Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-01-2013) 12-04-2013, n. 17026

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 13-1-2011 il Tribunale di Ancona, sez. dist. di Senigallia, in accoglimento dell’appello proposto dalla parte civile, e in riforma di quella del Giudice di pace di Senigallia in data 22-2- 2010, condannava Z.G., imputato di ingiuria e minaccia in danno di G.G., al risarcimento del danno in favore della parte civile, ritenendo il fatto dimostrato dalle dichiarazioni della G., confermate da quelle della sua collaboratrice domestica e non smentite da quelle della madre del prevenuto, intervenuta in un secondo tempo.

Ricorre l’imputato per il tramite del difensore avv. L. Pancotti, con tre motivi.

1) Violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per erronea valutazione del materiale probatorio e per travisamento della prova. Il tribunale non aveva tenuto conto delle discordanze tra le dichiarazioni della persona offesa e della sua collaboratrice domestica ( N. M.), dell’impossibilità per la G. di udire l’alterco avvenuto al pian terreno mentre essa si trovava in casa, al secondo piano, e che la madre dell’imputato, O.F., aveva escluso che questi fosse salito a tale piano.

2) Violazione dell’art. 530 c.p.p., comma 2, per contraddittorietà ed incertezza della prova.

3) Vizio di motivazione anche sotto il profilo del travisamento della prova ed omessa valutazione degli elementi favorevoli all’imputato.

Il tribunale aveva evocato il precedente specifico a carico riecheggiando "lombrosiane teorie" circa la tendenza a delinquere di Z., aveva ritenuto che egli fosse salito al secondo piano mentre la teste M. lo aveva solo visto salire le scale e la madre aveva escluso che fosse salito, era incorso in travisamento affermando che quest’ultima non era stata presente al fatto.

Si chiedeva quindi l’annullamento della sentenza.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Insussistente appare il vizio, di cui ai primi due motivi, di erronea valutazione del materiale probatorio e di travisamento della prova anche per omessa pronuncia di assoluzione ex art. 530 c.p.p., comma 2. Non risponde a verità, infatti, che il tribunale non abbia tenuto conto a) delle discordanze tra le dichiarazioni della persona offesa e quelle della sua collaboratrice domestica, avendole per contro tenute ben presenti ma ragionatamente valutate come del tutto marginali e comunque significative di genuinità della rispettiva fonte; b) dell’impossibilità per la G. di udire l’alterco avvenuto al pian terreno mentre essa si trovava in casa (al secondo piano), essendo tale assunto frutto di confusione tra il litigio avvenuto al piano terra fra l’imputato e la domestica della p.o., e quello, successivo, localizzato davanti alla porta chiusa dell’anziana G., rifugiatasi in casa dietro suggerimento della collaboratrice domestica; c) del fatto che la madre dell’imputato avrebbe escluso che questi fosse salito al secondo piano, riposando tale asserto esclusivamente sulla citazione nel ricorso di uno stralcio, neppure decisivo al fine perseguito, dell’esame della teste. Le doglianze sottese ai primi due motivi si risolvono quindi, in sostanza, nel tentativo di sollecitare il giudice di legittimità ad una rivalutazione del compendio probatorio, trascurando che esula dai poteri di questa corte una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. A fronte, s’intende, di congrua motivazione sul punto, nella specie, come già evidenziato, puntualmente effettuata dal giudice di secondo grado.

3. Del pari manifestamente infondate la censura di vizio motivazionale – che investe anche il profilo del travisamento della prova, e quella di omessa valutazione degli elementi favorevoli all’imputato. Il tribunale, invero, ha ritenuto provato che questi fosse salito at secondo piano dello stabile, da un lato correttamente argomentando non solo dal fatto che la teste M. lo avesse visto salire le scale, ma anche dalle dichiarazioni detta persona offesa, valutate coerenti, prive di contraddizioni e riscontrate da quelle della M., dall’altro valorizzando, a smentita della versione della O. (la quale aveva escluso che il figlio fosse salito al piano della G.), la circostanza, riferita dallo stesso imputato, che la madre non era stata presente al fatto in quanto entrambi i genitori erano intervenuti in un secondo tempo.

Anche in questo caso lo stralcio dell’esame della O. riportato nel ricorso, è inidoneo, per la sua frammentarietà, a smentire la ricostruzione condivisa in sentenza, senza contare che la sentenza ha dato comunque conto delle ragioni alla base della preferenza accordata alle dichiarazioni dell’anziana p.o. e a quelle della sua domestica rispetto a quelle del madre del prevenuto, del quale neppure ha mancato di evocare il precedente specifico a conferma della di lui propensione ad atteggiamenti di scarsa educazione (del tutto inappropriato è il riferimento del ricorrente a "lombrosiane teorie" che il tribunale avrebbe con ciò mostrato di condividere).

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso seguono le statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc. pen., determinandosi in Euro 1000,00, in ragione della natura delle doglianze prospettate, la soma da corrispondere alla cassa ammende, nonchè la condanna dell’imputato alla rifusione della spese di parte civile, liquidate in dispositivo in base ai nuovi criteri per la liquidazione dei compensi ai professionisti dettati con il D.M. 20 luglio 2012, n. 140.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che liquida in Euro 1800,00 oltre accessori secondo legge.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2013

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