Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-01-2013) 12-04-2013, n. 16550

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1) – Il GIP presso il Tribunale di Palmi, con ordinanza del 07.07.2012 applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di: L.B.A. perchè indagato, unitamente a T.A., per i reati: – capo A) – ex art. 628 c.p., comma 1 e comma 3, n. 1 di rapina aggravata dal numero delle persone e dall’uso dell’arma in danno del commerciante P. M.; – capo B) – ex art. 635 c.p., comma 1 e comma 2 nn. 1 e 3 per danneggiamento del furgone Fiat Ducato di A.R. con dei colpi di pistola; – capo C) – L. n. 895 del 1967, ex artt. 2, 4 e 7 per detenzione e porto di pistole in luogo pubblico;

1.2) – Il Tribunale per il riesame di Reggio Calabria, con ordinanza del 20.09.2012 rigettava il gravame e confermava l’ordinanza impugnata;

2.0) – Avverso tale decisione, ricorre per cassazione l’indagato a mezzo del difensore di fiducia, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

2.1)- Il ricorrente censura la decisione impugnata per illogicità manifesta per avere erroneamente ritenuta certa l’identificazione del L. sulla scorta di una intercettazione ambientale nella quale il correo T., colloquiando con tale A. (identificato nell’odierno ricorrente) presente accanto a lui, ammetteva il coinvolgimento nella rapina ai danni del P. (capo A) menzionando anche l’ulteriore e significativo episodio del danneggiamento ai danni di A. (capo B);

– al riguardo il ricorrente deduce l’illogicità dell’identificazione operata dal Tribunale per avere valorizzato l’arrivo e la presenza di L.A. nel capannone in cui è avvenuta la captazione ambientale trascurando, per un verso, l’assenza di prove certe sulla circostanza che il soggetto indicato come A. sia proprio il L. e, per altro verso, la mancanza della certezza che il medesimo L. sia restato nel capannone per tutta la durata della conversazione captata mentre, dagli stessi accertamenti di PG emergerebbe che egli si è immediatamente allontanato;

– L’identificazione operata dal tribunale risultava illogica anche perchè si scontrava con l’aspetto fisico del L., di corporazione robusta, del tutto incompatibili con la descrizione degli aggressori esposta dal P. che aveva parlato di due soggetti dal fisico asciutto;

2.3) – L’ordinanza sarebbe da censurare anche per avere ritenuto le esigenze cautelari con motivazione apodittica, valorizzando i precedenti penali che, invece, sarebbero di modesta portata.

CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

3.0) – I motivi di ricorso sono totalmente infondati.

3.1) – Le doglianze mosse dal ricorrente non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato contiene una serie di valutazioni ancorate a precisi dati fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.

Infatti il Tribunale del riesame ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione, evidenziato tutte le ragioni, fattuali e giuridiche, che sostengono il provvedimento restrittivo impugnato, osservando:

– che l’identificazione del L.B.A. è da ritenersi certa – perchè si fondava sul riconoscimento della voce del prevenuto effettuato dagli ufficiali di PG che avevano proceduto al ripetuto ascolto delle intercettazioni e – perchè tale riconoscimento era collimante con il controllo ripetuto delle persone che uscivano dal luogo in cui era stata disposta l’intercettazione ambientale;

– al riguardo il tribunale richiama la comparazione della voce dell’indagato registrata nella conversazione intercorsa con il correo T. alle ore 17,28 con quella ascoltata qualche decina di minuti prima nel corso dei ripetuti contatti telefonici tra il T. ed il L., nel corso delle quali il primo dava indicazioni al secondo sul luogo dell’appuntamento in un capannone ove in effetti sopraggiungeva il L., sicchè la successiva captazione delle ore 17,28 riguardava effettivamente il prevenuto, menzionato anche per nome ( A.);

La motivazione risulta del tutto congrua, perchè ancorata a precisi dati fattuali ed immune da illogicità manifesta, sicchè risulta incensurabile in questa sede ove va ricordato che, in tema di misure cautelari personali, il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento, (vedi Cassaz.

Pen., sez. 4^, 06.07.2007 n. 37878).

Nè tale conclusione può essere compromessa dalle discrasie riguardo alle fattezze fisiche del L., diverse da quelle descritte dal P., per la quali il Tribunale da una spiegazione e perchè tali discrasie non incidono sul dato assorbente della identificazione del L. attraverso la conversazione ambientale in esame; il tutto senza trascurare di considerare che nella fase cautelare occorre avere riguardo alla gravità complessiva del quadro indiziario senza la necessità di individuare precisi elementi di colpevolezza;

Il concetto di "gravità degli indizi", secondo quanto disposto dall’art. 273 c.p.p., postula un’obiettiva precisione dei singoli elementi indizianti i quali, nel loro complesso devono consentire di pervenire logicamente ad un giudizio che, senza raggiungere il grado di certezza richiesto per un’affermazione di condanna, sia di alta probabilità dell’esistenza del reato e della sua attribuibilità all’indagato. (Cassazione penale, sez. 3^, 15/11/2011, n. 6598).

3.2) – Tali principi inducono a ritenere inammissibili anche i motivi relativi alla ricorrenza delle esigenze cautelari, atteso che sul punto il Tribunale ha evidenziato il concreto rischio di recidiva, tratto – dalla reiterazione dei fatti delittuosi – dalla dimostrata capacità di organizzazione nella consumazione dei reati – dalla spiccata pericolosità dimostrata;

– Il Tribunale ne ricava la necessità di sottoporre l’indagato alla massima delle misure cautelari apparendo tutte le altre inadeguate alla personalità dell’imputato ed alla pericolosità dimostrata, compiendo in tal modo una valutazione in fatto sul pericolo di recidiva e sulla idoneità della misura, che appare congruamente motivata, con richiami a specifici rilievi fattuali, priva di illogicità evidenti.

3.3) – Consegue l’inammissibilità del ricorso.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, cosi equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2013

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