Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-06-2012) 30-07-2012, n. 30972 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del Riesame di Ancona il 23.03.2012 decideva sull’istanza di riesame proposta dalla difesa di C.M. avverso l’ordinanza con cui in data 3.03.2012 il G.I.P. del Tribunale della stessa città gli aveva applicato la misura della custodia in carcere.

Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione l’indagato, a mezzo del suo difensore, e concludeva chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1) inosservanza ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) dell’art. 128, art. 178, comma 1, lett. b) e art. 321 c.p.p.: nullità dell’ordinanza di applicazione della misura per inesistenza o nullità della richiesta da parte del P.M. siccome priva della certificazione di deposito. Conseguente nullità dell’ordinanza del Tribunale del riesame per non avere rilevato detto vizio. Osservava sul punto il ricorrente che la richiesta di misura cautelare avanzata dal Pubblico Ministero era mancante dell’attestazione di deposito presso la segreteria dello stesso. Parimenti era carente di tale attestazione anche la richiesta di sequestro.

2) Inosservanza ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione agli artt. 309 e 273 c.p.p. per avere il Tribunale ritenuto ammessa l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Manifesta illogicità della motivazione sul punto ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per non avere il Tribunale operato una propria autonoma valutazione sull’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza. In ogni caso inesistenza della motivazione quanto alla disponibilità dello stupefacente rinvenuto in locale non riferibile alla persona dell’indagato.

3) Inosservanza ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione all’art. 273, comma 1, lett. a) e c) per avere il Tribunale del riesame ritenuto sussistenti dette esigenze cautelari. Manifesta illogicità della motivazione sul punto ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per avere il Tribunale omesso di indicare quali circostanze avrebbero consentito di ritenere esistenti le esigenze cautelari di cui sopra.

4) Inosservanza ex art. 626 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), in relazione all’art. 275 c.p.p., commi 1, 2 e 3 e manifesta illogicità della motivazione per avere il Tribunale omesso di indicare per quale ragione nessun’altra misura cautelare sarebbe risultata adeguata.
Motivi della decisione

I proposti motivi di ricorso sono infondati.

Per quanto attiene al primo motivo, si osserva che l’eccezione relativa alla inesistenza o nullità della richiesta di misura cautelare avanzata dal P.M. e della richiesta di sequestro siccome prive della certificazione di deposito presso la segreteria del Pubblico Ministero avrebbe dovuto essere effettuata in sede di riesame e non già soltanto in sede di ricorso per cassazione.

Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, infatti, (cfr, Cass., Sez. 4, Sent. n. 839 del 24.06.1993, Rv.195324) il disposto dell’art. 606 c.p.p., comma 3, che prevede l’inammissibilità del ricorso se proposto per violazione di legge non dedotta con i motivi di appello, è applicabile anche nel caso di mancata deduzione in sede di riesame poichè il relativo procedimento, avendo carattere sostanziale di impugnazione del merito, si presenta equiparabile all’appello.

Questa Corte, peraltro, si è anche recentemente occupata della questione (cfr., Cass., Sez. 2, Sent. n. 38927 del 29.09.2011, Rv.251118) e ha statuito che in tema di misure cautelari, non è causa di nullità o di inesistenza della misura la mancanza di avvenuto deposito presso la segreteria della richiesta del P.M., ove sia desumibile "aliunde" che la richiesta provenga dal P.M. competente in data anteriore all’emissione del provvedimento.

Passando all’esame del secondo motivo, si osserva che lo stesso è infondato in quanto il Tribunale, pur dando atto che l’istanza di riesame riguardava soltanto il profilo delle esigenze cautelari, ha valutato altresì la questione della sussistenza della gravità indiziaria, riportandosi sul punto alle argomentazioni contenute nell’ordinanza applicativa della misura cautelare.

Si osserva a tal proposito che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr, tra le altre, Cass. Sez. 4, Sent. n. 16886 del 20.1.2004, Rv. 227942), al giudice dell’impugnazione è consentito motivare "per relationem" purchè egli si attenga al rispetto di criteri specifici in ossequio ai quali: 1) ogni riferimento risulti ad un atto legittimo del procedimento la cui motivazione sia congrua per rapporto alla propria "giustificazione" verso il provvedimento finale; 2) il decidente sia pienamente a conoscenza delle ragioni del provvedimento di riferimento e risulti che le ritenga coerenti alla propria decisione e le condivida; 3) risulti che l’atto di riferimento sia conosciuto dall’interessato o almeno a lui ostensibile. Correttamente pertanto, nella fattispecie de qua, i Giudici del riesame si sono riportati "per relationem" all’ordinanza applicativa della misura cautelare.

Parimenti infondati sono gli ulteriori motivi di ricorso, in quanto il Tribunale con una motivazione adeguata e congrua ha indicato le ragioni per cui sussistevano le esigenze cautelari di cui all’art. 273, comma 1, lett. a) e c), nonchè i motivi per cui la misura della custodia in carcere appariva la sola adeguata a soddisfarle.

Rilevava infatti il provvedimento impugnato che il C. era stato trovato in possesso di una ingente quantità di sostanza stupefacente e da ciò si poteva desumere che egli fosse in contatto con organizzazioni criminali dedite al traffico di stupefacenti; che egli era infine gravato da due precedenti specifici. In considerazione di tali fatti il Tribunale del riesame riteneva che sussistesse un fondato pericolo di recidiva e che la misura della custodia in carcere fosse l’unica in grado di assicurare l’assenza di contatti del C. con i clienti e i fornitori, al fine di evitare oltre al pericolo di reiterazione di analoghe condotte, anche il pericolo di inquinamento probatorio.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia strasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2012.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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