Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-07-2012, n. 12731 Danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.A. con citazione dei 9.8.1997 convenne innanzi al Tribunale di Pistoia il Comune di Montecatini Terme esponendo che, per la costruzione del palazzetto dello sport e della piscina, l’Ente, oltre ad occupare alcuni suoi terreni, oggetto di cessione bonaria il 12.10.1989, aveva occupato abusivamente e senza titolo due particelle di sua proprietà (mq. 285 del mappale 113 e mq. 1.900 del mappale 917) delle quali chiese quindi la restituzione ovvero per le quali invocò il risarcimento dei danni. Costituitosi il Comune, il Tribunale con sentenza 11.2.2002 accolse la domanda afferente la particella a mappale 113 condannando al pagamento di Euro 17.662,89 per risarcimento da occupazione usurpativa ma respinse la domanda afferente l’altra particella, essa essendo stata sempre nella disponibilità della attrice nè essendo stata formulata domanda di diversa portata. La Corte di Firenze, con sentenza 20.3.2007, oltre a riliquidare ad Euro 2.078,53 il ristoro per l’occupazione usurpativa della particella 113, ha invece rigettato l’appello proposto dagli eredi P. ( G. e L.L.) afferente la sorte della particella a mappale 917, affermando che non risultava censurata in gravame la prima statuizione nella parte in cui negava che fosse stata proposta domanda correlata alla mera "interclusione" del fondo, che la particella emergeva non essere stata mai utilizzata dal Comune ed essere, di contro, solo racchiusa tra la recinzione de palazzetto e della piscina ed il confine di proprietà di terzi, nonchè priva di accesso alla pubblica via, che pertanto non vi era stata alcuna acquisizione dell’area da parte del Comune (essa essendo rimasta in proprietà dei privati, come attestato dal progetto di futuro esproprio), che per i danni da interclusione del fondo si sarebbe potuta proporre o l’azione L. n. 2359 del 1865, ex art. 40 innanzi alla Corte in unico grado o altra azione risarcitoria in relazione ai costi di imposizione di servitù, che nè l’una nè l’altra essendo state proposte doveva rilevarsi che era stata solo erroneamente predicata la occupazione usurpativa anche di tale fondo.

Per la cassazione di tale sentenza L.G. (quale erede universale anche della sorella L.) ha proposto ricorso con tre motivi il 5.5.2008 al quale si è opposto il Comune di Montecatini con controricorso 13.6.2008.

La controversia è pervenuta alla udienza all’esito di istanza di permanente interesse formulata D.L. 212 del 2011, ex art. 26 da tre soggetti dichiaratisi eredi di L.G. (a loro dire deceduto il (OMISSIS)) ed alla fissata udienza del 21.3.2012 è stato disposto rinvio a n.r. per effetto della adesione alla sospensione dalle attività proclamata dagli organismi associativi unitari degli avvocati. Alla vigilia della udienza del 27.6.2012 sia i predetti "eredi" sia il Comune hanno depositato memorie finali.
Motivi della decisione

Giova preliminarmente rilevare che il rapporto processuale in sede di legittimità devesi ritenere instaurato correttamente con l’impugnazione di L.G. e che le parti, nella sede della decisione, permangono il predetto ricorrente ed il Comune. Da un canto la pretesa esigenza di integrare il contraddittorio con L. L. (posta dal P.G.) si scontra con la realtà per la quale il ricorso è stato proposto da L.G. nella incontestata premessa di essere l’unico legittimato, essendo deceduta anche la coerede L.L.. Dall’altro canto, la pretesa successione nel processo dei tre eredi di L.G. (morto nel corso del giudizio di legittimità) si scontra con l’assenza di alcuna regolare costituzione in giudizio dei predetti eredi: costoro infatti hanno solo sottoscritto, unitamente all’avv. Roberto Righi, la istanza di fissazione ai sensi dell’abrogato art. 26 del D.L. n. 212 del 2011, ma non consta abbiano rilasciato al medesimo alcun mandato defensionale nelle forme del novellato art. 83 c.p.c. nè in tale atto di sollecito (tale non potendosi ritenere la mera richiesta di fissazione "seguita" dalla firma del difensore del de cuius) nè nella memoria finale ex art. 578 c.p.c.. E pertanto, essendo il processo di cassazione ancora retto dall’impulso di ufficio, indifferente al decesso della parte, il ricorso può essere deciso tra le originarie parti del rapporto processuale.

E la decisione, ad avviso del Collegio, è quella di rigetto delle svolte censure.

Primo motivo: lamenta che si sia erroneamente escluso che la interclusione del fondo quale ragione di danno fosse stata posta quale causa petendi in primo grado e che si sia altrettanto erroneamente affermato dalla Corte di merito che al proposito si sarebbe formato giudicato sull’accertamento, fatto dal Tribunale, di inesistenza di siffatta prospettazione.

Secondo motivo: lamenta che si sia affermato che l’interclusione, – realizzata con integrale recinzione su tre lati, il confinamento con proprietà di terzi e la destinazione dell’area a verde pubblico a servizio di impianti sportivi – non avesse integrato una vicenda di espropriazione sostanziale avendo per effetto di detta interclusione il proprietario perso ogni utilità proveniente dall’area.

Terzo motivo: contesta come illogica e contraddittoria l’affermazione per la quale siffatta totale interclusione non avrebbe indotto alcuna occupazione usurpativa, dato che la titolare sarebbe rimasta proprietaria e fruitrice della proprietà, quando invece la ricenzione pubblica e privata ne impediva, come ammesso dallo stesso Comune, anche l’accesso.

Osserva il Collegio, con riguardo al primo motivo, che l’impugnazione con il pertinente quesito conclusivo è del tutto fuor di segno, non mostrando il ricorrente di aver compreso la portata della statuzione della Corte di merito: la sentenza, infatti, constata che la statuizione del Tribunale, per la quale non era stata proposta domanda di risarcimento diretto da interclusione, non era stata impugnata sì che era fuori del thema decidendi in appello la questione stessa. La lite, infatti, si risolveva – come conferma indiscutibilmente proprio la ampia articolazione di cui al motivo in disamina – nella pretesa, la cui fondatezza era contestata dai giudici del merito, per la quale la indiscutibile interclusione totale del fondo avesse o meno dato luogo ad una situazione legittimante il proprietario a chiedere la restituzione del fondo o l’integrale risarcimento per la sua perdita, nell’uno e nell’altro caso essendo l’interclusione fonte di una occupazione usurpativa. La Corte di merito, in sostanza, ha inteso sgombrare il campo – in forza della rilevata preclusione – dalla possibilità che l’appello coinvolgesse (ancora) le percorribili domande di danno L. n. 2359 del 1865, ex artt. 40 e 46 ed ha pertanto rivolto la sua attenzione alla domanda pur proposta in prime cure e coltivata in appello che dalla vicenda di interclusione fosse derivata una perdita di proprietà per abusiva occupazione. E tale domanda ha disatteso con le argomentazioni corrette che i due motivi che seguono hanno invano contestato.

Ed infatti, venendo ai motivi secondo e terzo, se l’ipotesi sostenuta in appello, e smentita, è quella della equivalenza tra interclusione totale e occupazione usurpativa da inclusione, appare chiaro il corretto decisum della Corte di Firenze la quale ha rammentato che nessuna occupazione usurpativa poteva ritenersi emergente, avendo riguardo al fatto che l’area non era stata mai utilizzata con opere pubbliche ed a nulla rilevando che lo strumento urbanistico ne prevedesse la destinazione a verde. Emergeva infatti che l’interclusione non era frutto della scelta di acquisire l’area di cui a mappale 917 ma solo della decisione di separare da essa le aree espropriate, destinate e trasformate in impianti sportivi pubblici.

Ed allora è assolutamente corretta la qualificazione fatta dalla Corte di Appello della posizione creditoria del proprietario intercluso. Egli poteva chiedere il risarcimento L. n. 2359 del 1865, ex art. 40 in sede di risarcimento del danno da ablazione dell’area esterna espropriata e per la perdita del valore del relitto ovvero il risarcimento ex art. 46 s.l., se non si fosse configurato tale rapporto di contiguità e di relitto (Cass. 25017 del 2005 e 18547 del 2011 – vd. S.U. 9041 del 2008) ovvero, ancora, poteva chiedere il ripristino del diritto di accesso gratuito all’Ente espropriante (Cass. 23707 del 2009) ma non poteva in alcun caso chiedere i danni da occupazione usurpativa dato che questa non si era avverata.

Per l’occupazione in discorso sarebbe stata necessaria una chiara effettiva immissione in possesso da parte dell’espropriante sostanziale, mantenuta nel tempo e segnata dalla destinazione fattuale dell’area al fine pubblico, in difetto della dichiarazione di pubblica utilità per quella acquisizione (Cass. 17316 del 2011):

di contro quel che emerge dalla lettura degli stessi motivi del ricorso è che con la recinzione l’area, certamente sottratta alla immediata fruizione dei L., non era in alcun modo utilizzata dall’Ente, essa in sostanza essendo nulla più che una enclave tra recinzioni di proprietà pubbliche e private sulla quale nulla era stato edificato e della quale il Comune non ricavava alcuna utilità strumentale agli impianti sportivi ed al verde pubblico circostante.

Appare quindi evidente la correttezza della decisione di merito che ha escluso che fosse configurabile il fenomeno appropriativo divisato dal L. e che fosse, come premesso, esaminabile alcuna delle (giuste) pretese che, per le conseguenze della interclusione, ben si sarebbero potute formulare.

Si rigetta quindi il ricorso regolando le spese secondo la soccombenza.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla refusione delle spese in favore del controricorente Comune di Montecatini Terme, che determina in Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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