Cass. civ. Sez. III, Sent., 17-07-2012, n. 12220 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 10-4-97 la Corte di appello di Potenza ha accolto in parte, solo in relazione al motivo di censura sul regolamento delle spese processuali, l’impugnazione proposta da G.D.G. C. e da U.M.V. avverso la sentenza del Tribunale di Lagonegro del 26-6-2001.

La Corte di merito ha confermato la sentenza impugnata in relazione all’accertamento della concorrente responsabilità per un incidente stradale avvenuto fra l’auto guidata da G.D.G.C., responsabile nella misura del 30%, e quella guidata da S. R., di proprietà di S.I., responsabili nella misura del 70%; ha confermato la misura della liquidazione dei danni riportati dai ricorrenti.

Propongono ricorso per cassazione G.D.G.C. e da U.M.V. con cinque motivi illustrati da memoria.

Non presentano difese gli intimati.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denunzia violazione DELL’art. 111 Cost. e artt. 115, 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. e artt. 2043, 2054, 2700, 2697 c.c.. e vizio di motivazione nella prospettazione dei fatti.

Assumono i ricorrenti che la Corte di merito ha erroneamente valutato la deposizione del teste Re. e le risultanze del rapporto della Polstrada.

Formulano il seguente quesito di diritto: se in caso di scontro tra autovetture,la presunzione di corresponsabilità tra le auto coinvolte è una presunzione assoluta, o sussidiaria, come tale da applicare solo se l’istruttoria non ha conseguito il risultato di accertare in concreto la responsabilità dell’uno o dell’altro contraente.

2. Il motivo è inammissibile perchè il quesito formulato non è congruente con la motivazione della sentenza impugnata.

I giudici di merito hanno superato la presunzione di pari responsabilità posta dall’art. 2054 c.c. a carico di entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti nell’incidente ed ha attribuito alla condotta di guida del G. il 30 % di responsabilità, mentre il 70% è stato posto a carico del S..

Il quesito non censura la misura dell’attribuzione di responsabilità dei guidatori come accertata dal giudice di merito, ma richiede l’affermazione del generale principio di diritto che la presunzione di cui all’art. 2054 c.c. può essere superata dalla prova delle effettiva incidenza delle condotte dei guidatori dei veicoli coinvolti nello scontro, che è proprio il principio di diritto a cui la Corte di merito si è attenuta, superando la presunzione di pari responsabilità prevista dalla norma.

3. Il profilo del motivo con cui si denunzia vizio di motivazione è inammissibile per assenza del momento di sintesi.

Si osserva che l’art. 366-bis cod. proc. civ. richiede che la denunzia del vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5 contenga un momento di sintesi, vale a dire una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione. Cass. Sez. Unite n. 16528/2008.

4. Con il secondo motivasi denunzia vizio di motivazione e violazione dell’art. 111 Cost. e artt. 115, 116 c.p.c., dell’art. 132 c.p.c., n. 4 art. 118 disp. att., artt. 2043, 2054, 2700, 2697 c.c..

Assumono i ricorrenti che non è sorretta da adeguata motivazione l’attribuzione della responsabilità dell’incidente anche al G., avendo la Corte dato rilievo probatorio alle espressioni di stile usate dalla Polstrada, non suffragate neanche dai grafici.

Viene formulato il seguente quesito di diritto: se in caso di scontro frontale tra veicoli grava sull’auto che ha superato improvvisamente la mezzeria delimitata dalla striscia bianca la presunzione di responsabilità;

se il conducente che percorreva la strada in rettilineo ,mantenendo la destra, in caso di salto di corsia dell’auto proveniente in senso opposto, è presuntivamente esente da colpa; se del rapporto della polstrada assurgono a prova solo gli accertamenti di fatto e non i giudizi.

5. Il motivo è inammissibile per inadeguatezza del quesito di diritto.

Il quesito formulato non è idoneo ad assolvere alla propria funzione, che è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come a intesi logico – giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare.

Il quesito formulato non individua in che si concretano le violazioni compiute dalla Corte di merito in relazione alle numerose norme elencate nell’intestazione del motivo e non indica le norme invece applicabili, di tal che il suo eventuale accoglimento non consentirebbe a questa Corte di legittimità di enunciare un principio di diritto generalmente applicabile.

6. In relazione al difetto di motivazione non è formulato il prescritto momento di sintesi.

7. Con il terzo motivo i si denunzia vizio di motivazione e violazione dell’art. 111 Cost. e artt. 115, 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att., artt. 2043, 2054, 2700, 2697 c.c. e art. 444 c.p.p..

Assumono i ricorrenti che la Corte di merito ha disatteso la rilevante circostanza che S.R. ha patteggiato la pena per il reato di lesioni colpose.

Denunziano che la Corte ha omesso ogni valutazione in relazione alla circostanza che i S. hanno proposto domanda riconvenzionale in primo grado, non coltivata nel giudizio di appello, dopo il patteggiamento in sede penale, nel quale sono rimasti contumaci.

8. Viene formulato il seguente quesito di diritto: se la sentenza emessa ex art. 444 e 445 c.p.p. dal giudice penale in seguito a patteggiamento della pena costituisce fonte di prova dalla quale il giudice civile può trarre elementi di giudizio.

Se il comportamento delle parti e delle dichiarazioni anche dei difensori costituiscono elementi di prova dai quali i giudice civile può trarre elementi di giudizio ex art. 116 c.p.c..

9. Il motivo è inammissibile per inadeguatezza e genericità del quesito di diritto.

Con il quesito relativo al valore in sede civile della sentenza di patteggiamento in sede penale non viene specificato rispetto a quali circostanze la sentenza penale di patteggiamento può avere rilievo nel giudizio civile, se in relazione alla responsabilità dell’imputato o se in relazione all’accertamento dei fatti e delle modalità dell’incidente.

Anche la seconda parte del quesito è generica, in quanto non individua quali comportamenti della parti e quali dichiarazioni dei difensori avrebbero dovuto essere valutati dalla Corte come elementi di prova.

10. In relazione al difetto di motivazione non è formulato il prescritto momento di sintesi.

11. Con il quarto motivo si denunzia vizio di motivazione e violazione dell’art. 111 Cost. e artt. 115, 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. E artt. 2043 , 2054, 2059 c.c. e L. n. 57 del 2001, art. 5, artt.l38-199 Codice Ass.ni e L. 273 del 2002, art. 23.

Viene formulato il seguente quesito di diritto: se la sentenza emessa ex artt. 444-445 c.p.p. del Giudice Penale in seguito a patteggiamento della pena costituisce fonte di prova per la domanda di danni morali e comunque da accogliere per ogni lesione da fatto illecito anche se non configurante reato.

Se la specificità dei motivi di appello deve seguire formule sacramentali e se la censura relativa ai punti della sentenza è sufficiente per l’ammissibilità dell’appello.

12. Il motivo è inammissibile per genericità dei quesiti.

Nessuno dei due quesiti chiarisce quale norma è stata violata dalla Corte di merito nel negare il risarcimento del danno morale e quale sarebbe stata invece la norma applicabile.

Non viene indicata in base a quale norma la sentenza di patteggiamento dovrebbe essere considerata fonte di prova per il danno morale anche per ogni lesione da fatto illecito non costituente reato.

La seconda parte del quesito non è congruente con la decisione ed esprime un principio tautologico , vale a dire che la censura dei punti della sentenza è sufficiente per la specificità dei motivi di impugnazione, mentre il giudice di merito ha ritenuto non impugnata in modo adeguato la motivazione della sentenza di primo grado per non speicifictà dei motivi.

13. In relazione al difetto di motivazione non è formulato il prescritto momento di sintesi.

14. Con il quinto motivo di denunzia vizio di motivazione e violazione dell’art. 111 Cost. e artt. 112, 115, 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. e artt. 2043, 2054, 2700, 2697 c.c. e artt. 138 e 139 Cod. Ass.ni.

Viene formulato il seguente quesito di diritto: se nella liquidazione del danno specifico per invalidità permanete assurgono a valore di prova gli atti prodotti dal danneggiato in particolare la copia dei mod 740 per i periodi immediatamente antecedenti ed immediatamente seguenti il fatto dannoso.

15. Il motivo è inammissibile per incongruenza con la decisione impugnata.

La Corte di merito ha rigettato la domanda del danno da riduzione della capacità lavorativa specifica, sul rilievo che non era stata fornita la prova che il soggetto leso svolgeva, o presumibilmente in futuro avrebbe svolto un’attività produttiva di reddito e della prova della mancanza, dopo l’infortunio, di una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle attitudini e condizioni personali ed ambientali dell’infortunato e altrimenti idonei alla produzione di altre fonti di reddito in luogo di quelle perse o ridotte.

16. Il quesito formulato non censura specificamente la motivazione che attiene alla mancanza di prova del danno alla capacità lavorativa specifica, non essendo censura specifica il solo riferimento alle dichiarazioni dei redditi.

17. In relazione al difetto di motivazione non è formulato il prescritto momento di sintesi.

Nulla per le spese, stante l’assenza di difese degli intimati.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2012

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