Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-06-2012) 16-07-2012, n. 28536 Rinuncia all’impugnazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Oggetto del ricorso è l’ordinanza in data 15-7-2011 con la quale il Tribunale del riesame di Lecce ha rigettato l’appello proposto da G.A. avverso il provvedimento emesso il 19-10-2010 dal Gip del tribunale di quella città, applicativo della misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercizio delle funzioni di luogotenente dell’Arma dei Carabinieri, con la contestazione provvisoria del reato di tentato favoreggiamento aggravato dal D.L. n. 152 del 1991, art. 7.

L’ordinanza era pronunciata in sede di rinvio in quanto la precedente dello stesso tribunale, in data 23-11-2010, che aveva accolto l’appello dell’indagato, era stata annullata con sentenza 1-6-2011 della prima sezione penale di questa corte, in accoglimento del ricorso proposto dal PM. 2. La prima sezione di questa corte aveva rilevato incongruità della motivazione per mancata valutazione, da parte del tribunale del riesame, della conversazione tra il G. ed il vicequestore – in cui il primo aveva sollecitato al secondo informazioni in ordine ad indagini eventualmente in corso a carico di F.G. -, nell’ambito del contesto delle singolari frequentazioni del G. con un avvocato ed un altro indagato ( Ga.Ni.) incentrate sulla richiesta di costoro al militare di notizie su eventuali indagini nei confronti del F., contesto che evidenziava il carattere strumentale delle richieste al superiore da parte del G., già allontanato da ogni attività operativa perchè sospettato di inaffidabilità.

3. Il provvedimento del tribunale del riesame di Lecce in sede di rinvio, richiamata l’esistenza, risultante da intercettazioni (citate alle pagg. 3 e 4 dell’ordinanza cautelare), di un accordo fra F., Ga. e G., finalizzato all’assunzione da parte di quest’ultimo di informazioni da fornire al F., anche per il tramite del difensore dello stesso, in ordine ad eventuali nuove indagini nei suoi confronti, concludeva per la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, sul rilievo che le conversazioni dell’indagato con il vicequestore andavano lette alla luce di tali intercettazioni, risultando in tal modo finalizzate all’ottenimento di un’apertura confidenziale da parte del superiore circa l’eventuale sottoposizione ad indagini del F., che era infatti indagato per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. ed altri reati.

4. Con il ricorso proposto per il tramite dei difensori, avv. G. Camassa e A. Tana, G. deduceva manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, in quanto l’antefatto da cui era stata desunta la strumentalità delle richieste al vicequestore, era rappresentato da intercettazioni che lo stesso tribunale, nell’ordinanza annullata, aveva affermato, tra l’altro in persona dello stesso estensore, di aver attentamente esaminato, e che in quella oggetto del ricorso erano meramente richiamate, senza sottoporle ad alcuna indagine circa il loro significato, indagine ancor più necessaria a seguito della declaratoria di inammissibilità, da parte di questa corte, del ricorso del PM avverso il provvedimento di accoglimento dell’impugnazione del legale di fiducia del F..

Il ricorrente richiamava, allegandone la trascrizione al ricorso, due intercettazioni (n. 424 del 21.12.2007 e n. 453 del 22-12-2007), che dimostravano come l’interlocutore a Lecce dell’avv. Marseglia non potesse essere l’ A. citato in quelle conversazioni, individuato dagli inquirenti nel G..

Senza contare che, sempre secondo il ricorrente, l’indagato non poteva non essere a conoscenza, essendo inserito a pieno titolo nella sezione DIA di Lecce, delle indagini in corso a carico del F. che tra l’altro, solo di lì a pochi giorni, sarebbero state pubblicizzate nella relazione del presidente della corte di appello di Lecce in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.

5. Con memoria depositata il 4-4-2012, l’avv. Tana ha sottolineato l’incompatibilità del provvedimento impugnato con il giudicato cautelare formatosi sulla posizione dell’avv. Marseglia, da cui risulta l’assenza di gravi indizi di un accordo tra questi ed il G..

6. In data 11-6-2012 è pervenuta solida dichiarazione di rinuncia al ricorso sottoscritta dall’indagato.
Motivi della decisione

La rinuncia al ricorso determina la declaratoria di inammissibilità, cui seguono le statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2012

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