Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-01-2013) 06-06-2013, n. 24787

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1 Con sentenza del 2 novembre 2011, la Corte di Appello di Napoli confermava, per quanto qui rileva, la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata – Sezione Distaccata di Gragnano – del 24 febbraio 2011, emessa nei confronti di C.G. e CO.An. (non ricorrente), con la quale gli stessi, imputati, in concorso tra loro, del reato illecita attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali in parte pericolosi (art. 110 c.p. e del D.L. n. 172 del 2008, art. 6, comma 1, lett. d), convertito nella L. n. 210 del 2008, come successivamente modificata dal D.L. n. 196 del 2010, art. 1, comma 7 ter, convertito nella L. n. 1 del 2011) erano stati, rispettivamente, condannati alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 10.000,00 di multa previo riconoscimento in termini di equivalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla contestata recidiva ( C.) e mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed Euro 6.670,00 di multa ( CO.) 1.2 La Corte di Appello, per quanto qui rileva in ordine alla posizione del C. (unico tra i due imputati a proporre ricorso – v. infra), nel confermare il giudizio di colpevolezza, ribadiva la non necessità della qualifica di imprenditore ai fini della configurabilità del reato di raccolta e trasporto di rifiuti, mentre in ordine al trattamento sanzionatorio ribadiva sia la sussistenza della recidiva nei termini contestati al C. sia la sussistenza dell’aggravante contestata, con conseguente piena legittimità della pena originariamente irrogata.

1.3 Ricorre avverso la detta sentenza, come detto, il solo C. G. deducendo tre specifici motivi: a) erronea applicazione della legge penale – del D.L. n. 172 del 2008, art. 6 – in quanto la Corte territoriale ha ritenuto sussistente il reato nonostante il C. svolgesse in modo del tutto occasionale l’attività di rigattiere per il trasporto di cose vecchie non pericolose; b) analogo vizio con riferimento alla ritenuta circostanza aggravante di cui al D.L. n. 172 del 2008, art. 6, lett. d), n. 2, in quanto la Corte distrettuale, oltre ad infliggere una pena di molto superiore ai limiti minimi edittali, non ha nemmeno argomentato in ordine alla pericolosità dei rifiuti trasportati, peraltro neanche provata dall’Accusa; c) erronea applicazione della legge penale – art. 99 c.p. – per avere la Corte territoriale applicato in modo del tutto errato la recidiva qualificata, senza nulla specificare in ordine alla accentuazione della pericolosità sociale derivante dal fatto commesso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato, pertanto, inammissibile. Tutti i motivi a sostegno ripropongono tesi (svolgimento in via occasionale dell’attività di trasporto incompatibile con la figura delittuosa contestata; insussistenza della circostanza aggravante di cui al D.L. n. 172 del 2008, art. 6, lett. d), ed esclusione della recidiva qualificata ex art. 99 c.p., comma 4) già vagliate dalla Corte e – prima ancora – dal Tribunale, le cui argomentazioni sono state richiamate e condivise interamente dalla Corte territoriale, oltre ad essere state disattese con motivazione che, seppure sintetica, si sottrae a qualsivoglia vizio di natura logica ed appare oltretutto aderente alle risultanze istruttorie. In questo senso i motivi del ricorso proprio, perchè speculari e sovrapponibili a quelli già passati in rassegna dalla Corte territoriale, vanno ritenuti inammissibili.

2. Come più volte precisato dalla giurisprudenza di questa Corte con orientamento uniforme, "E’ inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità" (in termini Cass. Sez. 4^, sent. del 29.3.2000 n. 5191; Cass. Sez. 1^ n. del 30.9.2004 n. 39598; Cass. Sez. 2^ 15.5.2008 n. 19951; Cass. Sez. 6^ 23.6.2011 n. 27068).

3. Va, comunque, aggiunto, con riferimento al primo motivo che, come più volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti si configura anche in presenza di una condotta occasionale, in ciò differenziandosi dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, che sanziona la continuità dell’attività illecita (tra le tante, Cass. Sez. 3^ 25.5.2011 n. 24429, D’Andrea, Rv. 250674; nello stesso senso Cass. Sez. 3^ 25.5.2011 n. 24431, P.M. in proc. Grisetti, Rv. 250614; Cass. Sez. 3^ 28.10.2009 n. 79, Guglielmo, Rv. 245709).

4. Quanto al motivo riguardante il difetto di motivazione in ordine alla configurabilità della speciale circostanza aggravante di cui al D.L. n. 172 del 2008, art. 6, lett. d), premesso che il reato contestato risulta commesso nel territorio campano per il quale vige la legislazione di emergenza di cui al detto D.L. convertito nella L. n. 210 del 2008, a sua volta ulteriormente modificata dalla L. n. 1 del 2011, è palesemente infondata la censura di omessa motivazione in ordine alla natura pericolosa dei rifiuti, se solo si ponga mente alla motivazione (poi richiamata per relationem) contenuta nella sentenza del Tribunale dove non solo si afferma, a ragione, la natura pericolosa dei rifiuti, ma essi vengono descritti compiutamente (si trattava di batterie esauste per autovetture e televisori, come meglio indicati nel verbale di arresto, anche questo richiamato nella sua interezza). Peraltro la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare che l’attività di trasporto di rifiuti in assenza di iscrizione all’apposito albo laddove esercitata in una regione in cui vige lo stato di emergenza (e la Campania è la c.d. "Regione- pilota", seguita poi dalla Sicilia ed alla Calabria), si configura la speciale condotta delittuosa di cui alla L. n. 210 del 2008, art. 6, e non il reato meno grave di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, (Cass. Sez. 3^ 15.1.2011 n. 1406, Bevilacqua ed altro, Rv.

251647).

5. Infine, con riferimento al terzo motivo afferente alla erronea applicazione della legge penale (art. 99 c.p.), si tratta, anche in questo caso, di motivo palesemente inconsistente non solo per quanto detto dal Tribunale, ma anche per l’ulteriore giudizio di pericolosità sociale espresso – senza vizi logici – dalla Corte territoriale che ha fatto riferimento alla reiterazione del reato, quale indice sintomatico ed inequivoco di una accentuata pericolosità sociale alla stregua dei dati contenuti nel certificato penale acquisito in atti. In aggiunta alle considerazioni espresse dalla Corte territoriale certamente adeguate ancorchè concise sul punto, va aggiunto che, ferma restando la facoltatività della applicazione della recidiva, in ogni caso l’aumento conseguente a tale recidiva attiene all’esercizio di un potere discrezionale del giudice, del quale deve essere fornita adeguata motivazione, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo (Cass. Sez. 6^ 15.3.2011 n. 14550, Bouzid Ornar, Rv. 250039). Ai detti principi si è sicuramente uniformata la Corte territoriale sicchè, anche sotto tale profilo, la censura sollevata è del tutto inconsistente.

6. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma – ritenuta congrua ex art. 616 c.p.p. – di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013

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