Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-01-2013) 12-04-2013, n. 17032

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 08/01/2008 con la quale C.E. e B.M.C. venivano ritenuti responsabili del reato di cui agli artt. 624 e 625 cod. pen., commesso fino al (OMISSIS) impossessandosi di acqua in danno del Comune di Reggio Calabria mediante un allacciamento abusivo alla rete idrica pubblica, e condannati alla pena di mesi due e giorni venti di reclusione ed Euro 80,00 di multa ciascuno.

Gli imputati ricorrenti, sulla configurabilità del reato, deducono mancanza di motivazione in ordine alla preesistenza dell’impianto contestato, consistente in un mero collegamento privo di contatore, al momento in cui gli imputati entravano in possesso dell’abitazione, e violazione di legge nella conseguente attribuzione di rilevanza penale ad una condotta meramente omissiva di mancata regolarizzazione dell’allacciamento.
Motivi della decisione

I ricorsi sono inammissibili.

La censura di mancanza di motivazione sulla dedotta preesistenza dell’allacciamento abusivo all’ingresso degli imputati nell’abitazione è invero generica, nel momento in cui i giudici di merito valutavano la condotta nel successivo impossessamento di acqua in assenza di alcun computo sull’importo del consumo. Tanto rende altresì manifestamente infondata la doglianza relativa all’asserita qualificazione come furto del comportamento omissivo di mancato pagamento della fornitura, laddove la condotta rilevante veniva viceversa individuata nella sentenza come quella, assolutamente attiva, dell’indebita acquisizione della risorsa idrica; ciò del resto conformemente a principi da tempo affermati da questa Corte sul caso specifico (Sez. 2, n. 167 del 28/01/1963, Vergelli, Rv. 98958) e ribaditi nella situazione similare dell’impossessamento di energia elettrica con modalità analoghe (Sez. 4, n. 47834 del 20/10/2011, Favasuli, Rv. 252458).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2013

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