Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-06-2012) 18-07-2012, n. 29080

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. G.P. ricorre, per il tramite del difensore avv. D. F., avverso la sentenza del Tribunale di Montepulciano in data 7-2-2011, che, confermando quella del Giudice di pace della stessa città del 7-6-2010, lo aveva ritenuto responsabile del reato di diffamazione in danno di C.L..
In breve, il fatto: l’imputato, primario del reparto di ginecologia dell’ospedale di (OMISSIS), parlando con la paziente Go.
M. che, in attesa dalla mattina di essere sottoposta ad intervento chirurgico, alle 16 del (OMISSIS) gli aveva chiesto quando sarebbe stata operata, aveva risposto, riferendosi al medico del reparto dr. C. – il quale, di turno durante la notte precedente, aveva predisposto il ricovero e l’intervento -, "queste cose le fa solo lui…questo è fuori di testa".
2. Il ricorso è articolato in cinque motivi.
2.1 La prima doglianza è di violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine all’esatta formulazione dell’espressione di cui al capo d’imputazione, che poteva essere stata nel senso che al C. "era uscito di testa" di comunicare al primario la programmazione dell’intervento, piuttosto che nel senso che fosse lui ad essere uscito di testa, non potendo escludersi, oltre ogni ragionevole dubbio, che la Go. avesse male interpretato la frase nello stato di concitazione in cui si trovava durante lo scambio di battute con il primario.
2.2 Gli stessi vizi erano dedotti, con il secondo motivo, in ordine alla ritenuta portata offensiva della frase "è fuori di testa", per contro priva di attitudine ad offendere alla luce del linguaggio più disinvolto ed aggressivo oggi in uso (manifesta infondatezza), mentre l’offensivita non poteva essere desunta, a differenza da quanto fatto in sentenza, dalla reazione della Go., dovuta alla notizia che l’intervento non era qualificabile come urgente, piuttosto che dalla considerazione sul collega esternata dal primario.
2.3 Violazione di legge e vizio di motivazione per mancata considerazione di un punto decisivo erano dedotti, con il terzo motivo, in ordine al mancato riconoscimento dell’esimente della provocazione. La sentenza impugnata non aveva tenuto conto, sotto il profilo della sussistenza del fatto ingiusto, che lo stesso dr. C. aveva ammesso che, non essendo l’intervento alla Go.
qualificabile come urgente (anche se ex post si era rivelato tale, venendo la paziente operata in serata), era necessario, per prassi ospedaliera, informarne il primario, il che egli non aveva fatto anche se quella mattina era uscito dall’ospedale un’ora dopo l’ingresso del G.. Quanto allo stato d’ira, il tribunale aveva trascurato che il prevenuto, ignorando l’avvenuto ricovero molte ore prima e la programmazione dell’intervento, era stato attaccato dalle proteste della Go. e dei familiari che minacciavano l’abbandono dell’ospedale e che in seguito avrebbero presentato un esposto.
2.4 Violazione di legge e vizio motivazionale erano dedotti con il quarto motivo in ordine al mancato riconoscimento dell’esimente putativa, con il quinto in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo, per non essersi considerato che, anche a non ritenere lo stato d’ira, la condotta dell’imputato era al più colposa ( G. aveva percepito come ingiusta e dannosa l’omissione del C.), rilievo che, oggetto dei motivi di appello, era stato ignorato dal tribunale.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni che seguono.
2. I primi due motivi di ricorso sono privi di fondatezza.
2.1 Il primo, reiterando questione affrontata e motivatamente risolta nella sentenza impugnata, pretende di riproporre la tesi del ragionevole dubbio circa l’interpretazione della frase pronunciata dal prevenuto (che potrebbe essere nel senso che al dr. C. "era uscito di testa" di comunicargli la programmazione dell’intervento, piuttosto che nel senso che fosse lui ad essere "uscito di testa"), a fronte dei granitici argomenti espressi dai giudici di merito, i quali hanno evidenziato, da un lato, come il secondo senso della frase fosse avvalorato dalle deposizioni dei testi Go. e M. -che avevano sottolineato come il concetto fosse stato ribadito dal G. per due volte-, dall’altro come anche l’imputato nel suo esame, dopo aver tentato di stravolgere il senso della frase, avesse infine ammesso di averla pronunciata in quei termini. Senza contare che, come pure osservato in sentenza, la reazione stessa della Go., la quale, nel reclamo successivamente presentato contro l’operato dei medici, aveva riferito di essere stata assalita da dubbi, ansie ed angosce, per il venir meno della fiducia nel dr. C. al quale si era affidata, deponeva indiscutibilmente nel senso che il primario del reparto avesse definito il collega "fuori di testa", in quanto la reazione della donna sarebbe stata ingiustificata se il G. gli avesse attribuito soltanto una dimenticanza.
2.2 Dei pari infondato il secondo motivo, essendo da escludere, pur tenuto conto del linguaggio più disinvolto ed aggressivo oggi in uso rispetto al passato, che l’espressione "è fuori di testa" sia priva di attitudine ad offendere.
Secondo costante indirizzo giurisprudenziale di legittimità, al fine di accertare se sia stato leso il bene protetto, è necessario fare riferimento, ferma restando l’esistenza di limiti invalicabili, posti dall’art. 2 Cost., a tutela della dignità umana, ad un criterio di media convenzionale in rapporto alla personalità dell’offeso e dell’offensore ed al contesto sociale ed ambientale nel quale la frase ingiuriosa è stata pronunciata (Cass. 11632/2008, Rv. 239479).
Il giudice di appello ha fatto buon governo di tali principi laddove, con apprezzamento in concreto delle espressioni utilizzate dal G., tenendo conto del rapporto tra primario e medico ospedaliero e del contesto della vicenda (l’imputato si rivolgeva ad una ricoverata), nonchè valorizzando anche la reazione emotiva della Go. e dei suoi familiari (dovuta alla scoperta che il primario non stimava il dr. C., piuttosto che alla qualificabilità come urgente o meno dell’intervento), ha argomentato la portata offensiva di esse sul rilievo che il primario metteva in discussione la competenza di un sanitario di quel nosocomio.
2.3 Sono invece fondate le doglianze di cui al terzo motivo, inerenti al mancato riconoscimento dell’esimente della provocazione. Invero la tempistica della vicenda -visita della Go. da parte del dr. C. il (OMISSIS), slittamento del ricovero e dell’intervento al giorno 12 su richiesta della donna, esecuzione dell’intervento alle 19,15 del 12 – depone per il carattere non urgente dell’intervento stesso, la cui programmazione, dunque, per accertata prassi dell’ospedale, doveva essere comunicata al primario. Il mancato adempimento di tale obbligo da parte della p.o., è quindi idoneo ad integrare, a differenza da quanto ritenuto in sentenza (che ha considerato tale obbligo sostanzialmente assolto attraverso la comunicazione al medico subentrante al C., dr. P., senza considerare che l’intervento era stato già previsto il giorno 10), il fatto ingiusto che giustifica il riconoscimento della provocazione. E’ infatti evidente che l’irriverente espressione nei confronti del collega, fu pronunciata dal G. nel subitaneo stato d’ira derivante, a seguito delle rimostranze della Go. e dei familiari in attesa fin dalle prime ore del mattino, dalla inattesa scoperta, alle ore 16 del giorno (OMISSIS), della programmata esecuzione, a sua insaputa, di un intervento ulteriore per quella giornata, con conseguente necessità di far fronte alla situazione, foriera di danno all’immagine sua e del reparto (non a caso la Go. avrebbe in seguito presentato un reclamo contro l’operato dei medici).
3. Il riconoscimento della esimente determina l’annullamento senza rinvio della sentenza, restando assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere l’imputato non punibile ai sensi dell’art. 599 c.p., comma 2.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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