Cass. civ. Sez. II, Sent., 17-07-2012, n. 12272 Decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.F. nel 1999 otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di C.L. per la somma di L. 17.220.400 a tìtolo di saldo lavori di ristrutturazione di un appartamento di proprietà dell’ingiunto.

Il C. proponeva opposizione negando di avere autorizzato le opere oggetto della fattura posta a fondamento del ricorso monitorio e che, comunque, il R. aveva eseguito lavori necessari a rimediare ad opere da lui male eseguite.

Dopo espletamento di CTU e prove per interpello e testi il Tribunale di Roma, ritenuti provati i lavori aggiuntivi e, per contro, la cattiva esecuzione di alcune opere appaltate, con sentenza del 2004 condannava il C. al pagamento, a saldo della minor somma di Euro 4.189,50.

Proponeva appello il C. e appello incidentale il R..

La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 19/11/2009 accoglieva parzialmente l’appello del C., riduceva il suo debito a Euro 3.013r46 oltre interessi dal Luglio 1999 e rigettava l’appello incidentale del R. che condannava al pagamento del 50% delle spese del grado.

La Corte di Appello, per quanto qui interessa in relazione ai motivi di appello del R. attinenti alla riduzione del suo credito e alla detrazione per lavori male eseguiti, rilevava:

che il valore delle opere aggiuntive (che riconosceva essere eseguite e previamente assentite dal committente) ammontava ad Euro 986,87 oltre IVA;

– che l’importo era determinato con riferimento al tariffario del Ministero dei lavori pubblici Provveditorato OOPP per il Lazio, non potendosi applicare il criterio del prezzo di mercato applicato dal CTU nella seconda relazione di consulenza perchè i prezzi di mercato non erano verificabili in mancanza di indicazione di criteri certi;

che la contestazione del R. sulla detrazione (calcolata dal giudice di prime cure in Euro 1.520,00) per i lavori male eseguiti, fondata sulla mancata contestazione dei vizi e sull’accettazione delle opere, non poteva trovare accoglimento perchè i testi avevano riferito nel senso indicato dal C. e in merito all’interessamento da parte del R. per emendare le pecche esecutive.

Il R. propone ricorso affidato a tre motivi; resiste con controricorso il C..
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 1657 c.c., e il vizio di motivazione; censura la sentenza nella parte in cui per calcolare il prezzo dei lavori aggiuntivi, pacificamente eseguiti da esso ricorrente, si è discostata sia dai criteri scelti dalle parti nella redazione del preventivo lavori (richiamati dal CTU nella prima relazione), sia dalle quotazioni di mercato, indicate dal CTU nella memoria tecnica aggiuntiva del 29/1/2003, ma ha applicato il tariffario del Ministero dei Lavori Pubblici, invece non applicabile nei rapporti tra privati, così violando il disposto dell’art. 1657 c.c., che richiama le tariffe esistenti o gli usi; il ricorrente rileva ancora che l’errore assume rilevanza in quanto, applicando i parametri adottati dalle parti nel preventivo, l’importo dovuto ammonterebbe a Euro 2.992,00 oltre IVA e applicando i prezzi di mercato ammonterebbe a Euro 4.932,00 oltre IVA; inoltre, a dire del ricorrente, la sentenza sarebbe contraddittoria perchè mentre la detrazione delle opere male eseguite sarebbe stata calcolata con riferimento al criterio seguito dal CTU, per la determinazione del prezzo delle opere aggiuntive sarebbe stato seguito il diverso criterio del tariffario del Ministero dei LLPP. 1.1 Il motivo è infondato perchè, dopo che era stata esclusa l’applicabilità dei criteri stabiliti dalle parti per le opere oggetto di preventivo, trattandosi di opere extrapreventivo (sulle quali quindi non poteva esplicare efficacia il precedente accordo) e la possibilità di applicare i prezzi correnti di mercato (per il mancato riferimento a criteri certi) il giudice ha determinato il prezzo esercitando il potere che in via sussidiaria gli riconosce lo stesso art. 1657 c.c., per il caso, riconosciuto come sussistente, della mancanza di tariffe esistenti, mentre non risulta che abbiano formato oggetto di contestazione in appello i criteri (solo genericamente affermati dal ricorrente) per la determinazione del valore delle opere male eseguite.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 1661 c.c., e l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione;

egli sostiene che la Corte di Appello non avrebbe chiarito se ha condiviso la sentenza del giudice di prime cure relativamente all’individuazione delle opere aggiuntive e, ove non le avesse riconosciute integralmente, avrebbe violato l’art. 1661 c.c., per il quale tutte le opere aggiuntive dovevano essere pagate.

2.1 Il motivo è inammissibile perchè la censura è formulata su un presupposto ipotetico, nè, d’altra parte, risulta che la Corte di Appello abbia limitato il diritto al compenso solo per alcune e non per tutte le opere aggiuntive.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 116 c.p.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e travisamento della prova: egli sostiene:

– che i vizi di esecuzione dell’opera appaltata, accertati dal consulente, non corrispondevano ai vizi denunciati dal committente o rispetto ai quali era intervenuto riconoscimento; pertanto, per la decadenza prevista dall’art. 1667 c.c., il committente non poteva far valere la garanzia non avendo tempestivamente denunciato quei vizi;

– che il giudice di appello avrebbe frainteso le testimonianze ritenendo che i testi avessero riferito in ordine ai vizi o denunciati dal committente o riconosciuti dall’appaltatore, mentre avevano riferito sulla contestazione e il riconoscimento di vizi diversi.

3.1 Il motivo è infondato perchè i testi riferiscono di una contestazione ad ampio raggio che non esclude i difetti accertati dal CTU (v. i riferimenti alle porte, ai pavimenti e alle pareti che implicitamente ricomprendono le maioliche scheggiate o erroneamente posizionate, le porte danneggiate, il ripristino della cameretta per i ragazzi), conformemente, del resto, alla contestazione effettuata con la raccomandata del 12/10/1998 di cui il controricorrente trascrive l’integrale testo e nella quale si faceva anche espresso riferimento alle maioliche danneggiate.

4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente, in quanto soccombente, al pagamento delle spese liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna R.F. a pagare a C.L. le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in Euro 1.100,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2012

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