Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 19-07-2012, n. 12509 Pensione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Lecce, con sentenza in data 11 maggio 2006, in riforma della sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da C.F. nei confronti dell’INPS volta ad ottenere la trasformazione della pensione sociale in assegno sociale a decorrere dal primo gennaio 1996 e la condanna dell’Istituto al pagamento degli aumenti mensili di cui alla L. n. 488 del 1998, art. 67, comma 1, ha dichiarato inammissibile l’appello dell’Istituto, perchè proposto oltre il termine breve di trenta giorni previsto dall’art. 325 c.p.c..

Ha osservato la Corte territoriale che era corretta, ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, la notifica della sentenza di primo grado effettuata il 21 luglio 2005, onde essendo stato depositato il ricorso in appello il 5 settembre 2005 era decorso il termine di trenta giorni previsto a pena di decadenza per la proposizione dell’impugnazione.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione l’INPS sulla base di tre motivi.

L’intimato ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione

Con il primo motivo di gravame, recante il relativo quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., allora in vigore (è stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d), il ricorrente, denunziando violazione o falsa applicazione degli artt. 170, 285, 325, 326, 327 e 434 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deduce che la sentenza di primo grado è stata notificata all’INPS e non già al procuratore dello stesso Istituto costituito nel giudizio di primo grado. Tale notifica, effettuata il 21 luglio 2005, è inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, onde, essendo stato il ricorso in appello depositato in cancelleria il 5 settembre 2005, esso era ammissibile perchè proposto entro il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza previsto (allora) dall’art. 327 c.p.c..

Con il secondo motivo, cui fa seguito il quesito di diritto, il ricorrente, denunziando violazione o falsa applicazione della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, commi 6 e 7 e della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26, in riferimento alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, all’art. 11 disp. gen. e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce che la Corte territoriale, nel dichiarare inammissibile l’impugnazione, ha di fatto confermato la decisione di primo grado che aveva erroneamente accolto la domanda del pensionato, riconoscendogli il diritto alla trasformazione della pensione sociale in assegno sociale a decorrere dal primo gennaio 1996.

Tale decisione è errata, atteso che, come ha avuto modo di affermare la giurisprudenza di legittimità, in base al principio di irretroattività delle leggi ed in mancanza di previsione circa la trasformazione della pensione sociale in assegno sociale, non è applicabile la disposizione di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6 – che prevede la corresponsione dell’assegno in luogo della pensione in favore degli ultrasessantacinquenni – nei confronti dei pensionati che alla data di entrata in vigore della disposizione avevano compiuto, come l’odierno intimato, sessantacinque anni di età ed erano titolari di pensione sociale sostitutiva di un trattamento di invalidità civile.

Con il terzo motivo, anch’esso accompagnato dal quesito di diritto, il ricorrente, denunziando violazione o falsa applicazione della L. 23 dicembre 1988, n. 448, art. 67, della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, commi 6 e 7 e della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta che l’mainmissibilità dell’appello ha comportato anche la conferma della sentenza di primo grado nella parte in cui è stato riconosciuto il diritto del pensionato a percepire sull’assegno sociale gli aumenti mensili di cui alla L. n. 448 del 1988, art. 67.

Rileva che detti aumenti sono subordinati al requisito reddituale di entrambi i coniugi e non già, come ritenuto dal primo giudice, del solo pensionato.

Il primo motivo non è fondato.

E’ principio consolidato di questa Corte che ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare è necessario che la notifica avvenga presso il procuratore della parte e nel domicilio dallo stesso indicato, secondo le previsioni degli artt. 285 e 170 c.p.c..

E’ invece inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, che rimane quello ordinario previsto dall’art. 327 c.p.c., la notificazione della sentenza eseguita alla controparte personalmente.

Risulta dalla memoria di costituzione dell’INPS in primo grado – che questa Corte è abilitata ad esaminare attesa la natura del vizio denunziato – che l’INPS era rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Maggio ed era elettivamente domiciliato in Lecce, Viale Marche n. 14 "negli Uffici della propria Avvocatura".

La notifica della sentenza è stata effettuata "all’INPS in persona del legale rappresentante avv. Giuseppe Maggio, consegnandone copia a mani presso la sede dell’Ufficio Legale in Viale Marche n. 14 – 73100 Lecce………….".

L’esplicita menzione del procuratore dell’INPS e la consegna dell’atto presso la "sede dell’Ufficio legale" esclude che la notifica debba considerarsi eseguita alla parte personalmente, dovendo viceversa ritenersi che essa sia stata effettuata al procuratore costituito in primo grado, ancorchè indicato quale rappresentante legale anzichè processuale.

Appare inoltre soddisfatta l’esigenza di assicurare che la sentenza, ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, venga portata direttamente a conoscenza della persona professionalmente qualificata ad esprimere un parere tecnico sulla convenienza ed opportunità della proposizione del gravame.

Discende da quanto esposto che, essendo la notifica idonea ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, l’appello, in quanto proposto oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 325 c.p.c., era inammissibile, così come ritenuto dalla sentenza impugnata.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, assorbiti gli altri motivi, previa compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio, attesa la peculiarità della fattispecie.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *