Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
E. e R.F.R.V., promittenti venditori di un terreno sito in (OMISSIS), convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Avellino, S.P., promissario acquirente, per sentir dichiarare la risoluzione del preliminare di vendita per inadempimento di quest’ultimo all’obbligazione di pagare il saldo prezzo, e per il risarcimento del danno da occupazione del fondo.
Il convenuto resisteva in giudizio proponendo domanda riconvenzionale di esecuzione in forma specifica del contratto, ai sensi dell’art. 2932 c.c., previa riduzione del prezzo in quanto il terreno era risultato intercluso e una porzione di esso di circa 400 mq. era stata espropriata per pubblica utilità, sicchè l’estensione di terreno trasferibile era inferiore a quella promessa.
Il Tribunale accoglieva la domanda riconvenzionale e rigettava quella principale.
Adita dai R., la Corte d’appello di Napoli, pronunciandosi nei confronti delle eredi di S.P. – Mi., M. e S.A., nonchè C.F. – ribaltava la decisione di primo grado, con sentenza pubblicata l’8.5.2006. Riteneva la Corte territoriale che la promessa vendita dovesse considerarsi a corpo e non a misura, con la conseguenza che la minor estensione del terreno, per effetto dell’espropriazione di mq. 400 su di un totale di 10.320 mq. costituenti l’estensione del fondo, era irrilevante in quanto inferiore alla frazione di 1/20, che ai sensi dell’art. 1538 c.c. costituisce il limite al di sotto del quale non è ammessa la riduzione del prezzo di vendita. Giudicava, inoltre, inesistente la dedotta interclusione del terreno, vertendosi, invece, in fattispecie d’interclusione relativa, dovuta al fatto che la strada che avrebbe dovuto servire il fondo in oggetto si presentava, all’epoca dell’accertamento del c.t.u., come impraticabile e impercorribile soltanto a causa della fitta vegetazione e del terreno detritico che ne ostruiva il transito. Tale giudizio, che era stato formulato a distanza di molti anni dalla stipulazione del preliminare, di guisa che non vi era prova dello stato dei luoghi in allora, non era contraddetto, proseguiva la Corte d’appello, dal fatto che detta strada fosse stata dismessa dal comune di (OMISSIS). Sebbene lo stesso ufficio tecnico comunale avesse precisato al riguardo che la strada era stata abbandonata per la folta vegetazione anche arborea che ne ricopriva il tracciato, non più rilevabile in loco, non era stato adottato alcun provvedimento di dismissione. Infine, quanto al risarcimento del danno da occupazione del fondo oggetto del contratto preliminare, danno che riteneva in re ipsa, la Corte partenopea richiamava la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il promissario acquirente che, immesso nel possesso del bene, non adempia l’obbligazione di pagamento del prezzo, risponde dei danni da occupazione dell’immobile, divenuta sine titulo a seguito della risoluzione.
Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Mi., M. e S.A., in proprio e quali eredi dell’altra appellata, C.F., formulando tre articolati motivi d’impugnazione.
Resistono con controricorso E. e R.F.R. V..
Motivi della decisione
1. – Il primo motivo d’annullamento, col quale è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt.1051, 1052, 1453 e segg., art. 1490 e segg., artt. 2697 e 2932 c.c., nonchè degli artt. 99, 116, e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, mette capo ai seguenti vari quesiti di diritto:
"Per configurare la situazione di interclusione del fondo oggetto di preliminare di vendita, rilevante ai fini della domanda di adempimento in forma specifica ex art. 2932 c.c. e di riduzione del prezzo ex artt. 1490 e 1492 c.c., è necessario che la strada pubblica di accesso al fondo sia stata formalmente dismessa dalla pubblica amministrazione o è sufficiente che essa risulti, in via non transitoria, per una durata incerta, e, comunque, non breve, dismessa di fatto dalla pubblica amministrazione?" (primo quesito);
"Proposta azione di adempimento in forma specifica di contratto preliminare di vendita di immobile e contestuale actio quanti minoris, ove si assuma quale vizio l’interclusione relativa del bene, spetta all’attore l’onere della prova dell’inesistenza, al momento della stipula del contratto preliminare, di un accesso al fondo dalla via pubblica di fatto non praticabile o spetta al convenuto l’onere della prova che tale accesso era in quel momento perfettamente agibile?" (secondo quesito);
"Viola gli artt. 2697 e 2729 c.c. il giudice che ometta di prendere in esame quanto emergente dai documenti prodotti in causa (atti pubblici e scrittura privata) che non indicano, tra i confini del fondo promesso in vendita, la strada comunale che viene assunta come confinante e come accesso di fatto praticabile?" (terzo quesito).
2. – Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1538 c.c., (art. 360 c.p.c., n. 3) e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5), formulando i seguenti quesiti:
"E’ Vendita a corpo o a misura quella in cui i confini del bene immobile vengono indicati nell’atto al fine di determinare l’esatta estensione dello stesso per la determinazione del prezzo?" (primo quesito);
"L’avvenuta pubblicazione nelle forme di legge dei decreto di espropriazione per pubblica utilità di una parte del bene promesso in vendita induce conoscenza dello stesso da parte del proprietario ed integra l’ipotesi di dolo escludente l’applicazione dell’ari. 1538 c.c.?" (secondo quesito).
3. – Col terzo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 1385 c.c., dell’art. 1453 c.c. e segg. e art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5), concludendosi col seguente quesito:
In caso di risoluzione del contratto preliminare di vendita per inadempimento del promesso acquirente che abbia avuto il possesso del fondo al momento della stipula, il danno è in re ipsa, in conseguenza della pura e semplice detenzione sine titulo ab origine dell’immobile, o deve essere provato dal promittente venditore?.
4. – Parte controricorrente eccepisce l’inammissibilità dell’intero primo motivo in quanto il ricorso, pur avendo investito tutte le rationes decidendi della sentenza, non ha tradotto in apposito quesito se l’interclusione relativa del fondo integri di per sè un vizio redibitorio del fondo promesso in vendita, in applicazione analogica dell’art. 1051 c.c..
4.1. – L’eccezione è priva di fondamento, in quanto la sentenza impugnata non ha affermato che l’interclusione relativa del fondo non costituisce vizio della cosa promessa in vendita, ma ha implicitamente presupposto il contrario, lì dove ha escluso che nello specifico l’interclusione stessa potesse considerarsi assoluta, ritenendola soltanto relativa e dovuta alla circostanza di fatto che il pregresso tracciato stradale che avrebbe dovuto servire il fondo promesso era impraticabile perchè interamente ostruito da fitta vegetazione e accumulo di terreno detritico.
5. – Il primo motivo è fondato nei termini e nei limiti che seguono.
Come si ricava dal sistema degli artt. 1051 c.c. e segg., che disciplinano il passaggio coattivo, la dotazione di un accesso al fondo, idoneo al relativo uso civile, agricolo o industriale, costituisce una qualitas fundi da cui dipende il normale godimento del bene, tanto da legittimare l’imposizione coattiva della servitù di passo. Trattandosi di un requisito da considerare come proprio della res, deve coerentemente dedursi che in caso di alienazione il venditore ne assuma la relativa garanzia, secondo la destinazione negoziata del bene, in quanto effetto naturale del contratto in base alle regole dettate dagli artt. 1490 c.c. e segg..
Al pari di ogni altra garanzia, anche quella di accessibilità al fondo deve essere assicurata in concreto dalla parte venditrice, la quale non può sottrarvisi ascrivendo l’interclusione (assoluta o relativa) a forza maggiore o fatto del terzo. Tale apprezzamento deve essere condotto a) avendo riguardo alla situazione concreta ed effettiva del fondo, in quanto per sua stessa definizione concreto ed effettivo è l’interesse che l’acquirente deduce in contratto, nessun vantaggio potendosi trarre dalla mera potenzialità di un accesso (che a tale stato ricorre per ogni fondo) il quale, però, sia di fatto impraticabile; e b) in senso oggettivo, cioè indipendentemente dalla colpa del venditore e per il solo fatto del trasferimento di un bene affetto da difformità che lo rendano inidoneo all’uso cui è destinato o che ne diminuiscano in misura apprezzabile il valore (cfr., in generale, sul carattere oggettivo della garanzia nella vendita, Cass. n. 8338/98). Pertanto, ove l’accesso alla pubblica via sia costituito da una strada comunale dismessa e in stato tale da non poter più servire all’uso pregresso, non ha rilievo, ai fini in parola, che l’ente proprietario non abbia mai adottato un provvedimento formale di declassificazione, circostanza, quest’ultima, che rileva a fini pubblicistici, ma che è del tutto inidonea ad escludere, quanto alla garanzia in parola, l’effettiva interclusione del fondo alienato.
5.1. – Nello specifico, la sentenza impugnata mostra di essere incorsa nel duplice errore di aver valutato in senso astratto l’interclusione o non del fondo, e di aver escluso l’operatività della relativa garanzia attribuendo rilievo, nel rigettare la domanda riconvenzionale proposta dal S., alla circostanza che l’impraticabilità dell’accesso al fondo dipendeva dallo stato di abbandono in cui versava la via pubblica, dismessa di fatto ma non di diritto dal comune di (OMISSIS), che non aveva adottato alcun provvedimento formale di declassificazione.
La decisione che ne è derivata è, pertanto, viziata per violazione dell’art. 1490 c.c. sotto entrambi i profili ridetti.
6. – Il secondo motivo, invece, non può essere accolto.
6.1. – Il primo quesito deve ritenersi inammissibile, poichè si limita a riprendere l’orientamento di questa Corte in tema di differenza tra vendita a corpo e vendita a misura, senza tuttavia specificare in qual modo la sentenza impugnata – che pure l’ha correttamente richiamato – se ne sarebbe discostata tradendone il senso, ovvero omettendo gli accertamenti necessari in punto di fatto.
6.2. – Il secondo quesito, invece, mal cela la sostanziale sollecitazione di un sindacato di merito (la possibilità di desumere il dolo del venditore dalla pubblicazione nelle forme di legge del decreto di esproprio di una porzione del terreno venduto a corpo) incompatibile con i limiti interni del controllo di legittimità, poichè non specifica in quale sua parte la motivazione della sentenza impugnata sarebbe intrinsecamente viziata per omissione, insufficienza o illogicità.
7. – L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame della terza, logicamente subordinata, censura.
8. – Sulla base delle considerazioni svolte la sentenza impugnata va cassata in relazione al solo motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, che deciderà il merito attenendosi ai principi di diritto su esposti e provvederà, altresì, in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, rigettato il secondo e assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 marzo 2012.
Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2012
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