T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 14-01-2011, n. 62

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il presente ricorso, il sig. F. ha impugnato il provvedimento con il quale l’Amministrazione ha revocato il suo permesso di soggiorno n. A848409, rilasciato dalla Questura di Milano il 30 luglio 1999, sul presupposto della falsificazione della documentazione prodotta in sede di rinnovo.

All’istanza di rinnovo erano state allegate:

– la dichiarazione della ditta D.L. SpA di Limbiate del 29.5.02, attestante l’assunzione a tempo indeterminato a far data dal giorno 1 febbraio 2001;

– la comunicazione di assunzione al Centro per l’Impiego di Cesano Maderno effettuata in data 1 febbraio 2001;

– il certificato di idoneità alloggiativa n. 208/2807 rilasciato il 28 agosto 2002 dall’Ufficio Stranieri del Comune di Sesto San Giovanni.

In sede di accertamenti esperiti in ordine alla regolarità della predetta documentazione emergeva che:

– la dichiarazione di assunzione era falsa;

– la comunicazione al Centro per l’impiego risultava contraffatta;

– il certificato di idoneità alloggiativa, esaminato presso il Gabinetto della Polizia Scientifica, si dimostrava anch’esso contraffatto.

In data 22 settembre 2004, la Questura di Brescia, previa comunicazione di notizia di reato alla competente Autorità Giudiziaria ai sensi degli artt. 110, 81, 468, 483 e 648 c.p., notificava al ricorrente il provvedimento n. 223/02 datato 17 settembre 2002, con il quale la Questura di Milano revocava il permesso di soggiorno sul presupposto che la documentazione prodotta in sede di rinnovo fosse contraffatta.

Il provvedimento veniva impugnato ed il TAR Lombardia, all’esito della camera di consiglio del 14 settembre 2005, con sentenza n. 3744/2005, lo annullava in quanto "non era stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento che la costante giurisprudenza in materia di procedimenti di revisione di riesame qualifica quale adempimento obbligatorio previsto a pena di illegittimità del provvedimento di secondo grado".

Con nota datata 9 dicembre 2005, la Questura di Milano, preso atto del vizio rilevato, notificava al ricorrente l’avvio del procedimento teso alla revoca del permesso di soggiorno, adducendo la falsità della documentazione prodotta e, acquisite le deduzioni difensive, con provvedimento n. 8/2006 Imm., datato 18 gennaio 2006, revocava nuovamente il titolo con le medesime motivazioni.

Il ricorrente ha impugnato il detto provvedimento, deducendo:

1. la violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990, stante la genericità della motivazione;

2. la violazione dell’art. 6 della L. n. 241/1990 per difetto di istruttoria e dell’art. 4 del D.Lgs. n. 286/1998, allegando l’assenza di condanne per i reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p., il mancato accertamento della pericolosità sociale, nonché l’elusione del precedente giudicato;

3. la violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione e dell’art. 5 del D.Lgs. n. 286/1998 nella parte in cui prevede la revoca del permesso di soggiorno per difetto dei requisiti "sempre che non siano sopravvenuti nuovi elementi che ne consentono il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrativa sanabili".

Nella camera di consiglio del 7 giugno 2006, con ordinanza n. 1303 veniva respinta l’istanza di sospensione ed all’esito della pubblica udienza del 17 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente ha denunciato il difetto di motivazione del provvedimento che si limiterebbe ad evidenziare genericamente la falsificazione della comunicazione al centro di impiego dalla D.L. SpA, mentre sarebbe totalmente falsa la dichiarazione di assunzione datata 29.05.2002 prodotta dall’istante in sede di rinnovo.

La censura é infondata.

Il provvedimento da un lato, reca menzione degli accertamenti compiuti in ordine all’istanza di rinnovo inoltrata dal ricorrente specificando, sul punto, che era stato sentito l’Amministratore Unico della Società D.L. ed esaminata la documentazione da questi consegnata in originale.

Dall’altro, va precisato che, dall’esame di detta documentazione, era emerso che la stessa era da ritenersi in parte falsa ed in parte contraffatta.

Sulla base di quanto emerso il Questore ha rilevato che "la falsa documentazione prodotta è equiparabile alla mancata presentazione di documenti idonei ad attestare il rapporto di lavoro", per cui, previo richiamo all’art. 4, comma 3 del D.Lgs. n. 289/1998 nella parte in cui consente "l’ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno", ha disposto ex novo la revoca del permesso di soggiorno a suo tempo rilasciato.

Da quanto esposto si ricava in tutta evidenza l’assoluta sufficienza della motivazione addotta nel provvedimento impugnato che, conformemente a quanto prescritto dall’art. 3 della L. n. 241/1990, ha menzionato i "presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria".

Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 6 della L. n. 241/1990 sotto il profilo del difetto di istruttoria, in quanto il responsabile del procedimento non avrebbe adeguatamente ponderato le condizioni del ricorrente da anni presente sul territorio nazionale con la propria famiglia.

La denunciata carenza istruttoria troverebbe conferma nella errata applicazione dell’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 286/1998 nella parte in cui non ammette la presenza dello straniero responsabile di reati espressamente indicati.

Sotto un primo profilo la norma farebbe riferimento all’ingresso dello straniero e non al rinnovo del permesso di soggiorno.

Sotto altro profilo, il ricorrente, verrebbe equiparato a persona condannata per uno dei gravi reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p. senza che a suo carico figuri alcun pregiudizio penale.

L’Amministrazione, violando il medesimo art. 4, avrebbe inoltre omesso la valutazione della pericolosità sociale del ricorrente.

Con il medesimo mezzo è stata, altresì, rappresentata l’elusione della sentenza di annullamento del TAR Lombardia intervenuta in ordine al primo provvedimento di revoca.

Anche questo motivo è infondato.

Restando in disparte ogni considerazione sulla genericità della censura riferita ad una non meglio specificata carenza dell’attività condotta dal responsabile del procedimento, deve richiamarsi quanto già esposto in sede di scrutinio del primo motivo di ricorso circa la sufficienza della motivazione posta a sostegno del provvedimento (acquisizione documentale, esperimento di accertamenti tecnicoscientifici in ordine al materiale acquisito e assunzione di dichiarazioni testimoniali).

Quanto all’errata applicazione dell’art. 4, nessuna contestazione in ordine ai reati dalla norma menzionanti è presente nella motivazione del diniego che, come già precisato, si limita a richiamare gli obblighi dalla norma imposti relativamente alla necessità di produrre "idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno".

Totalmente inconferente è, inoltre, l’omessa valutazione della pericolosità sociale non richiesta ai fini del rinnovo in esame.

Infondata è, inoltre, l’elusione della sentenza n. 3744/2005 di questo TAR in quanto emessa sulla base di un mero vizio formale e comportante a carico dell’Amministrazione il solo dovere di riesercitare il medesimo potere emendandolo del vizio rilevato.

Nel caso di specie, il TAR ha annullato il decreto di revoca del permesso di soggiorno n. 223/02 del 17 settembre 2002 in virtù dell’omessa adozione della comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 241/1990.

L’Amministrazione in sede di rinnovo del procedimento ha dato corso all’incombente inizialmente omesso con atto del 9 dicembre 2005, con ciò dando piena attuazione al giudicato.

Con un terzo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione e dell’art. 5 del D.Lgs. n. 286/1998 nella parte in cui prevede la revoca del permesso di soggiorno per difetto dei requisiti "sempre che non siano sopravvenuti nuovi elementi che ne consentono il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrativa sanabili".

A sostegno della censura il ricorrente afferma che la Questura avrebbe dovuto verificare la sua posizione lavorativa consentendo, eventualmente, l’integrazione della documentazione necessaria.

L’omissione contestata lederebbe il diritto di difesa del ricorrente, nonché il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 in virtù dell’irragionevole diversità di trattamento rispetto ad identiche situazioni.

Anche tali ultime censure sono infondate.

Il provvedimento impugnato, nel rispetto del principio del contraddittorio, è stato adottato previa comunicazione di avvio ex art. 7 con riconoscimento al ricorrente della possibilità di produrre deduzioni difensive: circostanza che di per sé neutralizza la violazione dell’art. 24 Cost..

Con riferimento alla pretesa violazione dell’art. 3 Cost., la censura non risulta argomentata da alcuna allegazione circa le situazioni identiche asseritamente valutate in maniera difforme.

Quanto alla violazione dell’art. 5 del D.Lgs n. 286/1998, il ricorrente, nelle proprie difese, si limita ad affermare l’insufficienza degli accertamenti esperiti circa la documentazione prodotta senza addurre alcun ulteriore elemento sopravvenuto in virtù del quale sarebbe consentito all’Amministrazione rilasciare il titolo richiesto.

Sul punto, infatti, ha contestato la revoca intervenuta il 18 gennaio 2006, assumendo che dal 1 febbraio 2001 al 30 giugno 2002 lavorava per la ditta D.L. e dal 28 giugno 2002 al 29 settembre 2002 presso la Euroservice senza nulla precisare relativamente al propria posizione al momento dell’adozione della revoca impugnata nel presente giudizio.

Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.

Sussistono, tuttavia, in virtù della peculiarità delle questioni trattate, giuste ragioni per compensare le spese.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Mariuzzo, Presidente

Elena Quadri, Consigliere

Marco Poppi, Referendario, Estensore
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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