Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 19-07-2012, n. 12506

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 398 del 2005 il Giudice del lavoro del Tribunale di Chieti accoglieva la domanda proposta da R.U. nei confronti del Ministero della Salute, diretta alla condanna di quest’ultimo al pagamento degli interessi legali sui ratei arretrati dell’indennizzo ex L. n. 210 del 1992, dalla data della domanda amministrativa fino alla liquidazione.

Il Ministero proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda.

Il R. si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di L’Aquila, con sentenza depositata il 14/12/2006, rigettava l’appello.

In sintesi la Corte territoriale, confermata la legittimazione passiva del Ministero della Salute, affermava che l’indennizzo de quo aveva natura non già risarcitoria ma assistenziale in senso lato, ed era alternativo rispetto alla pretesa risarcitoria volta ad ottenere l’integrale risarcimento dei danni subiti in conseguenza del contagio, nella sussistenza della colpa delle strutture del SSN, con la conseguenza che, in caso di ritardo nell’erogazione erano dovuti gli interessi legali con l’applicabilità di tutte le relative disposizioni.

Per la cassazione di tale sentenza il Ministero della Salute ha proposto ricorso con un motivo.

Il R. è rimasto intimato.

Infine il Ministero della Salute ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

Con l’unico motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 7, comma 1 e 2, lett. A, nonchè artt. 114 e 123 del D.Lgs. n. 112 del 1998, sostiene che la Corte di merito erroneamente ha affermato la legittimazione passiva di esso Ministero, nella fattispecie (relativa ad una domanda di beneficio assistenziale ex L. n. 210 del 1992, presentata nel novembre 2001, successivamente al trasferimento dallo Stato alle Regioni delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia), senza considerare che il rapporto sostanziale era stato ormai trasferito alla Regione, così "scindendo, senza alcuna plausibile ragione, la titolarità del rapporto sostanziale per cui è causa dalla legittimatio ad processum".

Il motivo è infondato.

Come è stato affermato da questa Corte e va qui ribadito, "in tema di indennizzo ai sensi della L. n. 210 del 1992, la titolarità passiva del rapporto per la generalità delle controversie amministrative e giudiziali spetta al Ministero della salute, indipendentemente dal momento di presentazione della domanda amministrativa per il riconoscimento del beneficio ovvero dalla data di trasmissione della medesima dalle Usl al Ministero della salute, dovendosi ritenere che il D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 123, nel conservare "allo Stato le funzioni in materia di ricorsi per la corresponsione degli indennizzi" in questione, abbia stabilito la perdurante legittimazione a contraddire del Ministero della salute sia in sede amministrativa che giudiziale, così da assicurare al medesimo una visione generale delle problematiche espressamente riservate allo Stato dal D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 112, comma 2, lett. f), prevedendo il trasferimento alle Regioni – mediante diversi D.P.C.M. susseguitisi nel tempo e, come tali, non suscettibili di derogare alla disposizione di legge – dei soli oneri economici, ricadenti nell’ambito delle competenze amministrative attribuite alle Regioni ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 114" (Cass. 13/10/2009 n. 21704, Cass. S.U. 9-6-2011 n. 12538, Cass. 28-12-2011 n. 29311).

In particolare le Sezioni Unite hanno affermato che dal complesso quadro normativo "emerge che: a) le disposizioni sul contenzioso contenute nei cit. D.P.C.M. riguardano solo l’onere dello stesso, ma da esse non si ricava anche un regola processuale sulla legittimazione passiva, nè potrebbe ricavarsi per inidoneità della fonte a disciplinare tale aspetto pur in un mutato contesto costituzionale di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regione,che ora assegna alle regioni la competenza residuale in materia di assistenza sociale; b) la L. n. 210 del 1992, art. 5 continua ad assegnare al Ministro della salute la competenza a decidere il ricorso amministrativo avverso la valutazione della commissione medico-ospedaliera; c) questa competenza è stata fatta salva dal D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 123 e sopravvive anche nel mutato contesto di trasferimento alle regioni di compiti e funzioni in tema di indennizzo (ad opera del cit. D.P.C.M. 8 gennaio 2002 e D.P.C.M. 24 luglio 2003) e di attribuzione alle regioni della competenza legislativa residuale in materia di assistenza pubblica (ad opera dell’art. 117 Cost., comma 4, riformato). Di tale permanente vigenza c’è indiretta conferma nell’accordo Stato- Regioni". Pertanto, "come il Ministro della Salute decide in sede amministrativa pronunciandosi sul ricorso di chi chiede la prestazione assistenziale in esame, analogamente è nei suoi confronti che va proposta l’azione giudiziaria con cui il danneggiato rivendica l’indennizzo" (così Cass. S.U. 12538/2011 cit., che non distingue affatto tra azione di mero accertamento e azione di condanna, come sostiene il ricorrente nella memoria).

Il ricorso va pertanto respinto.

Infine non deve provvedersi sulle spese, non avendo l’intimato svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2012.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *