Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-07-2012) 30-07-2012, n. 31034 Scarcerazione per decorrenza termini

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 29/11/2011 il Tribunale di Perugia, pronunciando ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., respingeva l’appello avanzato da C.A. avverso l’ordinanza con cui la Corte di Assise di Appello di Perugia aveva rigettato l’istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare.

C., in stato di custodia cautelare da 24/8/2007 per il reato di omicidio volontario aggravato, era stato condannato alla pena di anni trenta di reclusione dal G.U.P. del Tribunale di Pesaro; la Corte di Assise di Appello di Ancona aveva ridotto la pena inflitta ad anni diciotto e giorni quaranta di reclusione escludendo l’aggravante di cui all’art. 577 cod. pen., comma 1, n. 3; la Corte di Cassazione, con sentenza del 30/11/2010, aveva annullato la sentenza d’appello con rinvio alla Corte d’assise di appello di Perugia.

Il Tribunale di Perugia riteneva, conformemente all’ordinanza appellata, che, poichè l’annullamento della sentenza d’appello era avvenuto su profili che attengono alla pena (vizio parziale di mente, circostanze attenuanti generiche, recidiva e determinazione della pena), sull’affermazione di responsabilità dell’imputato si era formato il giudicato, con la conseguenza che, in base al richiamo dell’art. 303 cod. proc. pen., comma 1, lett. d), seconda parte, i termini di custodia cautelare erano quelli massimi complessivi stabiliti dall’art. 303 cod. proc. pen., comma 4, e, quindi, nel caso di specie, erano pari a sei anni, non ancora decorsi.

2. Ricorre per cassazione il difensore di C.A., deducendo, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b) ed e) la violazione di legge e l’erronea motivazione con riferimento all’art. 303 cod. proc. pen., comma 1, lett. d). In generale, l’annullamento della sentenza di appello aveva fatto regredire il procedimento al secondo grado di giudizio, cosicchè l’applicazione del termine previsto per il periodo successivo alla pronunzia della sentenza di appello era erronea, dovendo trovare applicazione quanto disposto dall’art. 303 cod. proc. pen., comma 2.

In secondo luogo, il riferimento all’art. 303 cod. proc. pen., comma 1, lett. d), era erroneo in quanto l’annullamento della sentenza di appello aveva riguardato anche il punto del vizio di mente e, quindi, non aveva reso irrevocabile il giudizio di responsabilità, tanto che la perizia ordinata nel giudizio di rinvio avrebbe potuto portare anche al proscioglimento dell’imputato.

Il ricorso conclude per l’annullamento della ordinanza.
Motivi della decisione

1. Con la sentenza n. 9881 del 30/11/2010 questa Corte annullava la sentenza della Corte d’assise di appello di Ancona, che aveva confermato quella di condanna emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pesaro, "limitatamente al vizio di mente, alla recidiva, alle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione della pena".

Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Perugia con l’ordinanza impugnata, l’annullamento con rinvio della sentenza non era affatto limitato alla determinazione della pena, ma riguardava anche il tema dell’imputabilità, come del resto esplicitamente indicato in parte motiva: che l’obbiettivo processuale della difesa dell’imputato fosse (e sia) quella di vedere riconosciuta la propria seminfermità, infatti, non toglie effetto alle considerazioni e alle indicazioni della Corte: "la superficialità con la quale la Corte d’assise di appello ha affrontato il tema dell’imputabilità rende impossibile per questa Corte di legittimità apprezzare autonomamente la consistenza delle contestazioni difensive, imponendo l’annullamento con rinvio, sul punto, della sentenza impugnata";

"resta con ciò assorbito, allo stato, il primo motivo, relativo al mancato espletamento di perizia d’ufficio sulla piena capacità di intendere e di volere dell’imputato": in sintesi, la questione della capacità di intendere e di volere veniva ritenuta non affrontata, tanto da risultare necessario l’espletamento di una perizia di ufficio.

Il tema, quindi, doveva essere affrontato dai Giudici di merito, più che soltanto approfondito, con la conseguenza dell’impossibilità di prevedere, allo stato, l’esito della perizia che il giudice di rinvio avrebbe dovuto espletare.

In definitiva deve correggersi, ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen., l’errore di diritto presente nell’ordinanza impugnata nella parte in cui ritiene sussistere una doppia pronuncia di condanna conforme, per essere stata la sentenza di condanna annullata solo su profili che attengono alla determinazione della pena, atteso che, al contrario, l’annullamento ha riguardato anche il profilo dell’imputabilità, e quindi della responsabilità, dell’imputato.

2. Ciò premesso, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Trova, infatti, applicazione il disposto dell’art. 303 cod. proc. pen., comma 2. In base al quale, nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diversi, dalla data del provvedimento che dispone il rinvio decorrono di nuovo i termini previsti dal comma 1 relativamente a ciascuno stato o grado del processo.

Ne consegue che, dalla data della sentenza di annullamento, decorreva nuovamente il termine di anni uno e mesi se di reclusione di cui all’art. 303 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), n. 3 nella specie applicabile che alla data dell’istanza non era ancora decorso.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod, proc. pen., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2012

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