Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-06-2012) 16-07-2012, n. 28405

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 5/6/2009, dichiarava D.B. A. colpevole dei reati di illecita attività di smaltimento di rifiuti speciali e di inottemperanza all’ordine di rimozione degli stessi, impartitogli dalla competente autorità amministrativa, e lo condannava alla pena di mesi 6 di arresto.

La Corte di Appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto nell’interesse dell’imputato, con sentenza del 12/12/11, in riforma del decisum di prime cure, ha convertito la pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria, pari ad Euro 6.840,00 di ammenda.

Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, con i seguenti motivi: – mancanza di prove in ordine alla sussistenza del reato ascritto al D.B.; – in relazione alla non gravità del fatto la pena va ridotta.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione motivazionale, sviluppata dal giudice di merito in ordine alla concretizzazione del reato ed alla ascrivibilità di esso in capo al prevenuto, si rivela del tutto logica e corretta, come, del pari, compiuto è il riscontro fornito dalla Corte distrettuale alle doglianze formulate in atto di appello.

Dal vaglio a cui è stata sottoposta la pronuncia impugnata si rileva che il giudice di merito, a giusta ragione, all’esito della istruttoria dibattimentale, ha ritenuto adeguatamente provata la responsabilità penale del D.B. in ordine alle violazioni contestategli: dalla deposizione dell’agente operante P. M. è emerso che l’imputato era conduttore del terreno sito in via (OMISSIS), menzionato nel capo di imputazione, in forza di un contratto di locazione, stipulato con la società proprietaria "Parco Terranova s.r.l."; in sede di accertamento il predetto P. constatò, alla presenza del D.B., che il fondo de quo, recintato, era destinato a ricettacolo di veicoli accatastati;

sprovvisti di targhe, e di parti di motori smontati, dunque adibito ad attività di rottamazione, in difetto di titolo autorizzativo.

Di poi, risulta incontestato che al prevenuto veniva ordinato dal Comune di Roma, con atto notificato il 27/3/2007, di rimuovere dall’area in questione i rifiuti esistenti, ordine questo non ottemperato, visto che il teste verificava nell’aprile del 2007 l’identico stato di fatto in precedenza accertato.

In attinenza alla tipologia dei rifiuti rinvenuti sul terreno in questione e alla pericolosità e nocività degli stessi non sussistono dubbi, in quanto, fra questi, sono state rinvenute delle batterie per automezzi, contenenti acido solforico.

Osservasi che la censura mossa col primo motivo di ricorso tende ad una rivisitazione delle emergenze istruttorie, sulle quali al giudice di legittimità è precluso procedere a nuova analisi estimativa, in quanto questa Corte è giudice della motivazione e della corretta applicazione della legge e non della prova, e la sua indagine sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto e limitato a riscontrare la esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della pronuncia impugnata.

In tema di controllo sulla motivazione al giudice di legittimità è normativamente inibita la possibilità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, nonchè di saggiare la tenuta logica della pronuncia mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno.

Invero, avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema logico, in sè compiuto e autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza, in sè e per sè considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è geneticamente informata, ancorchè questi siano ipoteticamente sostituibili da altri (Cass. S.U. 23/6/2000, n. 12).

Del pari non meritevole di accoglimento si rivela la contestazione relativa alla quantificazione della pena, avendo il decidente sul punto rilevato come una ulteriore flessione sanzionatoria trovi ostacolo insormontabile nella gravità dei fatti accertati e nella personalità dell’imputato, gravato da numerosi precedenti penali.

Manifestamente infondata è la eccezione di prescrizione sollevata alla odierna udienza dalla difesa del ricorrente, visto che il reato risulta accertato il (OMISSIS) e il relativo termine, che sarebbe andato a maturare il 27/4/2012, è rimasto sospeso per mesi 1 e giorni 26, per cui lo stesso andrà a spirare al 22/6/2012.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il D.B. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., va, altresì, condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2012

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