Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-07-2012, n. 12729 Controversie tra l’appaltatore e l’amministrazione appaltante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con contratto 5.11.1987 il Comune di Ginosa commise alla soc. C.C e C.lavori di intervento su strada extraurbana e la società, all’esito e sull’assunto di non aver percepito il dovuto, richiese ed ottenne in data 22.11.1993 dal Presidente del Tribunale di Taranto ingiunzione per il pagamento della somma di L. 294.301.320. Il Comune ingiunto propose opposizione, sul rilievo per il quale il dirigente dell’UTC aveva certificato la sola somma di L. 159.462.153, ma il Tribunale, nel contraddittorio della società, con sentenza 15.4.2003 rigettò l’opposizione. La pronunzia venne impugnata dal Comune e la Corte di Lecce con sentenza 14.9.2005 accolse il gravame e, revocato il decreto ingiuntivo, dichiarò dovute alla società le sole somme di cui alla Delib. 12 aprile 1990 del Comune, non ancora corrisposte. Affermò la Corte in motivazione che non aveva rilievo quanto liquidato da D.L. posto che valeva, all’insorgenza del debito, solo quanto riconosciuto dalla G.M. con Delib. 12 aprile 1990, che quanto attestato in più dal D.L. non trovava riscontro in lavori extracontratto debitamente riconosciuti da delibera della G.M., anche considerando che le varianti ivi citate non risultavano essere state approvate dall’organo competente, che peraltro la certificazione del D.L. neanche valeva a far presumere l’esistenza di detti lavori extra contratto vieppiù considerando che per essi mancava anche il collaudo.
Per la cassazione di tale sentenza C.C ha proposto ricorso il 21.12.2005 cui si è opposto il Comune di Ginosa con controricorso del 25.1.2006.
Motivi della decisione
Nell’unico, articolato, motivo la società si duole del fatto che la Corte di merito non abbia considerato che i nuovi lavori extra contratto erano stati disposti all’esito della perizia di variante e suppletiva di cui alla Delib. G.M. 29 giugno 1988 e che per la loro esecuzione era stato redatto e sottoscritto atto di sottomissione 19.10.1988, con la conseguenza per la quale emergeva riconosciuto il diritto al compenso per l’appaltatore, senza che fosse necessario altro incombente.
Il Comune nella sua difesa osserva che la pretesa non fondava su basi contrattuali posto che la Delib. 12 aprile 1990 aveva limitato il dovuto alla sola somma di Euro 82.355,00 perchè il residuo si riferiva a lavori extracontratto eseguiti senza autorizzazione e quindi senza copertura finanziaria.
Il ricorso deve essere rigettato posto che la sentenza impugnata resiste alle svolte censure.
Ed invero, la esistenza della perizia di variante approvata e la redazione dell’atto di sottomissione – sulle quali è mancata, come denunziato, una espressa valutazione della Corte di merito – sono certamente ragioni per far ritenere in tesi insorta la fonte dei crediti e quindi – conseguentemente – rilevante la omissione della motivazione della Corte sul punto. E’ invero indiscutibile che, al ricorrere della ipotesi di cui alla disposizione del previgente L. n. 2248 del 1865, art. 342, all. F e del R.D. n. 2440 del 1923, artt. 16 e 17 richiamati dal T.U. comunale e provinciale R.D. n. 383 del 1934, art. 87 (applicabile ratione temporis al contratto 5.11.1987 e abrogato solo con il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 274, lett. A) la giustapposizione degli atti ordine del D.L., approvazione di perizia di variante e delibera della G.M. di approvazione conclusiva, tenesse luogo della contestuale stipula (Cass. 10069 del 2008, 6470 del 1998, 5172 del 1994).
Ma non da siffatta sequenza – non valutata dalla Corte di merito – sarebbe potuto scaturire il diritto al pagamento del saldo, rispetto a quanto certificato dall’UTC del Comune e riconosciuto dalla Delib.
G.M. 12 aprile 1990. La Corte di Lecce ha infatti affermato che la differenza, per importo non riconosciuto – e per quanto fosse ut supra corrispettivo di maggiori lavori di cui alla approvata variante – non era compresa nelle somme autorizzate nel progetto originario.
Il che è quanto dire – come dedotto dal Comune in controricorso – che difettava un impegno di spesa a copertura della relativa nuova somma. E va ricordato che, anche per i contratti (come nella specie) anteriori alla drastica soluzione di cui al D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4 convertito in L. 144 del 1989 – per il quale il rapporto originato da contratto con l’Ente non assistito dalla copertura finanziaria e dal richiamo ad impegno di spesa intercorre direttamente con il funzionario stipulante e resta improponibile verso l’Ente anche la domanda ex art. 2041 c.c. (da ultimo Cass. 4216 e 9957 del 2012) – valeva il principio, desunto dal R.D. n. 383 del 1934, artt. da 284 a 288 per il quale la non integrale assistenza di finanziamento per il contratto stipulato rende nullo il contratto stesso per la relativa eccedenza (Cass. 24303 del 2011). Ed è quanto esattamente, se pur sinteticamente, affermato dalla sentenza impugnata là dove ha affermato che l’importo preteso e non riconosciuto dalla certificazione dell’UTC non era compreso nelle somme autorizzate nel progetto originario.
Se, poi, diversamente da quanto affermato, fosse stata deliberata la copertura finanziaria della somma a saldo pretesa dalla Cavecon, sarebbe stato onere della stessa dedurlo in questa sede: in difetto del che, la denunzia di una omessa considerazione delle sequenze della approvazione della variante e dei lavori relativi resta priva di alcuna rilevanza.
Rigettato il ricorso, si determinano le spese del giudizio secondo il criterio della soccombenza, e operando la chiesta distrazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la soc. C.C & C.a pagare al controricorrente Comune di Giocosa, e per esso al difensore antistatario avv. Pancallo Antonio, Euro 4.700,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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