Cassazione, 9 novembre 2009, n. 23691 La rinuncia alla comproprietà dell’immobile è un modo di estinzione della proprietà?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 30.7.99 E. B. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Grosseto F. S. deducendo, quale erede di P. B., deceduto il omissis, che costui, convivente more uxorio con F. S., aveva acquistato, in comunione pro indiviso con la medesima, con atto pubblico X un appartamento posto in omissis; che con successiva scrittura del Y la S., avendo i conviventi deciso di separarsi, rinunciò espressamente alla propria quota di comproprietà del bene, riconoscendo che lo stesso era stato acquistato esclusivamente con denaro del B..

Chiedeva, pertanto, la B. che il Tribunale dichiarasse la sua esclusiva proprietà sul bene.

La S., costituitasi, contestava la domanda, asserendo che la scrittura Y configurava un atto di donazione nullo per difetto di forma pubblica; eccependo, altresì, la prescrizione degli obblighi nascenti da quell’atto in base al quale ella si era impegnata a rilasciare procura o atto di vendita a favore del B. che al momento del rilascio della procura doveva versare a favore della S. la somma di lire 11.200.000 dalla stessa ricevuta anteriormente in prestito.

Il Tribunale, con sentenza 12-26.3.2002 respingeva la domanda attrice affermando che l’atto X configurava una donazione indiretta perfettamente valida; e l’atto del Y un contratto ad effetti obbligatori per cui da esso nessun diritto reale poteva farsi derivare a favore della B..

Su impugnazione della stessa, la corte di appello di Firenze, con sentenza 30.3.2004 respingeva l’appello.

Precisato che non è contestato che la S. sia divenuta proprietaria della quota pari ad un mezzo dell’appartamento de quo in base al contratto X, afferma la corte d’appello: che fra le ipotesi generali di estinzione del diritto di proprietà non vi è la rinunzia; che sussistono, invero, specifici casi di rinunzia, quali quella del comproprietario al suo diritto di comunione (art. 1104 c.c.); che il diritto di proprietà sugli immobili non si perde per rinunzia, cioè per atto unilaterale di dismissione ad incertam personam, ma per trasferimento (per atto tra vivi o per causa di morte) ovvero in corrispondenza dell’altrui acquisto a titolo originario; che il caso de quo non si discosta da questa generica previsione, in quanto la S., volendo trasferire al B. la sua quota, non si limita ad una generica dichiarazione di rinuncia, ma si obbliga a porre in essere atti giuridici concreti (rilascio della procura o partecipazione alla vendita) perché quell’effetto possa verificarsi; che nell’esame della dichiarazione di rinunzia non può prescindersi dal far essa parte delle contestuali manifestazioni di volontà con cui i due soggetti regolano le reciproche posizioni nel momento in cui la loro convivenza viene a cessare, in presenza di un figlio di omissis anni che la madre si impegna ad educare nel migliore dei modi, mentre rinuncia alla propria quota di comproprietà ed il B. riconosce il prestito di danaro ricevuto dalla S. e si impegna a restituirlo; che le prestazioni delle parti non sono corrispettive, né il riconoscimento che l’appartamento è stato acquistato con i soldi del B. e l’impegno a rilasciare la procura si pongono in relazione di sinallagma rispetto alla promessa restituzione del danaro; che tuttavia le parti hanno voluto costituire un nesso temporale fra le rispettive obbligazioni nel senso che l’una verrà adempiuta quando lo sarà l’altra; che il nesso temporale ha ricevuto nella comune volontà delle parti la funzione di correlare la dismissione del diritto di proprietà alla restituzione del danaro; che ciò equivale come affermato dal primo giudice, ad attribuire effetti obbligatori alla dichiarazione della S. di voler trasferire al B. la sua quota; che, pertanto, nel patrimonio del dante causa dell’appellante non è mai entrata quella quota dell’appartamento intestata alla S..

Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione la B..

Resiste con controricorso la S..

Motivi della decisione

Deduce la ricorrente a motivi di impugnazione:

1) la violazione e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. in relazione all’art. 1104 c. civ. 1362 c.c. (art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5) – per avere la corte d’appello, pur affermando che un caso specifico di rinunzia alla proprietà è quello del comproprietario al suo diritto di comunione ex art. 1104 c. civ. consentendo in tal modo al diritto dell’altro comproprietario di espandersi, erroneamente ritenuto inefficace la dichiarazione di rinuncia della S., di cui alla scrittura Y, disattendendo il tenore letterale del documento e individuando nella dichiarazione di rinuncia della S. e nell’obbligo della stessa di formalizzare surrettiziamente il trasferimento della quota oggetto della rinuncia, la controprestazione dovuta dalla medesima nell’ambito di un inesistente ed ipotizzabile contratto;

2) la violazione e falsa applicazione dell’art. 1364 c.c. in relazione all’art. 1104 c.c. (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.): per avere la corte d’appello, nell’affermare che la proprietà non si perde per rinunzia ma solo per acquisto della medesima da parte di un terzo, ragione per cui la S. non si sarebbe limitata alla sola dichiarazione di rinunzia, facendosi carico di porre in essere gli atti necessari al trasferimento della proprietà (procura a vendere, vendita fittizia); e nel ritenere (la corte d’appello) che dalla pattuita contestualità dell’adempimento degli obblighi reciprocamente assunti dalle parti, queste avrebbero inteso porre in relazione la dismissione del diritto di proprietà e la restituzione del denaro, erroneamente ritenuto inefficace la rinunzia della quota ad accrescere la proprietà del B., nonostante: A) essa quale negozio recettizio produca effetti per il solo fatto di venire a conoscenza del destinatario; B) l’accordo intercorso fra le parti circa la contestualità fra il rilascio della procura ed il rimborso del prestito non possa riferirsi alla rinuncia, i cui effetti si erano già verificati, essendo la procura a vendere solo uno strumento per consentire al B. di disporre della quota di proprietà rinunciata dalla S. e/o per opporre ai terzi l’acquisto, evitando gli oneri connessi alla formalizzazione di esso; C) l’accordo in ordine agli obblighi assunti reciprocamente fra le parti, ed alla loro contestualità, non possa ricondursi al concetto di “contratto”, in quanto il soddisfacimento del credito della S. era un atto dovuto in funzione di un diverso pregresso rapporto.

Entrambi i motivi di ricorso, strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente. Essi sono fondati.

Infatti, ai sensi dell’art. 1104 c. civ., la S., con la scrittura Y, mai contestata ed anzi dalla stessa espressamente riconosciuta, sia pure per farne derivare effetti in contrasto con il contenuto letterale della sua prima parte, ha rinunciato alla sua quota di comproprietà (pari al 50%) a favore di B. P. che, in forza dell’acquisto operato in precedenza con l’atto X, rogito Not. D. G., era titolare della restante quota dell’immobile oggetto di causa, in comunione pro indiviso con la stessa S..

Con la rinuncia, negozio di natura abdicativa, si è operato ipso iure, in forza del principio di elasticità della proprietà, l’accrescimento della quota rinunciata a favore del compartecipe B. che, pertanto, data la proporzione delle rispettive quote, è divenuto proprietario dell’intero immobile, poi entrato a far parte della massa ereditaria del B., sulla quale concorre la figlia E. B., attuale ricorrente.

Erra, quindi, la corte d’appello nel negare l’avvenuto accrescimento della quota a favore del B. e nel collegare la rinuncia della S. agli altri obblighi dalla stessa assunti con la medesima scrittura Y, obblighi che fanno parte di una pattuizione autonoma sia pure contestuale e non vanificano la precedente dichiarazione negoziale.

Pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla corte di appello di Roma che provvederà ad un nuovo esame della controversia in applicazione del principio esposto.

P.Q.M.

la corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per spese, alla corte di appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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