Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-06-2012) 13-07-2012, n. 28173 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.G. e M.C. erano imputati del reato di cui agli artt. 81 e 56 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, perchè compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi di ingenti quantitativi di cocaina, quantificati in chilogrammi 24,870: costoro si recavano, dopo avere acquisito informazioni e mantenendosi a distanza, nei luoghi ove si trovavano i containers segnalati dai fornitori, non riuscendo nell’intento di prelevare la droga per atti indipendenti dalla loro volontà, in particolare per una imprevista e precedente trasferimento di detti containers per altra destinazione.

In relazione a tale imputazione, a seguito di conforme richiesta del p.m., il gip emetteva decreto di giudizio immediato, per l’udienza del 23/10/2009, poi rinviata all’udienza del 10/6/2010.

A tale ultima udienza, completata la costituzione delle parti ed esaurite le questioni preliminari sollevate dalla difesa degli imputati, il Giudice, evidenziata la sussistenza nella ipotesi di accusa dell’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, rilevava di ufficio il proprio difetto di cognizione a favore del giudice collegiale e disponeva la restituzione degli atti al p.m..

Propone ricorso per cassazione avverso detta ordinanza il p.m. presso il Tribunale di Rimini, eccependo la abnormità del provvedimento, reso, peraltro, in violazione dell’art. 33 septies c.p.p..
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Ad avviso del p.m. ricorrente il provvedimento impugnato, avendo comportato una indebita regressione del procedimento, deve essere qualificato come atto abnorme, visto che il giudice ha errato nel disporre la restituzione degli atti.

Osservasi che l’abnormità funzionale, riscontrabile nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo, va limitata alla ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al p.m. un adempimento che concretizzi un atto nullo, rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo.

Solo in siffatta ipotesi il p.m. può ricorrere per cassazione, lamentando che il conformarsi al provvedimento giudiziario minerebbe la regolarità del processo; negli altri casi egli è tenuto ad osservare i provvedimenti emessi dal giudice.

Si precisa, altresì, che se l’atto del giudice è espressione di un potere riconosciutogli dall’ordinamento, si è in presenza di un regresso consentito, anche se i presupposti che ne legittimano la emanazione siano stati ritenuti sussistenti in modo errato. Non importa che il potere sia stato male esercitato, giacche in tal caso esso sfocia in atto illegittimo, ma non in atto abnorme (Cass. S.U. 26/3/2009, n. 25957).

Di poi, qualora il giudice monocratico rilevi che il reato appartenga alla competenza del collegio, deve disporre la trasmissione degli atti al p.m., ex art. 33 septies c.p.p., comma 2, e, in ogni caso, non è da ritenere abnorme tale provvedimento neanche se esso sia stato emesso ad istruttoria dibattimentale avviata e parzialmente espletata (Cass. 22/12/2004, n. 48979).
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del p.m..

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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