Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 19-07-2012, n. 12520 Categoria, qualifica, mansioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. M.M.V. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Roma, pubblicata il 10 agosto 2006, che ha accolto il gravame svolto da Poste italiane s.p.a. contro la decisione di primo grado di accoglimento della domanda svolta da M.M.V., dipendente postale, per il riconoscimento del superiore inquadramento nell’area quadri di 2^ livello, con condanna della società al pagamento delle differenze retributive.

2. M., inquadrata nell’area operativa ex 6^ categoria, esponeva di aver retto l’agenzia di base di minor entità di (OMISSIS) in qualità di direttore, dal 1.9.1994 al 5.1.1997; di aver svolto funzioni di direttore di agenzia di media entità di (OMISSIS) dal 6.1.1997 al 4.7.1997, ed in seguito, nuovamente, dell’agenzia di base di (OMISSIS) fino al 31.8.1998, data in cui veniva sollevata dall’incarico poichè la predetta agenzia veniva classificata di media entità, onde il suo diritto all’inquadramento preteso con decorrenza dal 26.11.1994 o quantomeno dal 4.7.1997.

3. La Corte d’appello, a sostegno del decisum, riteneva:

– l’agenzia in questione, classificata di minore entità, era divenuta di media entità con assegnazione di personale inquadrato in Q2 solo dal 1.9.1998, nè poteva presumersi che anche nel quadriennio precedente potesse considerarsi di tale rilevanza sulla base di una comparazione nazionale tra agenzie e sulla consistenza organizzativa e il volume di affari, trattandosi di dato non acquisito al processo;

– dal 6.1.1997 al 4.7.1997 non poteva trovare applicazione l’art. 2103 c.c. non essendo stato superato il periodo semestrale richiesto dalla norma contrattuale;

– infine, per il periodo successivo, legittimamente la società, riclassificata l’agenzia di (OMISSIS) in agenzia di media entità, destinava la dipendente ad altro incarico non avendo la qualifica per la direzione della predetta agenzia.

4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, M. M.V. ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Poste italiane s.p.a. ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso.
Motivi della decisione

5. Il Collegio rileva, in via preliminare, l’inammissibilità della costituzione di nuovo difensore della controricorrente, mediante procura a margine di "atto di nomina" depositato nell’imminenza dell’udienza odierna. E infatti la facoltà di apporre la procura speciale anche in calce o a margine della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato, è stata introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 9, lett. c) a modifica dell’art. 83 c.p.c., comma 3 e tale disposizione, secondo quanto dispone la norma transitoria contenuta nella cit. L., art. 58, comma 1, si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore, cioè ai giudizi proposti in primo grado a decorrere dal 4 luglio 2009, poichè il riferimento ai "giudizi instaurati", e non alle "impugnazioni proposte", rivela l’intento del Legislatore di riferire le modifiche normative alle nuove controversie, introdotte dopo l’entrata in vigore della legge, tranne le modifiche per le quali è stata esplicitamente prevista l’applicazione anche ai giudizi pendenti (cfr., ex multis, Cass. 23816/2010; 929/2012; 6784/2012;

9658/2012).

6. La ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia con riferimento all’entità dell’agenzia di (OMISSIS) per non aver la Corte territoriale tenuto conto delle dedotte prove documentali (primo motivo di ricorso); violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 38 CCNL, artt. 1175 e 1375 c.c. per aver la sentenza impugnata ritenuto la riclassificazione dell’agenzia atto unilaterale del datore di lavoro (secondo motivo); omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo per il giudizio e violazione dell’art. 44 del CCNL in riferimento all’art. 2103 c.c. e/o dell’art. 38 CCNL 26.11.1994 (terzo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt.1175, 1375, 1460 c.c. per non aver i Giudici del gravame adeguatamente valutato il comportamento elusivo della società (quarto motivo).

7. Il primo motivo è inammissibile perchè l’illustrazione del motivo non si conclude con la formulazione del momento sintesi a norma dell’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis, trattandosi di impugnazione avverso una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006, data dalla quale si applicano le modifiche al processo di cassazione introdotte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e in vigore fino al 4 luglio 2009 (L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d e art. 58, comma 5; ex multis, Cass. 7119/2010; Cass. 20323/2010). Anche per le censure previste dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’onere di indicare chiaramente il fatto controverso ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366-bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente rammissibilità del ricorso (in argomento, ex multis, Cass. 27680/2009, 11094/2009, 8897/2008; SU 20603/2007). Il ricorso è, nella specie, totalmente privo di tale indicazione, onde deve dichiararsi l’inammissibilità del motivo.

8. Il secondo motivo non risulta autosufficiente giacchè non spiega come sia stata introdotta nel giudizio la questione posta con riferimento al preteso comportamento elusivo della società nel rinviare, nel tempo, la riclassificazione asseritamente già dovuta e/o avvenuta ma non ufficializzata, all’uopo richiamando circolare del 12 novembre 1997 esplicativa del contratto collettivo di settore della quale si riproduce in ricorso solo parte del contenuto.

9. Secondo la giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, di questa Corte, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., n. 6, oltre a richiedere la "specifica" indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto; tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass., SU, n. 28547/2008;

Cass., n. 20535/2009).

10. La giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte ha ulteriormente ritenuto che la previsione di cui al ricordato art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, deve ritenersi soddisfatta, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale siano contenuti gli atti e i documenti su cui il ricorso si fonda, ferma in ogni caso l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (cfr., Cass., SU, 22726/2011).

11. La ricorrente non ha adempiuto a tali oneri, poichè ha bensì depositato il proprio fascicolo, senza tuttavia fornire nel ricorso la specifica indicazione dei dati necessari al reperimento della circolare su cui si fonda il motivo; ne discende l’inammissibilità del motivo.

12. Anche il terzo motivo risulta inammissibile giacchè la formulazione di plurimi quesiti in forma meramente ipotetica, senza indicare la regula iuris contrastata e la diversa regula iuris proposta dal ricorrente, nè individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto, non rispetta la prescrizione del codice di rito informandosi all’interpretazione datane dalla già richiamata giurisprudenza di legittimità.

13. Inoltre la formulazione del quesito di diritto non dovrebbe implicare una previa attività interpretativa della Corte, come accade in presenza di un quesito multiplo la cui formulazione imponga alla Corte di sostituirsi al ricorrente mediante una preventiva opera di semplificazione, onde procedere a singole risposte che potrebbero essere tra loro diversificate (v., ex multis, Cass. 1906/2008).

14. Infine il quarto motivo, incentrato sull’inadeguata valutazione da parte della Corte territoriale dell’asserito comportamento elusivo della società che, pur nella consapevolezza della carenza di personale nell’area Q2, avrebbe capziosamente continuato ad utilizzare personale, come la M., appartenente alla qualifica di area operativa onde profittare della maggiore professionalità acquisita, è del tutto inconferente rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, risultando inammissibile giacchè non si concreta in una critica della decisione impugnata e nell’esplicita e specifica indicazione dell’erroneità delle ragioni che la sorreggono.

15. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *