Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-01-2013) 12-04-2013, n. 16552

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1) – Il GIP presso il Tribunale Ancona, con ordinanza del 14.02.2011, rigettava la richiesta di revoca della custodia cautelare in carcere ovvero di sostituzione con una misura meno afflittiva riguardo al:

B.A., indagato per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, ex art. 630 c.p., in danno di U.A.;

1.2)-11 Tribunale per il riesame di Ancona, con ordinanza del 07.10.2011, respingeva l’appello cautelare e confermava il provvedimento impugnato.

1.3) – La Corte di Cassazione, sez. 1, con sentenza del 15.06.2012, annullava con rinvio l’ordinanza impugnata, osservando che la medesima risulta viziata da un apprezzabile vuoto motivazionale riguardo all’accertamento: – se gli elementi rappresentati a favore dell’istante potessero o meno configurare il mutamento delle esigenze che originariamente avevano determinato l’applicazione della più rigorosa misura;

1.4) – Il Tribunale per il riesame di Ancona, decidendo sull’appello in sede di rinvio, con ordinanza del 28 settembre 2012, respingeva nuovamente il gravame e confermava il provvedimento impugnato di rigetto dell’istanza di sostituzione della misura cautelare;

2.0) – Avverso tale decisione, ricorre per cassazione il difensore di B.A., deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Il ricorrente deduce:

– che il Tribunale sarebbe incorso in violazione di legge omettendo di uniformarsi al principio di diritto stabilito nella sentenza di annullamento;

– che, invece, il Tribunale avrebbe fatto ricorso alle medesime argomentazioni già ritenute insufficienti dalla Corte di cassazione;

– che era del tutto illogica la motivazione laddove ometteva di conferire rilevanza di fatto nuovo all’avvenuto e sia pure parziale risarcimento del danno ad opera dell’imputato che aveva offerto Euro 20.000 in restituzione della somma di Euro 50.000 richiesta dai rapitori, compiendo così una erronea valutazione in ordine alla congruità del risarcimento del danno effettuato dall’imputato e alla sua influenza ai fini della dimostrazione dell’avvenuta resipiscenza;

– che erroneamente il tribunale non aveva preso in considerazione tale circostanza in uno allo stato di incensuratezza dell’imputato ed alla sua condizione di vigile del fuoco, ed aveva illogicamente disatteso la motivazione resa sul punto dalla Corte di appello in sede di sentenza di condanna emessa al termine del giudizio di merito di secondo grado;

– che il Tribunale avrebbe trascurato di considerare gli elementi di novità rinvenienti dalla sentenza di condanna nella quale si era precisato, per un verso, che il B. non aveva ordinato la consumazione del reato ex art. 630 c.p., la cui esecuzione era avvenuta per iniziativa dei due esecutori materiali e, per altro verso, che la Corte di appello aveva valorizzato il tentativo di risarcimento del danno con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche;

– che, infine, dall’intervenuta sentenza di condanna non potevano trarsi elementi ai fini del permanere delle esigenze cautelari che andavano valutate separatamente in quanto sottostavano ad una funzione diversa da quella retributiva della sanzione penale;

CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati.

3.1) – A tale riguardo si deve ricordare che in presenza della confermata condanna per il reato ascritto resta preclusa ogni questione in ordine alla gravità del quadro indiziario, risultando cosi superate le questioni in ordine alle precedenti vicende del processo cautelare ed anche dall’eventuale giudicato cautelare formatosi prima di tale atto, ormai superato dall’intervenuta sentenza di condanna.

(Cassazione penale, sez. 1, 11/12/2008, n. 13904).

3.2) – Nè può trovare ingresso in questa sede la questione della possibile applicazione dell’attenuante del fatto di lieve entità introdotto dalla sentenza della cote Costituzionale del 19.03.2012, citata dalla Difesa, perchè tale questione attiene ad una eventuale rivisitazione in punto di fatto della decisione di merito, preclusa in questa sede cautelare essendo intervenuta sentenza di condanna nel merito.

Ne deriva che, allo stato, l’esame va ristretto alla sussistenza delle esigenze cautelari, alla luce del principio affermato da questa Corte nella citata sentenza di annullamento del 15 giugno 2012 e nella quale si rimarcava il vuoto motivazionale riguardo all’accertamento se gli elementi rappresentati a favore dell’istante potessero o meno configurare il mutamento delle esigenze che originariamente avevano determinato l’applicazione della più rigorosa misura.

3.1) – Le doglianze mosse dal ricorrente, tuttavia, non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato contiene una serie di valutazioni ancorate a precisi dati fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.

3.2) – Invero, quanto al merito, il Tribunale, ha congruamente e logicamente motivato in ordine alle ragioni, in punto di fatto, per le quali ha ritenuto tuttora sussistenti le esigenze cautelari giustificative della custodia cautelare in carcere per come emergente: – dalla ritenuta responsabilità penale del B. in ordine al grave fatto delittuoso a lui ascritto e: – dalla considerevole pena irrogata; in ordine alle quali circostanze non risultavano sufficienti le considerazioni favorevoli all’imputato, quali: – la spontanea decisione di rimettere in libertà il sequestrato, ovvero: – l’avvenuto parziale risarcimento del danno;

circostanze valutate nelle sentenze di merito ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, oggetto di censura in sede di legittimità. (Cassazione penale, sez. 1, 13/03/2012, n. 23581).

Segue il rigetto del ricorso e la condanna del prevenuto alle spese processuali ex art. 616 c.p.p..

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2013

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