Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-06-2012) 13-07-2012, n. 28174 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Con sentenza in data 2 8.01.2011 la Corte d’Appello di Milano confermava la condanna alla pena della reclusione e della multa inflitta nel giudizio abbreviato di primo grado a D.G., F.A., L.V., M.M., Ma.Sa., P.L., R.A., T. G. quali colpevoli di delitti in materia di traffico di cocaina illecitamente importata, acquistata, detenuta e ceduta a terzi.

2 – Proponevano ricorsi per cassazione gli imputati denunciando D.:

– violazione di legge e mancanza di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche basato soltanto sui precedenti penali;

– sulla disposta confisca L. n. 356 del 1992, ex art. 12 sexies, dell’immobile sito in (OMISSIS) intestato alla moglie. Egli, oltre lo stipendio di dipendente ENEL, percepiva una rendita di Euro 500 mensili, mentre la moglie era titolare di una pensione mensile di Euro 450. Inoltre, aveva vinto la somma di Euro 53.229 alla SISAL il cui bonifico gli era stato accreditato il 19.07.2001 servita per pagare parte del prezzo alla stipula del rogito e aveva percepito Euro 10.888,73 quale anticipo del TFL liquidatogli il 22.04.2003.

Aveva, quindi, dimostrato la lecita provenienza delle somme impiegate per l’acquisto dell’immobile. Aggiungeva che la prova della lecita provenienza della vincita SISAL comportava che il relativo importo doveva influire sul calcolo del reddito d’illecita provenienza, riducendolo. Pertanto, erano palesemente errate le valutazioni dei giudici dell’appello secondo cui, nel 2001, egli non poteva lecitamente disporre della somma pagata alla data del rogito, nè estinguere anticipatamente nel febbraio / 2002 il mutuo contratto;

L. e F. violazione di legge e vizio di motivazione:

– sulla statuizione di conferma della responsabilità (per l’importazione dalla Spagna di kg. 0,509 di cocaina da cedere a R.) fondata su intercettazioni telefoniche che erano inutilizzabili perchè attivate su informazioni confidenziali.

Inoltre, il primo decreto del 2.02.2001 e quelli successivi autorizzativi erano privi di motivazione e la corte d’appello, sul punto, aveva motivato citando dati non rinvenibili nella richiesta del PM, mentre il GIP aveva "richiamato il contenuto dei precedenti inesistenti provvedimenti autorizzativi di altre intercettazioni telefoniche e ambientali emesse nell’ambito di altro procedimento");

– sulla valutazione del contenuto delle intercettazioni telefoniche da cui emergeva, in realtà, che la loro compromissione nell’intera vicenda fosse scevra da significati penalmente rilevanti posto che essi non erano a conoscenza dell’utilizzo dei soldi in chiave delittuosa;

– sul diniego dell’attenuante dell’art. 114 cod. pen. essendo minimo e del tutto marginale l’apporto causale;

M. mancanza e illogicità della motivazione;

– sulla confermata statuizione di responsabilità per il reato di acquisto di sostanze stupefacenti al fine della vendita a terzi (capi 318 e 362) sebbene il quadro probatorio fosse equivoco e carente di riscontri;

– sul diniego dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, stante la modesta quantità delle presunte cessioni;

– sul diniego delle attenuanti generiche;

– violazione dell’art. 522 c.p.p. per mancanza di correlazione tra accusa e sentenza essendo stato egli condannato, in violazione del diritto di difesa, per reati commessi in (OMISSIS), mentre gli era stato contestato di averli commessi in (OMISSIS);

Ma.:

violazione di legge e vizio di motivazione:

– sulla confermata statuizione di responsabilità per plurime cessioni di sostanze stupefacenti sulla base d’intercettazioni telefoniche, illegittimamente acquisite, inconcludenti, dal significato equivoco e non riscontrate quanto alla qualificazione e quantificazione di dette sostanze;

– sul diniego dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5 del citato decreto:

P.:

violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione:

– sulla conferma dell’affermazione di responsabilità sulla base di conversazioni telefoniche dalle quali non emergerebbe l’avvenuta cessione della sostanza stupefacente;

– sull’individuazione della tipologia della sostanza oggetto delle presunte cessioni avendo la corte territoriale illogicamente tratto elementi a lui negativi da una sentenza di condanna irrevocabile emessa nei confronti d’imputati che avevano ceduto cocaina a M., suo presunto fornitore. Inoltre, era irrilevante che nella conversazione intercettata M. non avesse usato le parole fumo o sigarette solitamente usate per la cessione dell’hashish;

– sull’omesso riconoscimento della destinazione della droga all’uso personale;

– sul diniego dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5 del citato decreto;

R.:

violazione di legge e vizio di motivazione:

– Sulla confermata Statuizione di responsabilità per l’importazione dalla Spagna di 500 grammi di cocaina fondata su conversazioni telefoniche il cui contenuto era generico e non riscontrato. Non era emerso che egli si fosse accordato con i coimputati per l’acquisto della droga; che il denaro, dato in prestito, di cui chiedeva la restituzione tramite L. e F., avesse riguardato una cessione di sostanza stupefacente;

– sulla mancata esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 73, comma 6 del decreto perchè egli sarebbe stato il finanziatore e il destinatario finale della sostanza mentre L. e F. avrebbero avuto il ruolo di intermediari;

– per il mancato riconoscimento del tentativo di reato:

– sulla disposta confisca di un bene immobile sito in (OMISSIS) e intestato a S.S.D., sua convivente, acquistato con mutuo ipotecario bancario ventennale di Euro 115.000.000 per la totalità del prezzo, estinguibile col versamento di rate mensili di Euro 709 che egli poteva pagare lavorando, pur senza effettuare la dichiarazione dei redditi, quale autotrasportatore. La confisca, inoltre, era stata disposta dalla corte d’appello che aveva riformato in peius la sentenza di primo grado senza alcuna impugnazione sul punto ed era illegittima perchè, essendo il bene di proprietà di un terzo, la corte d’appello aveva omesso d’indicare prove indirette idonee a dimostrare il superamento della coincidenza tra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene;

T. – violazione di legge e mancanza di motivazione sulla disposta confisca per mancanza del requisito della sproporzione tra redditi leciti e valore dei beni posseduti (un appartamento acquistato con l’accensione di un mutuo e una Lancia Y intestati alla moglie B.A.). L’accensione del mutuo portava a escludere il suddetto requisito. La corte territoriale, poi, non aveva valutato se l’imputato avesse fornito una credibile giustificazione sulla lecita provenienza delle cose possedute impdap aveva concesso un mutuo di Euro 15.000 al padre dell’imputato e la suocera dello stesso aveva riscosso una polizza assicurative non aveva effettuato una rigorosa verifica sulla discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene tanto più che all’epoca del contestato reato non esisteva il rapporto coniugale;

– mancanza e manifesta illogicità della motivazione sulla conferma dell’affermazione di responsabilità. Egli era stato assolto per il fatto commesso il (OMISSIS) con sentenza, irrevocabile, del Tribunale di Milano 8.03.2007. Il giudice di primo grado lo aveva prosciolto da tale reato ai sensi dell’art. 649 c.p.p. ma aveva ritenuto irrilevante tale assoluzione relativamente ai fatti antecedenti al 22 giugno. Tale decisione era, però, illogica perchè le cessioni dei giorni 1, 6, e 10 giugno 2002 per quantità "non potute accertare" erano quelle sequestrate all’acquirente F.;

– erronea interpretazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, per il diniego della corrispondente attenuante riferito a quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente essendo irrilevante il riferimento al quantitativo indicato nell’imputazione della quale era stato assolto.

I ricorrenti chiedevano l’annullamento della sentenza.
Motivi della decisione

3 – Sono fondati i ricorsi proposti da L., da F. e da R., relativamente all’utilizzazione asseritamente illegittima delle intercettazioni telefoniche relative all’importazione dalla Spagna di kg 0,509 di cocaina.

La corte territoriale ha puntualizzato che "l’impostazione accusatore si basa appunto sul contenuto delle continue telefonate di L. con S., a sua volta in contatto con P. ed anche in contatto con R. (f. 34)", donde la pregnante rilevanza della sollevata eccezione d’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche la cui soluzione incide sulla conferma di responsabilità dei predetti imputati i quali si dolgono dell’avviamento delle intercettazioni soprattutto sulla base d’informazioni confidenziali e in mancanza di gravi indizi di reato.

La L. n. 63 del 2001 ha previsto che, ai fini della verifica dell’esistenza di un grave quadro indiziario, non possa tenersi conto di acquisizioni derivanti da informatori di polizia, sicchè la limitazione si riferisce al presupposto costituito dall’esistenza di gravi indizi di reato.

Su tale eccezione, tempestivamente proposta, non si rinviene motivazione alcuna.

Sulla questione questa Corte ha affermato che le informazioni acquisite in via confidenziale dalla polizia giudiziaria non possono integrare gli indizi di reato posti alla base del provvedimento di autorizzazione delle operazioni d’intercettazione Sezione 6, Sentenza n. 29666 del 31/05/2011 Cc. (dep. 25/07/2011) Rv. 250558 puntualizzando però che, in tema di autorizzazione all’effettuazione d’intercettazioni telefoniche, le informazioni confidenziali acquisite dagli organi di polizia giudiziaria determinano l’inutilizzabilità delle intercettazioni ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 267, comma 1 bis e art. 203 cod. proc. pen., comma 1 bis, soltanto quando esse abbiano costituito l’unico elemento oggetto di valutazione ai fini degli indizi di reità Sezione 6, sentenza n. 10051 del 03/12/2007 Ud. (dep. 05/03/2008) Rv. 239458.

S’impone, quindi, l’annullamento, sul punto, della sentenza impugnata per la valutazione dell’eccezione alla stregua dei principi sopraindicati.

Sono assorbiti gli altri motivi proposti dai predetti ricorrenti.

4 – Anche il ricorso di T. è fondato.

Assume il predetto di essere stato assolto con sentenza del Tribunale di Milano 8.03. 2007, irrevocabile, dall’imputazione di avere venduto in data 22.06.2002 a F.F. 116 grammi di cocaina.

Il tribunale lo aveva prosciolto da tale reato ai sensi dell’art. 649 c.p.p. ritenendo, però, tale assoluzione irrilevante relativamente ai fatti antecedenti al 22 giugno, ma tale decisione sarebbe illogica perchè le contestate cessioni dei giorni 1, 6, e 10 giugno 2002 per quantità non potute accertare" sarebbero comunque riconducibili al complessivo quantitativo di cocaina che avrebbe venduto a F. al quale la droga era stata sequestrata il successivo 22 giugno.

La caducazione dell’accusa relativa sull’imputazione di più recente data incrinava, quindi, anche quella relativa alle presunte cessioni in data antecedente non confermate dal contenuto equivoco delle intercettazioni telefoniche sulle quali sostanzialmente si basava l’affermazione di responsabilità.

Poichè la motivazione della sentenza impugnata sul punto di esaurisce nell’elencazione di una serie di telefonate culminate in quella del 22 giugno 2002 ore 11.18 nella quale F., prima del suo arresto avvenuto quel medesimo giorno, chiede a T. di fare come l’ultima volta e poichè per quell’ultima volta T. è stato assolto, è evidente l’illogicità del ragionamento dei giudici d’appello.

Anche per T. la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio in punto di responsabilità per la rivalutazione, in piena libertà di giudizio ancorato a criteri di coerenza e ragionevolezza, di tutte le acquisizioni processuali alla stregua di quanto in precedenza rilevato dalla Corte.

Gli altri motivi di ricorso del T. sono assorbiti.

5 – Il primo motivo del ricorso proposto da D. non è puntuale.

Le attenuanti generiche hanno lo scopo di adeguare la pena in senso favorevole al reo in considerazione di particolari circostanze o situazioni che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere, sicchè le stesse possono essere riconosciute quando siano provati elementi favorevoli all’imputato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti di fare emergere sufficientemente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravita effettiva del reato e alla personalità del reo.

Il giudice, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive, non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, valutando globalmente i dati processuali, è sufficiente che indichi quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri.

Nella specie, il Tribunale, in mancanza di elementi positivi, ha dedotto prevalenti significazioni negative della personalità dell’imputato che è gravato da numerosi precedenti penali, anche specifici.

6 – E’ fondato, invece, il secondo motivo.

Ai fini della confisca di beni ai sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, convertito con modificazioni nella L. n. 356 del 1992, è necessario accertare la configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato, di uno dei reati indicati dalla norma citata, e la presenza delle condizioni che legittimano la confisca, e cioè da un lato la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, e dall’altro la mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi.

Inoltre, in tema di confisca di cui alla citata norma sussiste a carico del titolare apparente di beni (nella specie, la moglie dell’imputato) una presunzione d’illecita accumulazione patrimoniale in forza della quale è sufficiente dimostrare che il titolare apparente non svolge un’attività tale da procurargli il bene per invertire l’onere della prova e imporre alla parte di dimostrare da quale reddito legittimo proviene l’acquisto e la veritiera appartenenza del bene medesimo Cfr. Sezione 5 n. 26041 del 26/05/2011 Cc. (dep. 01/07/2011) Rv. 250922.

La presunzione d’illecita accumulazione non è assoluta, con la conseguenza che qualora l’imputato abbia giustificato la legittima provenienza del bene sequestrato, indicando una fonte proporzionata di reddito astrattamente lecita, è illegittima la confisca del predetto bene in assenza di riferimenti a fatti storici che dimostrino concretamente l’illiceità del reddito proveniente da tale fonte Sezione 5, sentenza n. 3682 del 12/01/2011 Ud. (dep. 01/02/2011) Rv./249711.

Nella specie, la corte distrettuale ha ritenuto che il prezzo d’acquisto dell’immobile sito in (OMISSIS) intestato alla moglie (Euro. 116.000 pagati al rogito e Euro 123.000 con accollo di mutuo) provenga dall’attività illecita di spaccio non costituendo adeguata e lecita disponibilità finanziaria, per tale acquisto, lo stipendio di dipendente ENEL, una rendita di Euro 500 mensili, la pensione mensile della moglie di Euro 450, la vincita della somma di Euro 53.229 alla SISAL ti cui bonifico gli era stato accreditato il 19.07.2001, la percezione di Euro. 10.888,73 quale anticipo del TFL liquidato il 22.04.2003.

Detta motivazione, corredata dal negativo giudizio sulla propensione dell’imputato a dilapidare le proprie risorse finanziarie, è inficiato da apoditticita, sicchè la sentenza impugnata deve essere annullata sul punto per una valutazione più penetrante delle acquisizioni processuali anche in relazione alla dedotta parziale destinazione di guadagni leciti all’acquisto del bene.

7 – Va, poi, rilevato che non ha alcun fondamento giuridico il motivo di ricorso di M. sulla mancanza di correlazione tra accusa e sentenza.

Hanno affermato le SU di questa Corte, con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, che per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, sì da pervenire a un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare le violazioni del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto letterale tra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia pervenuto a trovarsi nella condizione concerta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione" Cassazione S.U. n. 16/1996, Di Francesco, RV 205619.

Il suddetto principio può ritenersi violato solo in caso d’assoluta incompatibilità di dati, quando cioè la sentenza riguardi un fatto del tutto nuovo rispetto all’ipotesi d’accusa, mentre non ricorre violazione se i fatti siano omogenei e in rapporto di specificazione.

Nella specie, nella contestazione, considerata nella sua interezza, sono contenuti gli elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, che ha legittimamente utilizzato i dati, acquisiti in contraddicono nel dibattimento, di specificazione del fatto quanto al luogo di commissione dei reati.

Infatti, chiarito nel corso del dibattimento che i fatti contestati a M. erano stati commessi in (OMISSIS) e non in (OMISSIS), l’imputato è stato posto in condizione di difendersi compiutamente, come ritenuto dal giudice di merito.

Avendo il fatto mantenuto la sua originaria fisionomia, va, quindi, escluso che abbia subito modifica negli elementi essenziali e fondamentali e che sia stato leso il diritto di difesa.

8 – I ricorsi, in punto di responsabilità, di M., Ma.

e P. devono essere dichiarati inammissibili perchè articolano censure di ordine meramente fattuale, improponibili in sede di legittimità.

Sono state, infatti, proposte diverse ricostruzioni dei fatti segnalando alcuni elementi che sono stati congruamente valutati dai giudici dell’appello i quali hanno adottato una decisione che non presenta alcuna lacuna motivazionale nè cadute logiche sul significato da attribuire agli esiti delle intercettazioni telefoniche sia sotto il profilo della coerenza interna sia sui riscontri accertati.

Non è, quindi, ravvisabile l’asserita illogicità della motivazione che, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da essere percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794.

I ricorrenti lamentano che i giudici di merito abbiano travisato il senso di talune conversazioni telefoniche intercettate, ma le censure, prive di valide argomentazioni di supporto, si risolvono nella reiterazione di versioni alternative avulse da quanto esposto con dovizia di approfondimenti dalla corte territoriale che ha vagliato le acquisizioni processuali e i rilievi dell’atto di appello ritenendoli inidonei a sostenere un giudizio favorevole agli imputati.

Pertanto la decisione, contrariamente al dedotto, non si è sottratta all’obbligo di fornire un quadro giustificativo della ritenuta colpevolezza in termini che certamente non possono essere tacciati d’illogicità.

9 – E’ priva di fondamento giuridico la censura sul diniego dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5 del citato decreto alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità (D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, art. 73, comma 5), il giudice è tenuto a complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo, conseguentemente, escludere la concedibilità dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti a escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di "lieve entità" Cassazione Sezione 4^, n. 38879/2005, Frank, RV. 232428; conforme 17/2000 RV. 216668; conforme n. 10211/2004 RV. 231140; conforme n. 20556/2005, RV. 231352.

Nella specie, non erano ravvisabili gli estremi della predetta attenuante essendo stato ritenuto che il dato ponderale e altre circostanze la continuità nell’attività di spaccio valevano a escludere la lieve entità del fatto.

10 – Incensurabile è il diniego delle attenuanti generiche al ricorrente M. che non ha contrapposto alcun valido argomento alla motivazione della corte d’appello che ha richiamato le ragioni ostative alla concessione.

11 – Non è puntuale il motivo del ricorrente P. sulla destinazione della cocaina al suo personale consumo perchè collide con l’accertamento da parte dei giudici del merito della pluralità degli acquisti dallo stesso effettuati in tempi molto ravvicinati trattando direttamente con M. che era al vertice dell’associazione dedita allo spaccio, sicchè era certa la destinazione della cocaina allo spaccio.

Per l’inammissibilità dei ricorsi, dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, arava sui ricorrenti M., Ma.

e P. l’onere del pagamento delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di L.V., F.A., R.A., T.G. e D. G. – per quest’ultimo limitatamente alla confisca – e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

Rigetta nel resto il ricorso di D..

Dichiara inammissibili i ricorsi di M.M., Ma.

S. e P.L. che condanna al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro- 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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