Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 23-01-2013) 20-05-2013, n. 21602 Difesa e difensore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. G.F. veniva giudicato dal Tribunale di Isernia responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica e condannato alla pena di giorni ventuno di arresto ed Euro novecento di ammenda, con la concessione della sospensione condizionale della pena e la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per mesi sei.

La sentenza veniva confermata dalla Corte di Appello di Campobasso con la decisione indicata in epigrafe. In particolare il secondo giudice riteneva infondato il motivo di appello avente ad oggetto l’asserita nullità del dibattimento perchè celebrato nonostante il legittimo impedimento del difensore.

A tal riguardo, richiamata e ribadita la motivazione espressa dal Tribunale di Isernia con l’ordinanza reiettiva dell’istanza di rinvio, la Corte di Appello aggiungeva che l’avviso di audizione di altro assistito in diverso procedimento per la medesima data dell’udienza dinanzi al Tribunale di Isernia era stata notificata al difensore diverso tempo prima dell’inoltro dell’istanza di rinvio, e che questa era stata trasmessa via fax, ovvero in modo difforme da quanto previsto dal codice di rito; inoltre era prevalente l’attività da compiersi nel procedimento che occupa, avente ad oggetto una contravvenzione e con attività difensiva da svolgersi in dibattimento, laddove nel diverso procedimento si procedeva per delitto e l’attività da compiersi era l’interrogatorio dell’indagato ad opera della p.g..

La Corte distrettuale giudicava infondato anche un secondo motivo di appello, relativo al mancato rinvio dell’udienza onde procedere all’escussione di teste a discarico non comparso. Al proposito il Collegio territoriale riteneva che in atti non vi fosse la prova della regolare citazione del teste a discarico, che non sussistesse alcun obbligo di rinviare la trattazione del procedimento quando non comparso il teste da esaminare e che la chiusura della istruttoria dibattimentale integri implicita revoca dell’ammissione del teste in parola.

3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione personalmente il G..

3.1. Con un primo motivo deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e) per aver la Corte di Appello ritenuto fondate le ragioni di rigetto esposte dal primo giudice e aver omesso di prendere in debita considerazione le ragioni poste a sostegno dell’atto di appello. La Corte distrettuale è incorsa in manifesta illogicità della motivazione trascurando la nullità assoluta ed insanabile del dibattimento e non ha rilevato la causa di nullità del procedimento derivante dal rigetto immotivato dell’istanza difensiva pronunciato dal primo giudice.

3.2. Con un secondo motivo si lamenta violazione della legge processuale, per aver la Corte di Appello ritenuto ammissibile la revoca implicita dell’ammissione del teste citato a causa della mancata comparizione del medesimo. Si assume che la revoca non può mai essere implicita ma richiede sempre un provvedimento motivato del giudice.
Motivi della decisione

4. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.

5.1. Quanto alla trasmissibilità a mezzo fax dell’istanza di differimento del procedimento per il concomitante impegno del difensore, la giurisprudenza di legittimità ritiene inammissibile l’istanza di rinvio dell’udienza inoltrata a mezzo fax, stante la previsione di cui all’art. 121 c.p.p. che statuisce l’obbligo per le parti di presentare le memorie e le richieste rivolte al giudice mediante deposito in cancelleria; mentre il ricorso al telefax, quale forma particolare di notificazione, è riservato dall’art. 150 del codice di rito ai funzionari di cancelleria (Sez. 5^, n. 11787 del 19/11/2010, Campagnoli, Rv. 249829).

Per vero, si rinvengono tra le pronunce della Corte anche alcune che ammettono che l’istanza in parola possa essere proposta anche a mezzo fax, in ragione del fatto che l’art. 420 ter c.p.p. richiede unicamente che quella sia prontamente comunicata, senza alcuna indicazione delle modalità.

Ad avviso di questo Collegio tal ultimo argomento non appare risolutivo, atteso che la previsione di cui all’art. 420 ter c.p.p. ben può essere considerata integrativa della regola posta dall’art. 121 c.p.p., muovendosi sul piano del tempo dell’istanza, mentre la disposizione da ultimo citata prende in considerazione le modalità di comunicazione, senza riferimenti temporali.

Pertanto la decisione impugnata risulta in linea con la preferibile interpretazione giuridica.

5.2. In tema di concomitante impegno professionale del difensore, evocato quale circostanza concretante un legittimo impedimento del medesimo a partecipare al procedimento, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che spetta al giudice la valutazione comparativa dei diversi impegni in modo da contemperare le esigenze della difesa e quelle della giurisdizione accertando se sia effettivamente prevalente quello privilegiato dal difensore. Si è inoltre precisato che è del tutto irrilevante, a tal fine, il mero criterio cronologico della conoscenza prioritaria dell’impegno ritenuto prevalente (Cass. Sez. 6^, n. 11174 del 08/03/2012, Giovanelli, Rv. 252191).

Devono essere dimostrate, quindi, non solo l’esistenza dell’impegno, ma anche le ragioni che rendono indispensabile l’espletamento delle funzioni difensive in tale procedimento. E tali ragioni, la cui prospettazione deve essere tempestiva e motivata, devono a loro volta essere correlate alla particolare natura della attività cui occorre presenziare ed alla mancanza o assenza di altro codifensore ed alla impossibilità di avvalersi di un sostituto, a norma dell’art. 102 c.p.p., sia nel procedimento al quale il difensore intende partecipare, sia in quello del quale si chiede il rinvio per assoluta impossibilità a comparire. La rilevanza dell’impegno difensivo, per assumere l’efficacia impeditiva postulata dalla norma, deve quindi assumere i connotati, non soltanto della assolutezza, ma anche della obiettività, nel senso che la priorità della esigenza difensiva nel procedimento "pregiudicante" deve trarre alimento, non dalla soggettiva opinio del difensore, ma fondarsi su specifiche circostanze di fatto che consentano di far reputare, per così dire, erga omnes, temporalmente "cedevole" l’assistenza difensiva nel procedimento "pregiudicato"; sempre che non sussistano, ovviamente, contrarie ragioni di urgenza, che il giudice deve valutare con ponderata delibazione, nel necessario bilanciamento fra le contrapposte esigenze (Sez. U, Sentenza n. 29529 del 25/06/2009, P.G. in proc. De Marino Rv. 244109).

6. Nel caso che occupa la Corte di Appello, pur valorizzando in modo erroneo taluni aspetti (la ritenuta intempestività dell’istanza) non ha reso una motivazione di rigetto manifestamente illogica, in particolare sotto il profilo della possibilità di nominare un sostituto.

Infatti, risulta del tutto congrua – e non scalfita dalle deduzioni difensive – la motivazione del provvedimento impugnato laddove esplica le ragioni per quali si è ritenuto che mancasse la prova dell’obiettivo impedimento, asserendo che non risulta dimostrata l’impossibilità di avvalersi di un sostituto. A tal riguardo, va escluso che, risultando agli atti una pluralità di professionisti componenti lo studio legale al quale appartiene il difensore, sia sufficiente la sola generica affermazione dell’impossibilità di nominare un sostituto processuale. La composizione plurisoggettiva di uno studio legale costituisce circostanza dalla quale può ragionevolmente dedursi l’esistenza di rapporti di reciproca collaborazione tra i diversi componenti, di talchè incombe all’interessato dare prova del fatto che un tale rapporto sia assente in generale o nel caso concreto.

A ritenere diversamente si finirebbe con lo svuotare dall’interno il principio affermato dalle SS.UU. – del potere-dovere del giudice di accertare l’obiettiva efficacia impeditiva del concomitante impegno professionale, il quale deve risultare compiutamente dimostrato – poichè il relativo accertamento non scaturirebbe dalla dimostrazione del legittimo impedimento ma dalla mera enunciazione dello stesso.

Fermo restando l’erroneo risalto attribuito al criterio della tempestività dell’istanza, la decisione impugnata appare quindi in linea con i principi scolpiti dalla giurisprudenza di legittimità ed è espressa attraverso una motivazione immune da vizi sindacabili in questa sede.

7. Anche il secondo motivo di ricorso non può essere accolto. La giurisprudenza di questa Corte è nel senso che la mancata citazione per l’udienza dei testimoni già ammessi dal giudice non può, per ciò solo, comportare la decadenza dalla prova, salvo che il giudice, ritenendo la stessa superflua, "non provveda motivatamente a revocarla" (sez. 3^, 22.10.08, Agnello, Rv. 241684); è affermato, inoltre, che determina una nullità a regime intermedio, da dedursi quindi nel termine di cui all’art. 182 c.p.p., comma 2, la revoca, in assenza di contraddittorio, del teste precedentemente ammesso perchè non citato all’udienza dibattimentale. Ove detta nullità si verifichi in presenza della parte che aveva interesse a dettarla, il silenzio di quest’ultima equivale a rinuncia, con conseguente sanatoria ai sensi dell’art. 183 c.p.p., comma 1, lett. a), (Sez. 3^, n. 24302 del 12/05/2010 – dep. 25/06/2010, L, Rv. 247878).

Nel caso di specie la lettura degli atti processuali evidenzia che l’eccezione non è stata tempestivamente proposta. La parte risulta quindi incorsa nella decadenza prevista dall’art. 182 c.p.p..

8. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2013
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