Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-07-2012, n. 12451 Responsabilità civile

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Svolgimento del processo

N.G. e M.S. hanno proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Siracusa in relazione alla liquidazione dei danni riportati a seguito di un incidente stradale occorso in data (OMISSIS) con l’autovettura di C.C., di cui era stata accertata la responsabilità esclusiva, assicurato con la l’A. Ass.ni, posta in l.c.a nel corso del giudizio, con conseguente chiamata in giudizio della Sai s.p.a quale impresa designata F.G.V.S..
Con sentenza del 7-7-07 la Corte di appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado ponendo le spese a carico dei soccombenti. Propongono ricorso N.G. e M. S. con cinque motivi illustrati da memoria.
Resiste l’A. Ass.ni con controricorso e memoria.
Non presentano difese gli altri intimati.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denunzia violazione dell’art. 2697 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, e difetto motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, sul valore dei certificati medici.
Assumono i ricorrenti che la Corte di merito ha liquidato il danno alla persona riportato dai ricorrenti sulla base della comune esperienza, limitando erroneamente la durata della malattia a solo 60 giorni, senza tenere conto del valore dei certificati medici prodotti che attestavano che la guarigione clinica delle lesioni riportate nell’incidente stradale era avvenuta in data (OMISSIS).
2. Il motivo è infondato.
La Corte di merito, sul rilievo che i certificati medici prodotti attestavano solo che in data (OMISSIS) i ricorrenti erano guariti senza postumi,ma non indicavano la data della guarigione, ha ritenuto che tale certificazione non era idonei a provare la durata della malattia. Ha ritenuto che, in mancanza di altri elementi, giustamente il giudice di primo grado, avuto riguardo alla natura delle lesioni riportate, era ricorso a nozioni di comune esperienza per fissare la data della guarigione.
Viene formulato il seguente quesito di diritto: dica la Corte se è vero che ogni volta che sia posto a carico di una delle parti un onere di allegazione e prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’altra ha l’onere di contestare il fatto allegato nella prima difesa utile, dovendo in mancanza ritenersi tale fatto pacifico e non più gravata la controparte del relativo onere probatorio, 3. Il profilo del motivo con cui si denunzia violazione di legge è inammissibile per inadeguatezza del quesito di diritto.
Il quesito formulato, non è idoneo ad assolvere alla propria funzione, che è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come a intesi logico-giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale, secondo la prospettazione de ricorrente, la regola da applicare.
Il quesito formulato non individua in che si concretano le violazioni compiute dalla Corte di merito in relazione alle norme elencate nell’intestazione del motivo e non indica le norme invece applicabili, di tal che il suo eventuale accoglimento non consentirebbe a questa Corte di legittimità di enunciare un principio di diritto generalmente applicabile.
4. Il profilo del motivo che attiene al vizio di motivazione è infondato. La Corte di merito ha ritenuto, con motivazione logica e non contraddittoria, la inutilizzabilità dei certificati medici prodotti perchè privi dell’attestazione della data della guarigione ed ha valutato la durata della malattia sulla base del tipo di lesioni riportate ed in base alle nozioni di comune esperienza.
5. Considerata la circostanza che la differenza fra la durata della malattia accertata dalla Corte e quanto indicato dai ricorrenti è di soli 12 giorni, la motivazione è conforme a diritto avendo questa Corte di legittimità affermato che il giudice è tenuto ad avvalersi, come regola di giudizio destinata a governare sia la valutazione delle prove, che l’argomentazione di tipo presuntivo, delle massime d’esperienza (o nozioni di comune esperienza), da intendersi come proposizioni di ordine generale tratte dalla reiterata osservazione dei fenomeni naturali o socioeconomici. Sez. 3, Sentenza n. 22022 del 28/10/2010).
6. Con il secondo motivo si denunzia violazione degli artt. 2043, 2956, 2059, 2729 c.c. e art. 112 c.p.c., e vizio di motivazione.
Assumono i ricorrenti che il giudice di primo grado e la Corte di appello hanno omesso di liquidare il danno biologico e danno morale.
7. Il motivo è inammissibile per novità della questione.
Si osserva, infatti, che giusta quanto assolutamente pacifico presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, statuizioni e questioni che abbiano formato oggetto del giudizio di merito, restando escluso, pertanto, che in sede di legittimità possano essere prospettate questioni nuove o nuovi temi di contestazione involgenti accertamenti di fatto non compiuti, perchè non richiesti, in sede di merito (Cass. 6 giugno 2000, nn. 7583 e 7579). I motivi del ricorso per cassazione – in altri termini – devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito nè rilevabili d’ufficio (Cass. 5 maggio 2000, n. 5671;
Cass. 31 marzo 2000, n. 3928).
8. Inoltre, si osserva, ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare e riprodurre in ricorso per lo meno nella parte essenziale l’atto del giudizio precedente dove la questione è stata sollevata, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa.
9. Con il terzo motivo si denunzia violazione degli artt. 2056, 2697, 2729 c.c. e artt. 115, 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, violazione dell’art. 1226 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 e vizio di motivazione sul punto.
Assumono i ricorrenti che la Corte di merito erroneamente ha ritenuto che il preventivo di spesa non potesse costituire prova del danno subito dall’autovettura e che, contrariamente a quanto affermato, la Corte poteva ricorrere alla valutazione equitativa del danno riportato dall’autovettura.
10. Il motivo è infondato.
La Corte di appello ha ritenuto che nel preventivo è indicato il costo dei pezzi di ricambio e della mano d’opera, ma non vi è alcuna prova che i danni erano tutti da ricollegare all’incidente per cui è causa, non essendovi coincidenza con quanto si evince dal rapporto della polizia stradale.
Inoltre il titolare dell’officina ha dichiarato che il N. non effettuò alcun pagamento e che la vettura dopo le riparazioni fu venduta ad una terza persona per un prezzo imprecato.
11. La Corte di merito ha ritenuto che il danneggiato non ha pagato le riparazioni e non ha indicato il valore di mercato anteriore e successivo al sinistro, per cui mancava la prova dell’ammontare del pregiudizio sofferto, non potendo procedersi alla liquidazione ex art. 1126 c.c., in quanto il danno poteva essere provato nel suo preciso ammontare con una fattura o una quietanza.
12. Il giudice di merito non è incorso nella violazioni di legge denunciate in quanto è onere della parte che agisce in giudizio per il risarcimento del danno provare non solo di aver subito un danno, ma anche l’entità dello stesso.
La motivazione adottata per disconoscere valore in tal senso al preventivo esibito dal ricorrente è logica, non contraddittoria e conforme al diritto in quanto non vi è coincidenza fra i danni elencati e quelli risultanti dal rapporto della Polizia stradale, considerato inoltre che il preventivo attesta solo una presunzione di spesa, che nella specie non si è avverata, secondo la testimonianza del titolare dell’officina che ha riferito che il N. non effettuò alcun pagamento.
13. Correttamente il giudice di merito non ha effettuato la liquidazione equitativa del danno, a cui si può fare ricorso solo quando il danno non può essere liquidato nel suo preciso ammontare.
14. Con il quarto motivo si denunzia violazione dell’art. 1224 c.c. e omessa motivazione sul punto in relazione all’art. 360, nn. 3, 4, 5.
Assumono i ricorrenti che la Corte di merito non ha condannato i convenuti al pagamento della rivalutazione monetaria richiesta con la citazione introduttiva.
15. Il motivo è inammissibile per novità della censura, non risultando tale questione trattata dal giudice di appello, come da motivazione di inammissibilità del secondo motivo di ricorso.
16. Il quinto motivo che investe la regolamentazione delle spese processuali del giudizio di appello è assorbito.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 2 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2012

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