Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-07-2012, n. 12732 Contratto di appalto, Controversie tra l’appaltatore e l’amministrazione appaltante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con decreto dell’8.11.2000 il Tribunale di Salerno ha ingiunto al Comune di Ricigliano di pagare alla s.p.a. CE.SA.T. la somma di L. 92.495.889 oltre interessi e spese a titolo di stato di avanzamento dei lavori relativi ad esecuzione di opera pubblica eseguiti in virtù di contratto di appalto stipulato con un raggruppamento temporaneo di imprese di cui era capogruppo mandataria con rappresentanza la s.p.a. Co.Ma.Pre. (poi s.p.a. Co.In.Pre.).

Con sentenza del 24.7.2002 il Tribunale di Salerno ha accolto l’opposizione proposta dal Comune, dichiarando l’incompetenza dell’a.g.o. per la presenza nel contratto di clausola arbitrale.

Decidendo sull’appello proposto dalla società creditrice, con sentenza del 10.8.2005 la Corte di appello di Salerno, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato l’opposizione.

Contro la sentenza di appello il Comune di Ricigliano ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo con il quale denuncia violazione della L. n. 584 del 1977, art. 22, artt. 81 e 100 c.p.c. e art. 2697 c.c. nonchè vizio di motivazione.

Resiste con controricorso la società intimata.

2.- Il Comune ricorrente lamenta che sia stata ritenuta la legittimazione attiva della società intimata nonostante questa avesse rivestito nel raggruppamento di imprese il ruolo di mandante.

Non rileverebbe la natura di rivalsa IVA del credito, nè l’asserito (e non provato) fallimento della società mandataria (legittimato sarebbe stato il curatore fallimentare della mandataria) nè, infine, la circostanza che, con il collaudo dell’opera, sarebbero venuti meno gli effetti del mandato collettivo, come invece ritenuto dalla corte di merito, ostandovi il disposto della L. n. 584 del 1977, art. 22 secondo cui al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, delle imprese mandanti nei confronti del soggetto appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto, anche dopo il collaudo dei lavori, fino alla estinzione di ogni rapporto.

3.- Il ricorso è fondato, salvo le precisazioni che seguono.

Questa Corte ha già avuto modo di precisare che In tema di appalto di opere pubbliche stipulato da imprese riunite in associazione temporanea, ai sensi del D.Lgs. n. 406 del 1991, artt. 23 e 25 qualora intervenga il fallimento di una delle società mandanti, i pagamenti per lavori eseguiti in antecedenza vanno effettuati nei confronti della curatela fallimentare, con obbligo dell’amministrazione, che abbia invece pagato alla mandataria, di rinnovare tale adempimento; il fallimento della mandante, invero, pur non comportando lo scioglimento del contratto d’appalto, alla cui esecuzione resta obbligato il mandatario, determina invece, L. Fall., ex art. 78 (nel testo anteriore al D.Lgs. n. 5 del 2006, applicabile "ratione temporis"), lo scioglimento del rapporto di mandato e la conseguente venuta meno, nei suoi confronti, dei poteri di gestione e rappresentanza già in capo alla mandataria capogruppo, nè è invocabile la irrevocabilità del mandato, stabilita nell’interesse non del mandatario ma dell’amministrazione appaltante che, in base alla citata disciplina, può proseguire il rapporto di appalto solo con un’impresa diversa da quella fallita (Sez. 6-1, Ordinanza n. 17926 del 30/07/2010).

Non è esatto, dunque, che l’eventuale fallimento della mandataria renderebbe legittimato il curatore fallimentare. Gli è, però, che la circostanza del fallimento è contestata dal comune ricorrente e non risulta, dalla sentenza impugnata (la quale ha ignorato la questione), che sia stata provata in giudizio.

Non risulta proposto, in proposito, ricorso incidentale.

Quanto alla circostanza – ritenuta dirimente dalla corte di merito – dell’avvenuto collaudo dell’opera, esattamente parte ricorrente deduce che, ai sensi della L. 8 agosto 1977, n. 584, art. 22 al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, delle imprese mandanti nei confronti del soggetto appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto, anche dopo il collaudo dei lavori, fino alla estinzione di ogni rapporto.

Quanto alla natura di rivalsa IVA del credito azionato con il decreto ingiuntivo, a quanto consta la Corte si è pronunciata nel senso che la disciplina originaria, l’ATI conserva ad ognuna delle imprese riunite la sua autonomia ai fini… degli adempimenti fiscali (L. 8 agosto 1977, n. 584, art. 22, comma 3), anche quando le imprese temporaneamente associate conferiscano all’impresa capogruppo il mandato di rappresentarle unitariamente nei confronti del soggetto appaltante (L. 8 agosto 1977, n. 584, art. 22, comma 1, n. 1). Nella disciplina successiva (L. 8 agosto 1977, n. 584, art. 23 bis) le imprese riunite possono costituire tra loro una società per l’esecuzione unitaria dei lavori appaltati (L. 8 agosto 1977, n. 584, art. 23 bis, comma 1), ma le nuove disposizioni sono dettate per regolare solo i rapporti con l’ente committente e, se esse si preoccupano di mantener ferme le responsabilità delle singole imprese associate previste dalla L. 8 agosto 1977, n. 584, art. 21, u.c., che regola la loro responsabilità solidale nei confronti dell’appaltante, a maggior ragione non devono considerarsi modificati i rapporti con i soggetti terzi regolati dalla L. 8 agosto 1977, n. 584, art. 22, comma 3, che sono le autorità tributarie e le autorità previdenziali sociali (Cassazione civile sez. trib. 20 marzo 2009 n. 6791).

Sennonchè, come è chiaro dal disposto del cit. art. 22, u.c. l’autonomia delle imprese associate è conservata ai fini della gestione e degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali ma non contiene alcuna deroga alla regola generale stabilita dal secondo comma della stessa disposizione la quale prevede che alla mandataria spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, delle imprese mandanti nei confronti del soggetto appaltante.

Sì che a tali fini – tranne che nell’ipotesi del venir meno del mandato per effetto del fallimento – la natura tributaria del credito non rileva ai fini della legittimazione a richiedere il pagamento al soggetto appaltante che spetta pur sempre alla mandataria.

La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata e la causa deve essere rinviata alla corte di merito per nuovo esame in applicazione dei principi innanzi enunciati e anche per il regolamento delle spese.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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