Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 19-07-2012, n. 12502 Categoria, qualifica, mansioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 601 dell’11 ebbraio 2008, decidendo sull’impugnazione proposta da C. F. nei confronti di Intesa SANPAOLO spa, con riguardo alla sentenza emessa il 16 marzo 2005 dal Tribunale di Napoli, la accoglieva in parte.

Dichiarava, quindi, il diritto del C. all’inquadramento nel grado di "quadro super" di cui al CCNL del settore credito dal dicembre 2005, con la conseguente condanna della società al pagamento delie differenze retributive con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dalla maturazione del credito al saldo.

Confermava nel resto la sentenza impugnata.

2. Il C. aveva adito il Tribunale premettendo:

di essere stato assunto dalla Sofiban spa dal 1 settembre 1985; di essere poi stato assunto dal Banco Napoli Holding spa (con lettera del 21 settembre 1989 e decorrenza 2 ottobre 1989), con la qualifica di quadri ctg I super ai sensi del CCNL dipendenti da aziende del settore terziario;

che in seguito all’incorporazione della suddetta società per fusione nel Banco Napoli spa, aveva ricevuto da quest’ultima società una lettera, con la quale gli veniva comunicato che il rapporto di lavoro sarebbe continuato con decorrenza 1 febbraio 2005 e sarebbe stato regolato dal CCNL del settore credito, con inquadramento nella 4 area professionale – 1^ livello retribuivo (quadro), con riconoscimento di due scatti di anzianità e relativo trattamento economico.

Tanto premesso, per quanto qui rileva, chiedeva che gli fosse riconosciuto l’inquadramento equivalente a quello presso la Banco Napoli Holding spa con le relative conseguenze economiche, tra le quali il riconoscimento dei successivi aumenti contrattuali.

3. Per la cassazione della suddetta sentenza della Corte d’Appello di Napoli ricorre la società Intesa SANPAOLO spa prospettando due motivi di ricorso.

4. Resiste con controricorso e ricorso incidentale il C., il cui motivo di impugnazione è articolato nella prospettazione di più quesiti di diritto.

5. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. In via preliminare deve essere disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

2. Con il primo motivo di ricorso, assistito dal prescritto quesito di diritto, è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Ad avviso della ricorrente, l’inquadramento nella qualifica di quadro super era stata operata, incorrendo nel vizio di ultrapetizione, in ragione delle nuove funzioni svolte presso la società incorporante e non, come chiesto dall’attore, in ragione di quelle svolte presso la società incorporata.

3. Con il secondo motivo di ricorso, in uno al quesito di diritto, è dedotta omessa, insufficiente, illogica, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, implicante la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., e saegg. e art. 1372 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

La società censura la motivazione relativa alla sussistenza dei requisiti contrattuali previsti per l’inquadramento del lavoratore quale "quadro super", deducendo che la sentenza della Corte d’Appello:

ha omesso di pronunciare sull’eccezione di inammissibilità dell’allegazione e invocazione solo in grado di appello della contrattazione collettiva del settore credito;

ha omesso di accertare se l’Ufficio cui era addetto il C. presso la Banco Napoli spa dal 1 dicembre 1995, costituiva o meno una dipendenza;

ha fatto riferimento alle funzioni svolte presso la BN Holding spa.

Deduceva, altresì, che il C. aveva sovrinteso all’attività di quattro impiegati presso la BN Holding e non presso la società Banco Napoli, come si evinceva dallo stesso ricorso dell’attore, ove non era preposto ma era coadiuvato da 2/3 impiegati e un commesso.

Infine, ad avviso della società ricorrente, erano state violate le regole ermeneutiche in relazione alla disciplina del CCNL, che andava applicato nella sua unitarietà, in quanto, da un lato, si disconosceva il tenore letterale dell’art. 17, che richiede sia la dipendenza bancaria che la preposizione ad essa e la stabilità del numero dei dipendenti, dall’altro non si era proceduto ad una interpretazione sistematica della declaratoria dei profili del "quadro" e del "quadro super".

4. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione; gli stessi non sono fondati e, pertanto, devono essere rigettati.

Nella specie, si controverte della domanda di inquadramento superiore rispetto a quello in atto presso la società Banco Napoli, prospettata in ragione dell’inquadramento di cui il lavoratore godeva, in precedenza, presso la BN Holding spa e della intervenuta dequalificazione.

Dunque, non è ravvisabile il dedotto vizio di ultrapetizione, in quanto, la Corte d’Appello, come già il giudice di primo grado, prendeva in esame le qualifiche successivamente ricoperte, e procedeva, quindi, ad esaminare le mansioni effettivamente svolte presso il Banco di Napoli alla luce dell’art. 17 del CCNL credito, già richiamato nella sentenza di primo grado.

Ed infatti, come questa Corte ha avuto modo di affermare, il vizio di ultra o extra petizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che egli è libero di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti dedotti in giudizio ed all’azione esercitata, purchè non pervenga ad una non consentita immutazione dei fatti prospettati dalle parti. (Cass., n. 6757 del 2011, n. 14468 del 2009). Non è, dunque, ravvisabile, per le ragioni anzidette, una causa petendi diversa da quella che concorre a definire la domanda del C..

Occorre, altresì, rilevare come la Corte d’Appello, con congrua motivazione che non lede le regole dell’ermeneutica contrattuale, ha affermato l’applicabilità, alla fattispecie in esame, del CCNL credito, art. 17, condividendo sul punto analoga statuizione del Tribunale e ravvisando le condizioni di applicabilità dello stesso in ragione dell’essere stato preposto il C. a dipendenza composta da quattro dipendenti. Le deduzioni della ricorrente, fondate su un parziale e frammentario richiamo del ricorso di primo grado, si sostanziano nella prospettazione di un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito che tenderebbe ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione.

5. Il ricorso deve essere rigettato.

6. Il ricorso incidentale verte sulla statuizione con la quale la Corte d’Appello rigettava le domande proposte dal C. relative al deterioramento del trattamento economico con riferimento alla preclusione di futuri miglioramento a causa del riassorbimento dell’assegno ad personam conferito al fine di evitare, all’epoca del passaggio, una diminuzione del trattamento economico.

Prospetta il C. che la statuizione di accoglimento e quella di rigetto sono state motivate, nei diversi gradi di giudizio, in modo divergente e anche confliggente.

Il primo giudice argomentava il rigetto richiamando i principi in base ai quali, in caso di successione dei contratti collettivi, è possibile la reformatio in peius delle condizioni dei rapporti di lavoro, non essendo configurabili diritti quesiti, così ritenendo erroneamente applicabile la L. n. 428 del 1990, art. 47, a scapito di quanto stabilito dall’art. 2112 c.c., atteso che si verteva in ipotesi di trasferimento d’azienda, ove il lavoratore non aveva mai ratificato il nuovo contratto di lavoro.

La Corte d’Appello avrebbe motivato la legittimità della decurtazione della retribuzione in violazione dell’art. 2103 c.c., laddove l’equivalenza delle mansioni deve esser intesa anche come equivalenza professionale, oltre che retributiva, con la conseguente illegittimità di ogni reformatio in peius.

Infine il C. si duole di essere stato escluso dagli aumenti salariali concordati tra le categorie sindacali fino al 2007.

Occorre premettere che censure alla sentenza di primo grado non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità se non nell’impugnativa delle relative statuizioni della Corte d’Appello sui motivi di ricorso prospettati in detto grado di giudizio.

Il motivo, come articolato, attiene, nel complesso, all’applicazione dell’art. 2103 c.c..

Lo stesso non è fondato.

Il giudice di secondo grado, correttamente e con congrua motivazione, ha fatto applicazione di un principio di carattere generale che coniuga il divieto di cui all’art. 2103 c.c., con la possibilità del riassorbimento di assegni ad personam nel caso di intervenute progressioni.

Si può ricordare, in proposito, per la valenza di ordine generale del principio di fondo enunciato, benchè la fattispecie riguardi l’impiego pubblico contrattualizzato, che nella giurisprudenza di questa Corte può dirsi ormai consolidato il condiviso orientamento secondo cui, nell’ambito del lavoro pubblico, nel caso di passaggio da una Amministrazione ad un’altra è assicurata – in mancanza di disposizioni speciali – la continuità giuridica del rapporto di lavoro e il mantenimento del trattamento economico, il quale, ove risulti superiore a quello spettante presso l’ente di destinazione, opera nell’ambito della regola del riassorbimento degli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius del trattamento economico acquisito, in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti per effetto del trasferimento, secondo quanto risulta argomentando dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art 34, come sostituito dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 19 (ora D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31), che richiama le regole dettate dall’art. 2112 c.c. (Cass. 16 giugno 2005, n. 12956; Cass. 13 aprile 2006, n. 8693; Cass. 11 aprile 2006, n. 8389; Cass. 8 maggio 2006, n. 10449; Cass. 8 gennaio 2007, n. 55;

Cass. 2 febbraio 2007, n. 2265; Cass. 29 marzo 2010, n. 7520; Cass. 19 novembre 2010, n. 23474; Cass. 2 marzo 2011, n. 5097, Cass. 16 aprile 2012, n. 5259).

7. Il ricorso incidentale deve essere rigettato.

8. Le spese del presente giudizio sono compensate tra le parti in ragione della reciproca soccombenza.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2012
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