Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-06-2012) 16-07-2012, n. 28438

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con pronuncia in data 8 marzo 2011 la Corte di appello di Trieste confermava la sentenza resa dal Tribunale di Tolmezzo il 9 ottobre 2009 e con essa la condanna alla pena di mesi quattro di arresto a carico di M.M., imputato del reato di cui all’art. 660 c.p. perchè, per petulanza ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso, recava molestie a N.M., tempestandola di telefonate e di lettere d’amore; in (OMISSIS) alla data della querela, presentata il (OMISSIS), con applicazione della prescrizione per la parte di condotte consumate fino al (OMISSIS).

A sostegno della condanna i giudici di merito valorizzavano le accuse della p.l., le dichiarazioni difensive dello stesso imputato, le testimonianze del marito e della suocera della p.o., la registrazione su ed di un lungo colloquio intercorso tra l’imputato, la p.l., il marito e la suocera.

2. Avverso la sentenza della corte distrettuale ricorre per cassazione l’imputato, assistito dal difensore di fiducia, sviluppando due motivi di impugnazione.

2.1 Con il primo di essi denunzia la difesa ricorrente, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 157 e 158 c.p., sul rilievo che parte della condotta contestata all’imputato risulta consumata in tempi ormai coperti dalla prescrizione e questo per i fatti commessi fino al giorno (OMISSIS), tenuto conto della disciplina antecedente alla L. n. 251 del 2005, in quanto più favorevole all’imputato, e di quella di cui all’art. 158 c.p., comma 1 relativa alla prescrizione applicata al reato continuato.

2.2 Col secondo motivo denuncia altresì la difesa ricorrente, ancora ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), violazione dell’art. 597 c.p.p. giacchè non ridotta la pena inflitta in considerazione della parte di condotta contravvenzionale prescritta, circostanza questa che ha comportato, in sede di appello, l’applicazione di una pena più severa da parte del giudice di secondo grado ancorchè in assenza del gravame della pubblica accusa.

2.3 Ad ulteriore sostegno delle sintetizzate ragioni, la difesa istante ha altresì prodotto memoria difensiva, insistendo nella formulazione della eccezione di prescrizione.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

Nessuna prescrizione è infatti maturata nel caso di specie. La lettura interpretativa di questa Corte di legittimità in ordine alla natura del reato contestato all’imputato è nel senso che la contravvenzione di molestie o disturbo alle persone, pur non essendo per sua natura necessariamente abituale, in quanto può essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o di molestia (Cass., Sez. 1, 08/07/2010, n. 29933) può però assumere tale forma, incompatibile con la continuazione, allorchè non sia stata tanto la modalità delle condotte poste in essere, quanto la loro reiterazione assillante a determinare l’effetto pregiudizievole dell’interesse tutelato (in termini, Cass., Sez. 1, 09/04/2008, n. 17787; Cass., Sez. 1, 16/03/2010, n. 11514).

Nel caso di specie palese appare la caratterizzazione di abitualità della condotta realizzata dall’imputato, senza soluzioni di continuità, attraverso uno stillicidio di comportamenti singoli di vario genere, ma tutti finalizzati a rappresentare la pressante presenza dell’imputato all’attenzione della p.l.. La ritenuta natura abituale del reato in esame comporta, quanto alla prescrizione, che la relativa condotta si è protratta fino alla denuncia, eppertanto fino al 23 settembre 2007, di guisa che nessun termine prescrizionale può ritenersi maturato entro il giorno 8 marzo 2011, data della pronuncia di secondo grado, tenuto conto che la decorrenza del termine prescrizionale deve essere collocata a far tempo da detta data ai sensi dell’art. 158 c.p.. Nè può ritenersi decisivo ai fini della valutazione del motivo di ricorso la circostanza che la contestazione del reato fa riferimento all’art. 81 c.p., ovvero che il giudice di prime cure abbia applicato, erroneamente, la prescrizione alla condotta consumata fino ad una certa data.

Nell’un caso e nell’altro si è in presenza infatti di non corretta qualificazione della condotta consumata, giacchè irritualmente considerati atti singoli di petulanza momenti i quali, viceversa, hanno acquisito rilevanza penale solo perchè ricondotti ad unità nel loro complessivo giustapporsi.

4. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 c.p.p. e di una somma in favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo fissare in Euro 1000,00.
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2012
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