Cass. civ. Sez. III, Sent., 17-07-2012, n. 12236 Responsabilità civile Atto introduttivo del giudizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1.- Alle (OMISSIS) il (OMISSIS) ing. I. R. morì nell’incidente stradale nel quale fu coinvolta l’autovettura sulla quale viaggiava come passeggero, condotta dal cugino I.C. di proprietà dell’Autoservizi Maggiore s.p.a., dalla quale era stata presa a noleggio quello stesso giorno.

Il veicolo si schiantò contro il guard rail, il passeggero fu sbalzato fuori dall’abitacolo e fu quindi travolto da un sopraggiungente autotreno.

Nel febbraio del 1991 i quattro figli del defunto (l’ultimo rappresentato dalla madre in quanto minore) agirono giudizialmente per il risarcimento nei confronti del conducente, della società proprietaria e della Tirrena s.p.a., assicuratrice del mezzo, poi posta in liquidazione coatta amministrativa.

I convenuti resistettero. Venne chiamata in giudizio la Ras s.p.a., quale impresa designata dal FGVS a seguito della disposta liquidazione della Tirrena.

Con sentenza n. 1127 del 17.4.2002 l’adito tribunale di Foggia, accertata l’esclusiva responsabilità del conducente C. I., condannò quest’ultimo, in solido con Autoservizi Maggiore e con la RAS (per quest’ultima nei limiti del massimale di legge, maggiorato di accessori) al pagamento della complessiva somma di Euro 309.974,14 (equivalenti a L. 600.000.000, di cui 440.000 per danno patrimoniale e L. 160.000.000 per danno morale).

2.- La Corte d’appello di Bari, decidendo con sentenza n. 28/08 del 14.1.2008 sul gravame degli attori in ordine all’entità del danno riconosciuto, cui avevano resistito I.C. ed il commissario liquidatore della Tirrena, ha accolto parzialmente l’appello e, dichiarata la contumacia di "Autoservizi Maggiore s.p.a., ora Maggiore Rent s.p.a. e/o Maggiore Fleet s.p.a." ha elevato ad Euro 630.282,00, alla stregua dei valori monetari della data della decisione, l’importo complessivamente liquidato, aumentandolo sia nella componente patrimoniale che in quella non patrimoniale.

3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione Maggiore Rent s.p.a., articolando nove motivi, cui resistono con controricorso G., S., F. e I.M.C., che propongono ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo illustrato anche da memoria.

Al ricorso incidentale resiste con controricorso I.C., che propone a sua volta ricorso incidentale basato su tre motivi.
Motivi della decisione

Il ricorso principale di Maggiore Rent s.p.a..

1.- Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 84, 170 e 292 c.p.c. e dell’art. 2506 bis c.c., dolendosi che l’appello non sia stato dichiarato inammissibile benchè notificato il 28.11.2002 al difensore di Autoservizi Maggiore s.p.a. che il 20.12.2000 aveva mutato la propria denominazione sociale in Maggiore s.p.a., il 23.10.2001 aveva trasferito parte del proprio patrimonio a Maggiore Holding e parte a Maggiore Rent. Il 19.12.2001 la Maggiore s.p.a. aveva poi mutato la propria denominazione in Maggiore Fleet s.p.a..

Afferma che a seguito della scissione societaria la notificazione avrebbe dovuto effettuarsi al nuovo soggetto e non al difensore di quello estintosi, ormai privo di ius postulandi per intervenuta estinzione del mandante e conseguentemente del mandato.

1.1.- Il motivo è infondato, essendo affermato in ricorso (pag. 6, nona riga) che, in primo grado, la causa fu trattenuta in decisione il 22.3.2002, quando tutti gli eventi cui s’è riferito il ricorrente si erano già verificati (e non si afferma che siano stati anche dichiarati o notificati), sicchè la fattispecie rimase regolata dall’art. 300 c.p.c. SU n. 19509/2010, inoltre, hanno addirittura stabilito il principio dell’indifferenza, ai fini della validità della notifica dell’impugnazione al procuratore della società costituita, dell’estinzione della società convenuta che si sia verificata anche successivamente alla chiusura della discussione (o alla scadenza del termine di deposito delle memorie di replica), se l’impugnante non abbia avuto notizia dell’evento modificatore della capacità della giuridica mediante notificazione.

2.- Col secondo motivo è denunciata "inammissibilità dell’appello per irregolarità della notifica dell’atto di appello" per essere stata consegnata una sola copia dell’atto, benchè nella relata gli appellanti avessero indicato come parti "Autoservizi Maggiore s.p.a., ora Maggiore Rent s.p.a. e/o Maggiore Fleet s.p.a. E’ evocato il principio enunciato da SU n. 9859/97.

2.1.- Il motivo è infondato in quanto SU n. 29290/08, a composizione dell’insorto contrasto, hanno enunciato l’opposto principio che è sufficiente la notificazione di una sola copia dell’atto.

3.- Col terzo motivo la sentenza è censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., n. 4, per non avere la Corte territoriale rilevato la nullità dell’atto di citazione in primo grado per mancata esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda.

3.1.- La censura è inammissibile per non essere stata la questione proposta in appello, sicchè l’esame ne è in questa sede precluso.

4.- Col quarto, quinto, sesto e settimo motivo (quest’ultimo erroneamente rinumerato col n. 6 a pag. 19 del ricorso) – che possono congiuntamente esaminarsi in relazione alla connessione che li connota – è prospettata la nullità della sentenza, rispettivamente, "per mancata o non corretta individuazione di una delle parti in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 2, e all’art. 156 c.p.c., n. 2 ", e "per irregolare instaurazione del contraddittorio", in relazione all’art. 156 c.p.c." e per "omessa motivazione".

La ricorrente sostiene:

che l’individuazione della convenuta in "Maggiore Rent s.p.a. e/o Maggiore Fleet s.p.a." crea incertezza sulla parte coinvolta nel rapporto e rende dunque la sentenza inidonea al raggiungimento del suo scopo (certezza dei rapporti giuridici ed attitudine a fare stato);

– che il contraddittorio non si è correttamente incardinato nei confronti di una delle società, (art. 101 c.p.c.) che mai, prima della sentenza, aveva avuto conoscenza del giudizio in corso, con conseguente invalidità della dichiarazione di contumacia;

– che il dispositivo non è idoneo ad individuare il soggetto passivo dell’obbligazione;

– che in sentenza nulla è detto sull’iter logico che ha indotto la Corte d’appello alla condanna di "Maggiore Rent s.p.a. e/o Maggiore Fleet s.p.a.".

4.1.- I motivi sono inammissibili.

La ricorrente Maggiore Rent s.p.a. non afferma di non essere la società cui è stato trasferito il rapporto in questione a seguito della scissione di cui dice in ricorso (e della quale s’è riferito sopra, sub 1) . E questa è la sola ipotesi in cui avrebbe interesse a dolersi della pronuncia emessa nei suoi confronti, essendo del tutto evidente la carenza di interesse a muovere censure in ordine alla condanna altrui. Ma tanto non sostiene in ricorso (nel quale non è punto chiarito quale sia la società titolare del rapporto ex latere debitoria), così precludendo alla Corte di apprezzare la sussistenza del suo interesse alla doglianza. Anzi, il fatto stesso che abbia mosso alla sentenza censure ulteriori autorizza inferenze di segno contrario.

E’ stato d’altronde chiarito che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo. Ne consegue che, ove il ricorrente non indichi lo specifico e concreto pregiudizio subito, l’addotto errore non acquista rilievo idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata (Cass., n. 18635/2011).

5.- Con l’ottavo motivo (che reca il numero 7 a pag. 22 del ricorso) è denunciato vizio di ultrapetizione per essere stato riconosciuto ai figli del defunto il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, impropriamente qualificato dagli appellanti attori come danno biologico.

5.1.- La censura è infondata.

In nessuna delle tre sentenze citate dal ricorrente (Cass., nn. 2546/07, 13546/06 e 6572/06) si afferma che la mera, erronea qualificazione di un tipo di pregiudizio (nella specie da perdita del rapporto parentale) ne comporta l’irrisarcibilità per essere la domanda di risarcimento estranea al petitum. E’ stato invece reiteratamente chiarito che non la qualificazione formale viene in rilievo ma la natura e le caratteristiche del pregiudizio stesso.

Se, dunque, il pregiudizio da morte del congiunto sia stato prospettato o addirittura sia insito nelle caratteristiche della fattispecie di cui costituisca conseguenza naturale, non rileva (segnatamente prima delle chiarificazioni operate da Cass., nn. 8828 e 8827 del 2003 e da SU nn. 26972 e ss. del 2008) quale sia stata la sua qualificazione formale: biologico, morale, esistenziale o da perdita o limitazione nel godimento del rapporto parentale. Ciò che conta è che di quel tipo di pregiudizio possa dirsi essere stato domandato il risarcimento e che possa escludersi che il tema di indagine sia stato fuorviato dall’erronea qualificazione offertane dal richiedente.

Nel caso in esame la ricorrente non afferma che, a causa dell’impropria qualificazione (in un atto di citazione del 1991) di quel tipo di danno come "biologico", siano state impedite valutazioni prognostiche di carattere presuntivo per non essere stati offerti elementi obiettivi di valutazione quali l’intensità del vincolo familiare, la situazione di convivenza, la consistenza del nucleo familiare, le abitudini di vita, l’età della vittima e dei singoli superstiti, la compromissione delle esigenze di questi ultimi (cfr., ex multis, Cass., n. 15022/05, citata in sentenza).

6.- Col nono motivo (contrassegnato dal n. 8 a pag. 25 del ricorso) è da ultimo dedotta falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.:

a) per essere stata la condanna della Maggiore Rent s.p.a.

pronunciata sull’erroneo presupposto che essa fosse solidalmente obbligata come proprietaria del veicolo condotto da C. I.; e così non era, poichè il defunto I.R. aveva egli stesso noleggiato il veicolo in aeroporto, impegnandosi alla guida personale dell’automezzo, com’era documentalmente provato in atti, sicchè il veicolo aveva circolato contro la volontà del proprietario;

b) essendo il danno una conseguenza dell’illecito, il danno "esistenziale" (ma, recte, da perdita del rapporto parentale) si sarebbe dovuto specificamente provare, dovendo escludersi che sia una conseguenza necessaria della lesione fisica subita dal danneggiato.

6.1.- Il primo profilo di censura è inammissibile, trattandosi di questione non fatta oggetto di appello incidentale, non sottoposta alla Corte territoriale e dunque preclusa in questa sede: la stessa ricorrente afferma in ricorso (a pagina 6, in fine) che "secondo il giudice di prime cure, inoltre, era insostenibile l’eccezione relativa all’inadempimento contrattuale del sig. I.R., per aver consentito la guida al cugino I.C.; la mancanza del documento al momento della decisione non consentiva una migliore disamina di tale questione".

Il secondo è manifestamente infondato per le ragioni esposte sub 5.1.

B) Il ricorso incidentale dei fratelli I..

7.- I ricorrenti deducono falsa applicazione degli artt. 2043, 2059, 456, 556 c.c., artt. 2 e 32 Cost. per non essere stato loro riconosciuto, iure hereditario, il danno da perdita della vita, da considerarsi entrato a far parte del patrimonio del defunto.

1.1.- Il motivo è manifestamente infondato.

Tutti gli argomenti addotti dai ricorrenti sono stati reiteratamente disattesi da questa Corte, nè sono prospettate ragioni che possano indurre ad un mutamento del consolidato indirizzo secondo il quale, benchè il diritto alla vita sia sicuramente il primo tra tutti i diritti inviolabili dell’uomo e sia in ogni contesto e con le più variegate modalità ampiamente garantito, esso non è tuttavia suscettibile di essere tutelato, quando è leso da terzi che provochino la morte di chi ne è titolare, a favore dello stesso soggetto che lo abbia perso, appunto morendo; e va invece tutelato direttamente in capo ai congiunti, mediante il riconoscimento di tutti i vari tipi di pregiudizio non patrimoniale che siano loro derivati (cfr., ex plurimis, Cass., n. 6754/2011, che affronta ex professo l’intera tematica).

C) Il ricorso incidentale di I.C..

8.- Col primo e col secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112 e 329 c.p.c. sono mosse alla sentenza censure sostanzialmente analoghe a quelle di cui all’ottavo motivo del ricorso principale; col terzo motivo è subordinatamente denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., art. 2043 c.c. e art. 32 Cost., art. 2059 c.c. e artt. 2, 29 e 30 Cost..

Ribadita la differenza dei pregiudizi rispettivamente qualificati come danno biologico, danno morale e danno da perdita del rapporto parentale, il ricorrente sostiene che le richieste degli attori non consentivano in alcun modo di ritenere che essi avessero richiesto il risarcimento di pregiudizi diversi da quelli sussumibili nell’ambito del danno biologico e del danno morale.

8.1.- I tre motivi – congiuntamente scrutinabili poichè vertono sulla stessa questione – vanno disattesi per le stesse ragioni sopra esposte sub 5.1.

E’ solo opportuno soggiungere che, segnatamente per gli atti giudiziari redatti in epoca antecedente agli arresti giurisprudenziali del 2003, quando cioè non era stato ancora enucleato il tipo di pregiudizio espresso dal sintagma "danno da lesione del rapporto parentale", le richieste giudiziali di risarcimento del danno c.d. "biologico" e "morale" semanticamente esaurivano l’ambito applicativo del danno non patrimoniale. Ma tanto non significa affatto – ovviamente – che quel tipo di pregiudizio non esistesse, nè che di esso i danneggiati non intendessero essere indennizzati: più semplicemente si riteneva che dovesse ricomprendersi in quello morale o in quello lato senso biologico, l’elaborazione del cui significato, portata e sussumibilità nell’ambito applicativo dell’art. 2059 c.c. pure ha richiesto tempi non brevi. E se è certo che un danno non può essere risarcito se il risarcimento non sia stato domandato, quante volte tuttavia il tipo di pregiudizio sia intrinsecamente connesso alla situazione data (com’è certamente per la perdita del padre da parte dei giovani figli), non rileva affatto quale sia il nome iuris che la parte gli abbia originariamente assegnato, potendo esso ben essere diversamente qualificato dal giudice, a sua volta peraltro tenuto ad evitare duplicazioni risarcitorie indennizzando due volte il medesimo pregiudizio solo in ragione della diversa denominazione che ne abbia dato.

Nella specie la Corte d’appello ha non irragionevolmente ritenuto in relazione all’epoca della domanda che il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale fosse stato "impropriamente all’epoca qualificato dagli attori appellanti come danno biologico" (come affermato in sentenza a pag. 7, penultimo capoverso) e lo ha liquidato, in una al danno morale soggettivo, assumendo valori di riferimento ampiamente inferiori a quelli delle tabelle milanesi (così la sentenza impugnata a pag. 8, ancora penultimo capoverso); inoltre correttamente assumendo come parametri valutativi l’età dei quattro figli (di (OMISSIS) anni) e del padre ((OMISSIS)), la loro convivenza col padre stesso, la consistenza del nucleo familiare (inizio di pag. 9 della sentenza).

Conclusioni:

9.- I tre ricorsi riuniti sono conclusivamente respinti.

Alla reciproca soccombenza consegue la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE pronunciando sui ricorsi riuniti, li rigetta e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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