Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 02-07-2012) 12-09-2012, n. 34977

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Napoli, in sede di esame delle richieste di prova formulate nel dibattimento a carico di P.A. rigettava la richiesta del Pubblico Ministero di procedere alla trascrizione delle conversazioni telefoniche in cui figurava come interlocutore il P., membro della Camera dei deputati, osservando che, pur se astrattamente utilizzabili in quanto di tipo meramente "casuale" o "fortuito", organo funzionalmente competente a richiedere l’autorizzazione alla Camera ai fini della loro utilizzazione, in base alla L. 20 giugno 2003, n. 140, art. 6, comma 2, era esclusivamente il Giudice per le indagini preliminari, che però nel caso di specie non si era in tal senso attivato.
Ne derivava, ad avviso del Tribunale, che, superatasi ormai la fase delle indagini preliminari, ad esso non spettava nè di procedere ad alcun vaglio circa la rilevanza probatoria del contenuto delle intercettazioni, nè di richiedere alla Camera un’autorizzazione "postuma", potendosi in sede dibattimentale esclusivamente procedere alla trascrizione di intercettazioni di cui era stata già richiesta e ottenuta dal G.i.p. l’autorizzazione alla loro utilizzazione.
2. Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, denunciando l’abnormità del provvedimento, osservando, da un lato, che la valutazione del Tribunale di non essere legittimato a stabilire la rilevanza del materiale di cui si chiedeva l’acquisizione si poneva in contrasto con il principio generale dell’ordinamento processuale che affida ad ogni giudice investito del procedimento di stabilire la rilevanza dei mezzi di prova indicati dalle parti; dall’altro che il riferimento fatto dalla L. n. 140 del 2003, art. 6 al Giudice per le indagini preliminari non poteva certamente essere inteso nel senso che fosse precluso ad altro successivo organo giudiziale di chiedere alla Camera di appartenenza del parlamentare inquisito l’autorizzazione all’utilizzo processuale delle intercettazioni "fortuite", a pena di una inconcepibile irrimediabile perdita di una prova.
3. Hanno depositato memoria i difensori di P.A., avvocati C. Di C. e G. D., sostenendo la inammissibilità del ricorso, non potendosi ravvisare nel provvedimento impugnato alcun carattere di "abnormità", nel senso che di tale nozione è stata più volte definita dalla giurisprudenza, e trattandosi anzi di provvedimento perfettamente aderente al dettato normativo in tema di autorizzazione alla utilizzazione delle intercettazioni riguardanti un parlamentare, che deve essere sollecitata esclusivamente dal G.i.p. entro un ben determinato termine.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile, essendo rivolto contro un provvedimento che, indipendente dalla valutazione della sua ortodossia giuridica, non è impugnabile, nè formalmente nè in quanto affetto da abnormità.
2. Come esattamente osservato dal Procuratore generale requirente, le ordinanze adottate dal giudice in sede di decisione sulle richieste di ammissione di prove o in genere di attività istruttorie, non ricadono entro la cornice, relativa ai provvedimenti impugnabili, definita dall’art. 568 c.p.p., comma 2.
3. Simili provvedimenti, appartengono eminentemente ai poteri del giudice del dibattimento, a norma del l’art. 495 cod. proc. pen., sicchè di essi non può predicarsi alcuna abnormità di tipo "strutturale".
4. Essi, inoltre non possono dirsi, nè in astratto nè con riferimento alla fattispecie concreta, produttivi di alcuno "stallo" processuale (cd. abnormità "funzionale"), dato che l’istruzione dibattimentale procede regolarmente nel suo corso secondo i confini tracciati dai giudice, essendo del tutto irrilevante, ai fini della nozione di abnormità, che essi possano essere erronei in quanto fondati su una non corretta applicazione delle norme sostanziali o processuali.
5. Eventuali vizi della decisione adottata ai sensi dell’art. 495 cod. proc. pen. si riverberano sulla sentenza, che è impugnabile a termini di legge da chi vi abbia interesse.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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