T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, Sent., 14-01-2011, n. 57

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente impresa R.F. ha acquistato la proprietà di un immobile di antica costruzione sito in territorio del Comune di Milazzo; ha successivamente ottenuto a proprio favore la voltura della autorizzazione n. 269/06, già rilasciata alla precedente proprietaria dell’edificio, avente ad oggetto il restauro conservativo dell’immobile; ha infine comunicato l’avvio dei lavori così autorizzati.

A seguito di un sopralluogo della Polizia Municipale è stata contestata l’illegittima attività di demolizione e contestuale ricostruzione dell’edificio, cui è seguito il sequestro del cantiere.

L’impresa ricorrente ha allora presentato domanda ex art. 13 della L. 47/1985 per ottenere l’autorizzazione edilizia in sanatoria; ma il Comune ha respinto l’istanza con provvedimento n. 239 del 26.09.2008 – intimando anche la demolizione dell’abuso – rilevando che, sebbene sia stata mantenuta la sagoma e la volumetria del preesistente edificio, l’intervento realizzato rientra nel concetto di "ricostruzione edilizia" e non di "restauro conservativo" che è l’unica forma di trasformazione del territorio consentita nella zona dalle N.T.A. del PRG.

Avverso tale provvedimento è stato ritualmente proposto il ricorso in epigrafe, con il quale si denuncia:

violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della L. 47/1985 – violazione e falsa applicazione dell’art. 31, co. 1, lett. c) della L. 457/1978 – eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria;

In sintesi, la ricorrente ritiene che il provvedimento impugnato si basi su una istruttoria erronea e/o incompleta, dato che i lavori realmente eseguiti sono consistiti solo nella parziale sostituzione di alcune parti del preesistente edificio che, in quanto fatiscenti, si stavano disgregando già con l’inizio dei lavori. L’attività espletata, quindi, prosegue la ricorrente, integra pienamente il concetto giuridico di restauro conservativo per il quale era stato rilasciato dal Comune apposito titolo.

Si è costituito in giudizio per resistere l’intimato Comune di Milazzo.

Con ordinanza n. 314/09 è stata respinta la domanda cautelare allegata al ricorso.

Con ordinanza istruttoria n. 494/09 questa Sezione ha disposto verificazione nominando il Dirigente dell’Ufficio del Genio civile di Messina, con il compito di accertare "la effettiva sussistenza e, in caso affermativo, la rilevanza quantitativa – nell’ambito dell’edificio oggetto di causa – di elementi strutturali preesistenti (muri perimetrali od altro), residuati dalla vecchia struttura dell’immobile, che sarebbero stati lasciati intatti nel corso dei lavori eseguiti dalla ditta ricorrente, ed ai quali sarebbero state accorpate ed aggiunte le nuove costruzioni in c.a. e laterizi costituenti il novum della costruzione".

In data 17 giugno 2010 il verificatore ha depositato la relazione, munita di allegati, e la propria nota spese.

In vista dell’udienza pubblica del 2 dicembre 2010 la ricorrente ha depositato in data 10 novembre 2010 una perizia giurata ed il successivo giorno 18 una memoria difensiva; quest’ultima è stata però messa in busta chiusa dagli uffici di Segreteria in quanto ritenuta tardiva.

All’udienza, la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente, deve essere valutata la tempestività del deposito della memoria difensiva eseguito in data 18.11.2010 in vista dell’udienza pubblica fissata per il 2.12.2010.

La memoria è da ritenere senz’altro depositata fuori termine, e non può essere quindi tenuta in considerazione ai fini della decisione. Al riguardo va ricordato che l’art. 73 del nuovo codice del processo amministrativo approvato col D. Lgs. 104/2010 prevede che le memorie difensive debbano essere depositate almeno 30 giorni liberi antecedenti l’udienza di trattazione, termine che nel caso di specie non risulta evidentemente rispettato. Né potrebbe sostenersi l’applicabilità del "vecchio" termine di dieci giorni previsto dalla previgente legislazione (art. 23 L. Tar), come argomentato oralmente in udienza dal difensore della ricorrente. In proposito, si rileva che il regime transitorio dettato dall’art. 2, della parte IV del c.p.a., stabilisce che solo "Per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti.". Orbene, partendo dalla premessa che il termine del "vecchio rito" per il deposito delle memorie difensive pari a dieci giorni liberi antecedenti l’udienza non era "in corso" (ossia, pendente) alla data di entrata in vigore del nuovo codice (16 settembre 2010), viene meno il presupposto di diritto che consentirebbe l’applicabilità del regime processuale previgente. Si ribadisce al riguardo che non è la data dell’atto di fissazione dell’udienza pubblica, ma la condizione di "pendenza" del termine, a determinare l’applicazione del vecchio regime processuale.

Né potrebbe invocarsi – come anche sostenuto – l’istituto dell’errore scusabile, atteso che i termini processuali per il deposito delle memorie d’udienza sono chiari, non possono determinare dubbi interpretativi, e soprattutto erano pienamente vigenti (e rispettabili) in considerazione del fatto che il decreto di fissazione dell’udienza pubblica è del 2.09.10, il nuovo codice è entrato in vigore in data 16.09.2010, l’udienza pubblica è stata fissata per dopo circa tre mesi dalla decretazione, ossia il 2.12.2010; ne consegue che parte ricorrente avrebbe ben potuto conoscere la vigenza delle nuove norme ed avrebbe goduto pacificamente dei tempi tecnici ivi stabiliti per approntare le proprie difese.

2. Nel merito, il ricorso è infondato e va respinto.

Dalla relazione di verificazione è emerso che "l’unico elemento strutturale preesistente residuato dalla vecchia struttura dell’immobile (…) è un muro che adesso si trova a tergo della struttura realizzata (…) e il muro di perimetro della cisterna (…) che in gran parte risulta interrato e giace su terreno fortemente scosceso.".

Si può, quindi, concludere – anche grazie all’ausilio dei grafici allegati alla relazione – che solo il muro di fondo della vecchia costruzione è rimasto inalterato, mentre gli altri lati dell’edificio, le tramezzature interne e le coperture sono elementi costruttivi assolutamente nuovi.

Tale conclusione risulta peraltro avallata anche dai dati evidenziati nella consulenza di parte depositata dalla ricorrente, nella quale si corrobora (involontariamente) la tesi dell’amministrazione resistente laddove si sottolinea che la parte residua è pari a circa il 50% della superficie muraria, mentre oltre il 40% della stessa sarebbe di nuova costruzione.

Per di più, si evince dalla pianta allegata alla relazione di verificazione che il muro preesistente lasciato integro solo a tergo della costruzione non sia stato inglobato nell’edificio fino a costituire una parte integrante (seppur minore) della superficie muraria, ma è stato lasciato in piedi con funzione quasi simbolica (a voler testimoniare un "restauro" più presunto che reale), dato che in aderenza alla vecchia parete risulta tracciata in pianta una muratura nuova che corre parallela e si chiude in cerchio con le altre nuove pareti.

Quindi, non si è in presenza – come si assume in ricorso – di un restauro conservativo, definito dall’art. 20, lett. c, della L.R. 71/1978 come "interventi di restauro e di risanamento conservativo: quelli rivolti a conservare l’ organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’ organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili.".

E’ stato, infatti, precisato che "Devono considerarsi interventi di restauro e di risanamento conservativo quelli che rispettano gli elementi tipologici, formali e strutturali del complesso edilizio sul quale è opportuno agire, così come stabilito dall’art. 20 l. reg. sic. 27 dicembre 1978 n. 71" (C.G.A. 356/1994), e che "Sono qualificabili interventi di restauro e risanamento conservativo gli interventi sistematici che, pur con rinnovo di elementi costitutivi dell’edificio preesistente, ne conservano tipologia, forma e struttura; per contro, rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia le opere rivolte a creare un organismo in tutto o in parte diverso da quello oggetto di intervento." (Cons. Stato, IV, 2981/2008).

In conclusione, non può integrare la tipologia del restauro conservativo un intervento edilizio che si sia sviluppato attraverso la cospicua (o maggioritaria) realizzazione di elementi strutturali del tutto nuovi, che si affiancano a pochi relitti murari preesistenti e costituiscono larga percentuale della complessiva superficie muraria, soprattutto allorquando siano lasciati integri solo alcuni elementi strutturali preesistenti allo scopo di costituire un simbolico paravento della nuova costruzione.

Il ricorso va pertanto respinto, e la ricorrente sopporterà le spese processuali indicate in dispositivo, comprese le spese concernenti la verificazione che saranno liquidazione con separato decreto presidenziale ai sensi dell’art. 66, co. 4, del c.p.a.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese a carico dell’impresa ricorrente per Euro 2.500 oltre IVA, CPA e spese generali.

Dispone l’invio del fascicolo al Presidente della Sezione, a cura della Segreteria, per la liquidazione del compenso del verificatore

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Salvatore Schillaci, Presidente FF

Pancrazio Maria Savasta, Consigliere

Francesco Bruno, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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