Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-06-2012) 13-07-2012, n. 28179 Ricorso

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Svolgimento del processo

Il Gip presso il Tribunale di Venezia, con sentenza del 27/5/2010, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava F.B. colpevole del reato di cui all’art. 81 cpv. c.p., art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis, perchè in ripetute occasioni, in concorso anche con altri coindagati, riceveva e deteneva a fine di spaccio e cedeva a terzi, anche minorenni, sostanza stupefacente del tipo eroina, e lo condannava alla pena di anni 7 e mesi 8 di reclusione ed Euro 50.000,00 di multa.

La Corte di Appello di Venezia, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto nell’interesse del prevenuto, con sentenza del 7/6/2011, in parziale riforma del decisum di prime cure, concessa l’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, in giudizio di equivalenza con la aggravante, di cui all’art. 80, e la recidiva semplice contestate, ha ridotto la pena ad anni 6 e mesi 4 di reclusione ed Euro 42.000,00 di multa, con interdizione legale per la durata della pena, interdizione perpetua dai pp.uu., e conferma nel resto.

Propone ricorso per cassazione il F. personalmente, con i seguenti motivi:

– vizio di motivazione in ordine al mancato giudizio di prevalenza della attenuante della lieve entità sull’aggravante e sulla recidiva contestate;

– omessa giustificazione dell’eccessivo trattamento sanzionatorio applicato.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile. La argomentazione motivazionale, adottata dal decidente, si palesa logica e corretta.

La Corte territoriale ha rilevato che la aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. a), risulta di fatto contestata in imputazione, laddove si fa riferimento alla minore età della cessionaria D.S. e degli altri cessionari C. G. e N.M., mentre la conoscenza di siffatta circostanza da parte del prevenuto e presunta in base ai dati di comune esperienza, tenuto conto del rapporto di estrema confidenza e di intimità che, come dichiarato dalla stessa D., si era instaurato con il F., che era divenuto un suo abituale, quasi quotidiano, fornitore di droga.

Esaustiva e corretta è da ritenere la motivazione in punto di giudizio di equivalenza tra le accordate attenuanti generiche e la aggravante predetta e la recidiva, la cui considerata sussistenza ai fini della pena inibisce la prevalenza delle attenuanti ex art. 62 bis c.p..

Il discorso giustificativo sulla quantificazione del trattamento sanzionatorio appare pienamente esaustivo, con richiamo ai criteri di cui all’art. 133 c.p..

Il ricorso, peraltro, si limita a denunciare presunti vizi della impugnata pronuncia, senza specificare adeguatamente le ragioni poste a sostegno di quanto eccepito, così da violare il disposto di cui all’art. 581 c.p.p.: i motivi costituiscono una parte essenziale ed inscindibile della impugnazione e, pur nella riconosciuta libertà della loro formulazione, debbono essere, ai sensi del citato art. 581 c.p.p., lett. c), articolati in maniera specifica, con la indicazione chiara, a pena di inammissibilità, delle ragioni su cui si fonda la doglianza (Cass. 9/5/1996, n. 4713; Cass. 25/3/2003, n. 13261; Cass. 7/6/2004, n. 25308).

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il F. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso deve, a norma dell’art. 616 c.p.p., altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2012

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