Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-01-2013) 12-04-2013, n. 16547

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1) – La Corte di appello di Ancona, nell’ambito del procedimento di merito, con ordinanza del 02.08.2012, rigettava la richiesta di revoca della custodia cautelare in carcere ovvero di sostituzione con una misura meno afflittiva nei confronti di:

B.A., già condannato in primo grado alla pena di anni 12 di reclusione per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, ex art. 630 c.p., in danno di U.A., condanna confermata in sede di appello con sentenza del 16.01.2012;

1.2) – Il Tribunale per il riesame di Ancona, con ordinanza del 4 settembre 2012, respingeva l’appello cautelare e confermava il provvedimento impugnato.

2.0) – Avverso tale decisione, ricorre per cassazione il difensore di B.A., deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Il ricorrente deduce:

– che il Tribunale avrebbe ignorato il significato di giudicato cautelare, trascurando del tutto il susseguirsi di procedimenti cautelari intervenuti nel tempo e le relative pronunce;

– che il Tribunale avrebbe illogicamente motivato il rigetto dell’istanza di sostituzione della misura sulla scorta di una erronea valutazione in ordine alla congruità del risarcimento del danno effettuato dall’imputato in favore della persona offesa, omettendo però di valutare come tale gesto, pur se insufficiente a coprire l’intero danno, aveva influenza ai fini della dimostrazione dell’avvenuta resipiscenza;

– che il Tribunale avrebbe trascurato di considerare gli elementi di novità rinvenienti dalla sentenza di condanna nella quale si era precisato, per un verso, – che il B. non aveva ordinato la consumazione del reato ex art. 630 c.p. la cui esecuzione era avvenuta per iniziativa dei due esecutori materiali e, per altro verso: – che la Corte di appello aveva valorizzato il tentativo di risarcimento del danno con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche;

– che la motivazione esposta nell’ordinanza impugnata era gravemente illogica laddove aveva ricavato il pericolo di reiterazione nel reato dalla fantomatica intenzione del B. di compiere altri reati della medesima specie, circostanza del tutto sconfessata dalla sentenza di condanna che aveva invece riconosciuto come il reato in questione sia stato il frutto di un moto d’impeto da parte degli imputati;

CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati.

3.1) – A tale riguardo si deve ricordare che in presenza della confermata condanna per il reato ascritto resta preclusa ogni questione in ordine alla gravità del quadro indiziario, risultando così superate le questioni in ordine alle precedenti vicende del processo cautelare ed anche dall’eventuale giudicato cautelare formatosi prima di tale atto, ormai superato dall’intervenuta sentenza di condanna. (Cassazione penale, sez. 1^, 11/12/2008, n. 13904).

3.2) – Ne deriva che allo stato l’esame va ristretto alla sussistenza delle esigenze cautelari, alla luce del principio per il quale la sostituzione di una misura con altra meno afflittiva, nel caso di attenuazione delle esigenze cautelari, così come prevede l’art. 299 c.p.p., comma 2, è chiara espressione della regola generale che comporta una continua verifica, da parte del giudice, circa il permanere delle condizioni che hanno determinato la limitazione della libertà personale e la scelta di una determinata misura cautelare.

3.1) – Le doglianze mosse dal ricorrente, tuttavia, non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato contiene una serie di valutazioni ancorate a precisi dati fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.

3.2) – Invero, quanto al merito, il Tribunale, ha congruamente e logicamente motivato in ordine alle ragioni, in punto di fatto, per le quali ha ritenuto tuttora sussistenti le esigenze cautelari giustificative della custodia cautelare in carcere per come emergente dalla ritenuta responsabilità penale del B. in ordine al grave fatto delittuoso a lui ascritto e dalla considerevole pena irrogata, in ordine alle quali non risultavano sufficienti le considerazioni favorevoli all’imputato, quali la spontanea decisione di rimettere in libertà il sequestrato, ovvero all’avvenuto risarcimento del danno, circostanze valutate nelle sentenze di merito ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ma non idonee, di per sè, ad evidenziare la diminuita pericolosità dell’imputato, resa evidente dalle modalità del reato e dall’ammissione resa dal medesimo nell’interrogatorio dinanzi al GIP di essere stato intenzionato a compiere fatti analoghi ai danni dei propri debitori.

3.3) – La motivazione risulta congrua perchè ancorata a valutazioni in fatto, ed immune da illogicità avendo evidenziato l’insussistenza di elementi di novità rispetto alle precedenti analoghe valutazioni sul punto, in piena conformità al principio per il quale la sostituzione "in melius" di una misura cautelare richiede che il giudice indichi gli elementi specifici idonei a far ragionevolmente ritenere che la misura meno afflittiva sia più adeguata a soddisfare le esigenze cautelari sussistenti allo stato (Cassazione penale, sez. 4^, 02/07/2007, n. 37849).

A tal fine, non è certamente sufficiente l’indicazione del mero decorso del tempo senza che siano specificati gli ulteriori elementi in virtù dei quali l’originaria misura cautelare deve essere sostituita con altra, meno grave ma idonea a impedire la reiterazione dei reati;

Il Tribunale ha ottemperato all’onere motivazionale di evidenziare come l’indicazione del tempo trascorso ovvero degli elementi favorevoli all’imputato non erano, nella specie, accompagnati da altri indicatori sintomatici di un mutamento della complessiva situazione inerente lo "status libertatis" del soggetto.

Va osservato, infine, che la decisione impugnata risulta conforme al principio per il quale la pronuncia di una sentenza di condanna costituisce di per sè fatto nuovo che legittima l’emissione di una misura cautelare personale non preclusa da un giudicato cautelare formatosi prima di tale atto e costituisce inoltre, quando sia relativo ad uno dei reati di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, elemento idoneo a fondare la presunzione di pericolosità che impone la misura della custodia cautelare in carcere. (Cassazione penale, sez. 1^, 11/12/2008, n. 13904).

3.6) – Consegue il rigetto del ricorso e la condanna alle spese ex art. 616 c.p.p.; Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *