Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-01-2013) 19-09-2013, n. 38711

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto in data 10.1.2012 la Corte d’appello di Reggio Calabria confermava il decreto del Tribunale di Reggio Calabria in data 16.11.2010 con il quale nei confronti di P.P. era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di due anni e sei mesi con l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza e con cauzione.

La Corte d’appello respingeva l’eccezione di incompetenza, riproposta preliminarmente dall’appellante, rilevando che la maggior parte dei fatti per i quali il proposto aveva riportato sentenze di condanna erano stati commessi nel territorio di (OMISSIS) ove il P. risultava essere residente. Effettivamente nel 2009 era stato arrestato in (OMISSIS) mentre trasportava in autostrada un rilevante quantitativo di cocaina, ma non poteva ritenersi che il proposto avesse manifestato la propria pericolosità nel territorio del suddetto Comune, poichè dalle circostanze dell’arresto doveva dedursi che il P. stesse trasportando la droga nella sua zona di residenza. Inoltre, essendo stato controllato più volte insieme a pregiudicati nel Comune di (OMISSIS), si aveva la conferma che aveva manifestato la sua pericolosità nella provincia di Reggio Calabria.

Riteneva che, a differenza di quanto si verifica nel caso di sentenza, il provvedimento emesso a seguito di rito camerale è caratterizzato dall’unità della motivazione con il dispositivo, e quindi quest’ultimo ben può essere integrato dalla motivazione, come nel caso di specie in cui l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza risultava chiaramente dalla motivazione del provvedimento, anche se non se ne era fatta menzione nel dispositivo.

Al fine di dimostrare l’attualità della pericolosita sociale del P. venivano menzionati i precedenti penali; l’avviso orale in data 31.7.2008 che non aveva sortito alcun effetto; i reati commessi successivamente alla notifica dell’avviso orale fino all’arresto per il trasporto in data 30.9.2009 di un considerevole quantitativo di cocaina.

Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone l’annullamento per l’assenza della motivazione.

Ai fini della competenza, non rileva il criterio della residenza anagrafica, ma si deve aver riguardo ai luoghi in cui si è estrinsecata la presunta pericolosità del proposto. P.P., sebbene residente a (OMISSIS), aveva estrinsecato la sua maggiore pericolosità in (OMISSIS), nel luogo in cui aveva commesso il più grave delitto, essendo stato arrestato in possesso di un notevole quantitativo di cocaina. I delitti commessi in provincia di (OMISSIS), invece, non erano nè recenti nè gravi.

La Corte d’appello, ritenendo che il Tribunale avesse imposto anche l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza, aveva violato il divieto di riformatio in peius, in quanto di detto obbligo non vi era menzione nel dispositivo del decreto.

Che nel caso di specie si dovesse dare la prevalenza al contenuto del dispositivo risultava non solo dal fatto che in esso non vi era menzione dell’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, ma anche dalla prescrizione di non allontanarsi dalla propria dimora per più di 24 ore senza preventivo avviso alle forze dell’ordine, prescrizione questa incompatibile con l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza.

Sul punto la Corte territoriale non aveva dato alcuna risposta al motivo d’appello con il quale erano state sollevate le suddette obiezioni.

Il provvedimento impugnato era sostanzialmente privo di motivazione con riguardo alla pericolosità sociale del ricorrente, in quanto si era limitato ad elencare i precedenti penali e i carichi pendenti dello stesso, con un breve riferimento a pochissime frequentazioni con persone pregiudicate.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati.

E’ necessario premettere che la L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, penultimo comma ammette il ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte d’appello solo per violazione di legge, e quindi il sindacato di legittimità sui provvedimenti in materia di prevenzione non può estendersi al controllo dell’iter giustificativo della decisione.

Nel procedimento di prevenzione, in sede di legittimità, non è quindi deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente o presenti difetti tali da renderla meramente apparente e in realtà inesistente, ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità; ovvero quando la motivazione stessa si ponga come assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, al punto da non potersi comprendere le ragioni che hanno giustificato la decisione sulla misura; ovvero, ancora, quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato l’applicazione della misura.

Solo in tali casi può ravvisarsi violazione di legge per mancata osservanza, da parte del giudice di merito, dell’obbligo sancito dalla L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 10 di provvedere con decreto motivato.

Quanto all’eccezione di incompetenza territoriale, la Corte d’appello ha respinto detta eccezione indicando le molteplici ragioni per le quali il proposto aveva manifestato la propria pericolosità nel luogo in cui risiedeva, e comunque nella provincia di (OMISSIS), precisando che era stato solo occasionalmente arrestato in (OMISSIS), mentre stava trasportando un consistente quantitativo di cocaina nella sua zona di residenza.

Il ricorrente non ha contestato nè il criterio con il quale la Corte d’appello aveva stabilito che competente ad applicare la misura di prevenzione era il Tribunale di Reggio Calabria nè le ragioni per le quali la competenza doveva radicarsi nel predetto Tribunale, limitandosi ad affermare che il più grave reato in materia di sostanze stupefacenti, indicativo della maggiore pericolosità, era stato commesso in (OMISSIS).

Non ha, peraltro, neppure contestato quanto la Corte d’appello aveva rilevato dagli atti, e cioè che il reato era stato solo casualmente accertato a (OMISSIS), mentre il quantitativo di droga doveva essere trasportato dal P. nella zona in cui lo stesso risiedeva.

Correttamente la Corte di merito ha affermato che, nel caso di provvedimento emesso a seguito di camera di consiglio, nel quale la motivazione è notificata con il dispositivo, quest’ultimo può essere integrato dalla motivazione; e nel caso di specie dalla stessa risulta in modo inequivocabile che la misura della sorveglianza speciale applicata comportava anche l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza.

Peraltro, non vi è alcuna incompatibilità tra l’obbligo di soggiorno in un determinato Comune e la prescrizione di non allontanarsi dalla propria abitazione per più di 24 ore senza dare avviso all’autorità preposta al controllo.

Anche con riguardo all’attualità della pericolosità del P. il provvedimento impugnato è adeguatamente motivato, e pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2013

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