Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-01-2013) 19-09-2013, n. 38714

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 12.7.2012 il Tribunale del riesame di Ferrara respingeva il gravame presentato nell’interesse di C.S. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Ferrara in data 15.6.2012, avente per oggetto un immobile sito in (OMISSIS).

Nei confronti di C.S. pende un procedimento in ordine al delitto di cui alla L. n. 646 del 1982, artt. 30 e 31, perchè, essendo stato condannato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., non aveva comunicato al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale le variazioni nella entità e nella composizione del patrimonio costituite dall’acquisto (insieme alla moglie) in data 28.1.2011 di un appartamento, pagando il corrispettivo con assegni per 53.000 Euro, e della stipula di un mutuo ipotecario di 212.000 Euro.

Poichè alla condanna per il suddetto delitto segue la confisca dei beni a qualunque titolo acquistati, è stata emessa ex art. 321 c.p.p., la misura cautelare reale nei confronti del bene come sopra acquistato. La difesa aveva sostenuto nel ricorso al Tribunale del riesame che mancava il fumus commissi delicti, in quanto non appariva sussistente l’elemento soggettivo del reato in considerazione delle modalità di commissione del fatto.

Il Tribunale del riesame respingeva il gravame ritenendo che, ai fini dell’emanazione del provvedimento di sequestro, non dovevano essere accertati gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato, e che in sede di riesame della misura cautelare reale doveva essere compiuta solo una sommaria verifica della sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie contestata, compreso quindi anche l’elemento soggettivo, del quale poteva essere rilevata l’insussistenza solo quando la stessa fosse emersa ictu oculi.

Nel caso di specie, il fumus commissi delicti, secondo il Tribunale, era del tutto evidente anche con riguardo alla sussistenza del dolo, poichè non poteva darsi credito alla versione del C., peraltro non sostenuta da alcuna prova, che egli avrebbe informato dell’acquisto il maresciallo dei carabinieri incaricato della sorveglianza.

Non rilevava che la compravendita immobiliare fosse stata effettuata per atto pubblico, in quanto lo stesso non deve essere portato a conoscenza del nucleo di polizia tributaria ad opera del notaio, nè poteva ritenersi che il bene fosse destinato al soddisfacimento dei bisogni quotidiani, non essendo un appartamento destinato ad assicurare il soddisfacimento delle esigenze primarie di vita della persona.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone l’annullamento per violazione di legge processuale e penale.

Secondo il Tribunale, a parere del ricorrente, la sussistenza della condotta illecita conseguirebbe alla mera omissione della comunicazione richiesta e il dolo sussisterebbe in re ipsa, senza neppure considerare che la compravendita e gli atti ad essa collegati erano avvenuti mediante atti pubblici. Essendo stati nel caso di specie sia la compravendita che la stipulazione del mutuo ipotecario compiuti mediante atti pubblici, con comportamento indiziariamente contrario alla volontà di nascondere la variazione patrimoniale, il Tribunale avrebbe dovuto individuare da quali indici sintomatici si poteva ritenere sussistente il dolo richiesto per la commissione del reato de quo. Il fumus delicti non poteva tradursi in una enunciazione astratta priva di qualsiasi riferimento ad elementi concreti di valutazione in relazione all’ipotesi di reato contestata, e il Tribunale non aveva in alcun modo precisato da quali concreti elementi poteva desumersi la sussistenza dell’elemento soggettivo contestato.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Il ricorrente non contesta che il C., per il disposto della L. n. 649 del 1982, artt. 30 e 31, avesse l’obbligo di comunicare al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale le rilevanti variazioni intervenute nel suo patrimonio (acquisto di un appartamento e stipula di un mutuo ipotecario) e neppure contesta il potere del GIP, ex art. 321 c.p.p., comma 2, di disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca; sostiene però, in sostanza, che non si sarebbe dovuto emettere il sequestro preventivo poichè risultava evidente la mancanza di dolo dell’indagato, avendo lo stesso acquistato l’appartamento per atto pubblico.

Correttamente il Tribunale ha rilevato che, per emettere il decreto di sequestro preventivo, non occorrono gravi indizi di colpevolezza, essendo detto sequestro un provvedimento cautelare che deve assicurare l’indisponibilità o impedire la sottrazione della cosa, oggetto di possibile confisca, fino all’esito del processo.

Nel provvedimento impugnato è contenuta anche un’adeguata motivazione – che comunque non presenta alcun vizio sotto l’aspetto logico giuridico – sulla sussistenza del fumus commissi delicti, con riguardo anche alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

Tanto bastava per confermare il provvedimento cautelare, essendo ovviamente riservato al giudizio, nel contraddittorio delle parti e dopo la raccolta delle prove, stabilire se il C. è responsabile del reato sopra indicato.

Il ricorrente ha posto questioni che dovranno essere esaminate in sede di giudizio e senza fondamento ha criticato il provvedimento del Tribunale del riesame che ha, contrariamente a quanto denunciato nei motivi di ricorso, adeguatamente verificato la sussistenza di tutti i presupposti di legge per l’emissione del decreto di sequestro preventivo.

Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2013

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