Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 02-07-2012) 12-09-2012, n. 34965

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 4 giugno2009, il Tribunale di Napoli condannava R.S. alla pena di anni 22 di reclusione, oltre alle pene accessorie, in quanto responsabile dei seguenti reati.
A) del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 essendosi associato con altre persone anche di nazionalità straniera allo scopo di commettere delitti in materia di traffico di stupefacenti del tipo cocaina, svolgendo in particolare il ruolo di contattare i fornitori stranieri, di concordare il quantitativo e il prezzo delle sostanze e di organizzare l’ingresso in Italia dei corrieri (in (OMISSIS), sino al (OMISSIS)).
C) del reato di cui all’art. 110 cod. pen., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè in concorso con M.B. e altri, introduceva nel territorio dello Stato kg. 1,827 di cocaina, sottoposti a sequestro (in (OMISSIS)).
D) del reato di cui all’art. 110 cod. pen., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè in concorso con D.G. e altri, tra cui tale " Ro.", introduceva nel territorio dello Stato un quantitativo imprecisato di cocaina (in (OMISSIS)).
2. A seguito di impugnazione dell’imputato, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riconosciute le attenuanti generiche, riduceva la pena ad anni quindici di reclusione, confermando nel resto.
Osservava la Corte di appello che le prove della responsabilità dell’imputato derivavano da conversazioni telefoniche intercettate, da servizi di osservazione e di pedinamento e, quanto al capo B, dal sequestro del quantitativo di cocaina.
Con specifico riferimento alla invocata attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 7, rilevavano i giudici di appello che pur avendo l’imputato ammesso parte degli addebiti, le sue dichiarazioni anche se "improntate a cauta apertura, non avevano raggiunto i livelli collaborativi richiesti dalla norma".
3. Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore avv. A. S., che deduce i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 7, essendosi la Corte di appello limitata sul punto ad osservare genericamente che le dichiarazioni rese dall’imputato, ancorchè "improntate a cauta apertura", non avevano raggiunto i livelli collaborativi richiesti dalla norma, senza esplicitare in concreto in cosa consistesse il deficit di collaborazione ravvisato.
3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione di responsabilità penale per il reato di cui al capo D, trattandosi di un’operazione di importazione che sarebbe stata concordata con tale Ro., marinaio imbarcato su nave equadoregna, il quale peraltro, giunto al porto di Salerno, non era sbarcato, non effettuando alcuna consegna di stupefacente, il quale anzi, secondo il teste Ten. P., della G. di F., era stata da lui precedentemente ceduto in una località della Spagna. Da ciò era ricavabile che il Ro. aveva in realtà posto in essere una condotta truffaldina nei confronti di chi lo attendeva in (OMISSIS).

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato o per altri versi inammissibile.
2. Non può essere preso in considerazione il motivo concernente il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 74, comma 7, cit. T.U. stup., dal momento che questa questione non ha formato oggetto dei motivi di appello.
3. Contro l’affermazione della responsabilità penale in ordine al capo D il ricorrente muove censure in fatto, non esaminabili in sede di legittimità, a fronte di una motivazione adeguata e convincente resa nella sentenza di appello.
Nella sentenza si pone infatti in rilievo che sicuri elementi di responsabilità a carico del R. si ricavavano dal contenuto di intercettazioni telefoniche e dai servizi di osservazione di p.g., dai quali era emerso che il ricorrente, in concorso con il cognato D.G., aveva raggiunto un accordo con trafficanti sudamericani per il trasporto in Italia di un quantitativo di cocaina, operato effettivamente con una nave equadoregna;
quantitativo che non venne poi consegnato solo perchè il marinaio incaricato della consegna, tale Ro., aveva notato la presenza nel porto di forze di polizia.
Ineccepibilmente è stato osservato che costituiva una mera prospettazione dell’imputato il fatto che la droga fosse stata già precedentemente consegnata in Spagna, e che comunque tale ipotesi non valeva a fare sfuggire il R. da responsabilità penale, dal momento che il reato si era già consumato con il raggiungimento dell’accordo circa la consegna del quantitativo di cocaina, nulla rilevando evenienze successive che avevano impedito la traditio.
4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si ritiene equo determinare in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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