostanza, la ricorrente lamenta di essere vittima di una forma atipica di espropriazione, non contemplata dall’ordinamento, gravemente lesiva del diritto dominicale al di fuori delle garanzie previste dalla Costituzione per l’esercizio del potere ablatorio, citando a sostegno della propria prospettazione anche precedenti di questo Tribunale, ed in particolare la sentenza della II sez n.4648/2002 resa ultra partes ma pur sempre nei confronti del Comune di Triggiano ed in identica fattispecie.

Si costituiva il Comune intimato, depositando il 15 dicembre 2010 memoria con cui veniva tra l’altro eccepita la prescrizione della pretesa azionata.

All’udienza del 16 dicembre 2010 i difensori ribadivano le proprie conclusioni, citando la decisione 3342/2009 con cui il Consiglio di Stato aveva confermato la sentenza n.4648/2002 di questo T.A.R. pur se resa ultra partes, e prospettando altresì la difesa comunale la delimitazione della giurisdizione del G.A. al solo an della pretesa ex adverso azionata. La causa veniva quindi trattenuta per la decisione.

II. Pregiudizialmente, ritiene il Collegio di affermare la propria giurisdizione di tipo esclusivo su tutta la domanda per cui è causa – secondo le considerazioni più avanti affrontate – ai sensi dell’ art 53 d.p.r.327/2001 abrogato dall’art 133 comma 1 lett g) c.p.a ma applicabile ratione temporis in base al generale principio di cui all’art 5 c.p.c. secondo cui la giurisdizione va determinata con riguardo alla legge vigente al momento di proposizione della domanda.

III. Nel merito il ricorso è infondato e va respinto.

IV. Preliminarmente, rileva il Collegio la completa tardività della memoria depositata dalla difesa comunale rispetto ai termini codificati dal primo comma dell’art 73 c.p.a., così come del resto rispetto all’abrogato art 23 l.1034/1971, non potendosi pertanto esaminare l’eccezione di prescrizione ivi contenuta, trattandosi di eccezione in senso stretto non rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art 2938 c.c. (ex multis Consiglio Stato, sez. IV, 07 aprile 2010, n. 1980, Cassazione civile, sez. III, 24 novembre 2009, n. 24680).

V. Viene all’esame del Collegio la questione dell’obbligo dell’Amministrazione alla corresponsione di un indennizzo, allorché a seguito dell’approvazione di un Piano di lottizzazione, venga ceduta a fini di edilizia residenziale pubblica la quota parte della volumetria spettante ai proprietari dei suoli non interessati da esproprio o cessione bonaria, e non firmatari di alcuna convenzione di lottizzazione.

Sul tema, come correttamente riconosciuto da entrambe le parti, la giurisprudenza si è già espressa, avendo il Consiglio di Stato – a conferma della sent. n.4648/2002 di questo T.A.R. – recentemente statuito i seguenti principi di diritto rilevanti per la fattispecie per cui è causa, così qui sintetizzabili:

– l’approvazione del piano di lottizzazione determina effetto espropriativo e non conformativo laddove prevede la cessione di una quota parte della volumetria edificabile in favore dell’edilizia residenziale pubblica;

– la fattispecie ablatoria – seppur atipica – si perfeziona con il rilascio delle concessioni edilizie in favore delle cooperative incaricate degli interventi in questione, comprensive della volumetria sviluppata dalle aree non espropriate e non materialmente acquisite, sorgendo da tal momento l’obbligo del Comune di ristoro del pregiudizio consistente nella sottrazione di volumetria;

– tal suddetto obbligo va qualificato sotto il profilo risarcitorio per la mancata corresponsione di qualsivoglia indennità, e non già come obbligazione di tipo indennitario;

– sussiste la giurisdizione del G.A. essendo comunque la pretesa risarcitoria conseguente alla qualificazione del vincolo come espropriativo piuttosto che conformativo.

VI. Ritiene il Collegio di aderire pienamente alla suesposta ricostruzione, poiché il trasferimento coattivo, in assenza di alcun convenzionamento della volumetria o cubatura spettante ad un’area secondo il vigente regime urbanistico, non può non ricevere tutela sotto il profilo risarcitorio, trattandosi di una anomala forma di espropriazione "larvata"come tale in contrasto sia con l’art 42 Cost che con l’art. 1 del protocollo addizionale della CEDU come interpretato dalla Corte di Strasburgo – la cui efficacia acquisisce peraltro forza di diritto comunitario a seguito del Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1 dicembre 2009 (Consiglio di Stato sez IV 2 marzo 2010 n.1220, T.A.R. Lazio Roma sez II bis 18 maggio 2010 n.11984) – nel condivisibile presupposto che esse ricomprendano il c.d. diritto alla volumetria spettante come inerente il diritto di proprietà.

Con la conseguenza che dal paradigma normativo di riferimento costituzionale e comunitario discende l’obbligo per l’Amministrazione di risarcire non soltanto la materiale espropriazione delle aree private preordinata alla realizzazione di opere pubbliche, oltre all’indennizzo per la eventuale reiterazione dei vincoli (c.d. espropriazione di valore), bensì la stessa apprensione della "sola" volumetria spettante, inerendo strettamente anche tale privazione alle prerogative dominicali di cui all’art 832 c.c.

VII. Ciò premesso, la pretesa azionata con il ricorso in epigrafe attiene nella sostanza all’accertamento di un diritto al risarcimento del danno per equivalente da fatto illecito e non già alla corresponsione di indennizzo, di cui peraltro è ignota la fonte normativa; l’obbligazione indennitaria presuppone infatti la sussistenza dell’avvio di un procedimento espropriativo conclusosi con l’emanazione di un legittimo decreto di esproprio, le cui contestazioni sul quantum sono interamente devolute al G.O. ex art 52 c.2 d.p.r. 327/2001, mentre nella fattispecie per cui è causa ricorre una pretesa patrimoniale non ricompresa nell’alveo di tal procedimento, né comunque equiparabile.

Condizione per l’esercizio dell’azione di accertamento del diritto soggettivo all’indennizzo, nelle forme del giudizio di opposizione alla stima presso la Corte d’Appello, è infatti l’emanazione del decreto di esproprio (ex multis Cassazione sez I 17 giugno 2009 n.14080).

Infatti, l’efficacia di vincolo (ex art 17 l.765/67) e di dichiarazione di pubblica utilità (art 12 c. 1 lett a)) propria dell’approvazione di un Piano di lottizzazione poi non seguita dall’espropriazione o cessione bonaria delle aree, determina quanto alla concreta apprensione della volumetria naturalmente spettante alle aree non oggetto di convenzionamento, un obbligazione risarcitoria a carico del Comune a beneficio dei relativi proprietari, ingiustamente lesi ex art 2043 c.c. da tal anomala forma ablatoria, costituente fatto illecito pur sempre riconducibile all’esercizio di un potere autoritativo quanto alla giurisdizione, ai sensi dell’art 133 comma 1 lett g) c.p.a. (e dell’abrogato art 53 d.p.r.327/2001 applicabile come detto ex art 5 c.p.c.).

VIII. Muovendo da tali considerazioni, non può il Collegio investito della domanda per l’accertamento "del diritto all’indennizzo" condannare invece il Comune al risarcimento del danno da illecita apprensione del diritto alla volumetria spettante, in quanto in tal modo non si opererebbe una mera qualificazione della domanda, ma si darebbe luogo ad una pronuncia su domanda diversa per causa petendi e petitum (Consiglio di Stato sez IV, 6 novembre 2008, n.5498) essendo pacifico che il poteredovere del giudice di qualificare correttamente la domanda giudiziale (per il principio iura novit curia oggi accolto dallo stesso art 32 comma 2 c.p.a.) non consente di sostituire la domanda proposta con una diversa quanto a causa petendi (ex multis Cassazione civ. sez III 7 luglio 2009 n.15904, id. sez I 19 novembre 2008 n.27517, id. sez I 9 ottobre 1988 n.10012) trattandosi di passare a fattispecie di responsabilità contra ius di matrice almeno colposa, che dà vita ad obbligazione di valore anziché di valuta, con conseguente diversità di disciplina, tra l’altro, anche quanto al riconoscimento del cumulo tra interessi e rivalutazione monetaria (ex multis Cassazione civ sez I 5 settembre 2008 n.22399, id. sez I 20 marzo 2003 n.4070).

Sul punto, la domanda di parte ricorrente non può pertanto essere riqualificata d’ufficio, ex art. 32 comma 2 c.p.a., quale accertamento di un diritto al risarcimento del danno per equivalente, a pena di evidente vizio di ultrapetizione ex art 112 c.p.c., con conseguente infondatezza della pretesa azionata, non essendovi alcuna norma positiva che consenta di dar corpo al riconoscimento di uno specifico diritto all’indennizzo invocato, del tipo di quello codificato dagli art 32 e seg. e 39 d.p.r.327/2001.

Per i suesposti motivi la domanda di accertamento e relativa condanna di cui in epigrafe, non potendosi riqualificare d’ufficio nei termini suesposti, deve essere respinta.

Sussistono giusti motivi ex art. 26 c.p.a. per compensare le spese tra le parti, in considerazione della complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Pietro Morea, Presidente

Antonio Pasca, Consigliere

Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *